Finita

223 16 2
                                    

Sono passati tre giorni da quando ero in ospedale ed è passato anche Capodanno. Le ragazze mi avevano chiesto di uscire varie volte ma non mi andava proprio. Non ho raccontato né del mio malessere né del febbrone che ho avuto. Il dottore aveva detto a mia madre che era una bruttissima influenza, ma che presto sarei guarita e infatti era vero.
Mi avevano prescritto tantissimi farmaci e ho dovuto stare a letto per tanto, ma alla fine mi sono rimessa in sesto.
Finisco di abbottonarmi la camicia e scendo giù a fare colazione. Trovo Yousef da solo e questo mi dice che mamma è già in ospedale.
"Buongiorno...", provo a dire io sorridendo. "Ciao, io vado a fare i compiti", risponde alzandosi da tavola.
È ancora arrabbiato con me e lo capisco, ma prima o poi dovremo ritornare a parlare. "Non fai colazione con me?"
"Ho già finito", risponde lui andandosene.
Così mi metto a fare colazione da sola.
Mentre mangio, mi ritrovo a pensare al fatto che tra qualche giorno finiranno le vacanze e che io non ho ancora iniziato a fare i compiti. Finisco di mangiare e salgo in camera per poi mettermi sulla scrivania a fare i compiti di matematica.

Busso alla sua porta e aspetto. "Avanti", dice lui dopo qualche secondo. "Yousef...", inizio io entrando in camera. "Hai bisogno?", chiede senza distaccare gli occhi dal libro. "Sì. Mi potresti, per favore, aiutare in matematica dato che tu sei molto più bravo di me?", chiedo sinceramente dato che non mi viene neanche un esercizio. "No, non posso. Sai... non voglio fare l'egocentrico"
"Ma cosa c'entra?!"
"Non lo so."
"Senti: mi dispiace!"
"Non è vero", mi risponde continuando a fissare il libro.
"Mi guardi almeno in faccia?", chiedo infastidita dal suo disinteressamento.
"No, sono triste e arrabbiato". Io inevitabilmente scoppio a ridere anche perché il modo in cui lo ha detto lo fa sembrare un bambino. "Non ridere! Ho detto che sono arrabbiato..."
"Okay, scusami ma sei troppo carino quando sei arrabbiato", dico andandolo ad abbracciarlo. "Scusami, You. Io non volevo dire quelle cose. Non penso affatto che tu sia egocentrico e neanche stupido, solo che... non sapevo che diavolo stavo dicendo. Mi dispiace. Credi di potermi perdonare?"
"Se Allah perdona, perché io non dovrei farlo?", mi chiede sorridendo e ricambiando l'abbraccio.
"Come va con Mariam?", chiedo d'un tratto dopo qualche secondo di silenzio.
"Bene. Benissimo, direi"
"Sei felice?"
"Non è che sono felice, sono alle stelle. Sono innamorato perso... mi sembra di aver perso la ragione", dichiara stiracchiandosi.
"Sono contenta per te"
"Tu invece? Come stai?", chiede guardandomi dritto negli occhi.
"Io sto bene", rispondo cercando di convincermi che la sua mancanza non mi faccia  più alcun effetto, anche se non è così.
"Tu lo sai vero che stare bene non vuol dire essere felici?"
"Lo so, ma so anche che si va avanti", rispondo facendo un mezzo sorriso.

"Daryn, posso parlarti un secondo?", chiede mia madre sulla soglia della porta. È molto seria e tesa. Spero che non sia successo nulla di grave. "Sì...?"
Lei entra e si siede sul letto e io rimango sulla mia poltrona.
"Oggi sai chi è venuto in ospedale?", chiede con un sospiro. "No, chi?"
"La tua amica Cornelia", dichiara fissandomi negli occhi. "Cosa?! Perché?! Cosa le è successo?!", chiedo scattando in piedi.
"Niente, solo che stava facendo una visita per vede le condizioni del bambino". Io sussulto e mi giro subito dall'altra parte della stanza, dandole le spalle. "Allora era suo il test di gravidanza, non è vero, ya benty?", chiede mia madre alzandosi in piedi.
Io continuo a non rispondere e lei comincia ad irritarsi. "Ti rendi conto che quella è solo una ragazzina di sedici anni e si è fatta mettere incinta?!"
"È stato uno sbaglio, un errore", sussurro un po' spaventata.
"Uno sbaglio bello grosso, direi. Che ragazzina incapace, che irresponsabile!", dichiara mia madre facendo una smorfia.
"Sì, hai ragione, ma ormai è successo"
"E non doveva succedere, ti rendi conto che è un figlio fuori dal matrimonio?!"
"Sì, lo so"
"Sai vero che è haram, proibito?", chiede di nuovo mia madre sgranando gli occhi.
"Sì, ne sono consapevole", rispondo ancora.
"Sai vero che tu con quella ragazza non ci uscirai più ?"
A quella domanda, il mio corpo sussulta e per un attimo socchiudo gli occhi: solo il pensiero di allontanarmi da Cornelia mi sembra assurdo.
"Non credo proprio"
"Cosa scusami?", chiede lei sgranando ancora gli occhi. "Mamma, non siamo noi a giudicare le persone. Noi siamo umani e come tutti possiamo sbagliare. È ignobile, e direi anche poco dignitoso, allontanarsi da una persona solo perché è rimasta incinta. Il fatto è che tu non sai proprio nulla della vita di Cornelia; non sai che i suoi genitori non la calcolano minimamene, non sai che ha sofferto troppo per amore, non sai che si è sentita così sola per così tanto tempo. Sì, è vero, religiosamente è un peccato ma... non credi che quel peccato possa aiutarla a rifarsi una vita?", le rispondo con calma e senza paura.
"Ma è un peccato! In tutte le religioni è proibita una cosa del genere", ribatte lei ma questa volta con meno convinzione.
"Ma ormai è successo, e non si può tornare indietro con il tempo; puoi desiderare di farlo ma... non puoi", rispondo con un mezzo sorriso. Mia madre mi guarda basita per poi dire: "Ma, tu, ti rendi conto che io ti ho menata a causa sua e a causa del suo test di gravidanza?!"
L'immagine della mia fronte viola, d'un tratto, mi torna in mente e per un attimo distolgo lo sguardo da mia madre. "Quella è stata colpa tua, mamma. Ho provato un sacco di volte a spiegarti come stavano le cose. Ho provato a dirti che non era mio quel test ma, tu non ti fermavi più...", dico addolorata.
"Come ho già detto: è un peccato", risponde provando a difendersi.
"Anche picchiare i propri figli è un peccato: Allah ha detto di comprendere, di... ascoltare le persone, non di menarle. La religione non incita all'odio o alla violenza. E con questo, credo di aver detto tutto".

Controllo bene che non ci sia nessuno a casa e lascio la porta della camera aperta, per vedere se qualcuno sta arrivando. Mi siedo sulla poltrona e metto il telefono davanti a me e comincio a registrare.
"Ciao... So che non vuoi più sentirmi ma.. mi sentivo in dovere di farti questo audio nella speranza che tu possa ascoltarlo e capirmi.
Sono totalmente consapevole che la scena che hai visto in camera mia, non può sembrarti altro che un tradimento e sono anche totalmente consapevole del fatto che se questa scena fosse capitata davanti ai miei occhi, probabilmente, avrei perso la testa. E se ora siamo in questa situazione è perché anche tu hai sbagliato. Sono due gli errori che hai fatto, Ethan. Il primo è stato non lasciarmi spiegarti come stavano davvero le cose. Il secondo, invece, è la tua partenza improvvisa. Avevo pianto tantissimo quando te ne sei andato, e sono anche finita in ospedale, ma di questo te ne parlerò più tardi se avrò tempo e se quest'audio non sarà troppo lungo. Ora passiamo alle spiegazioni.
La sera del ballo, i Gheddari erano stati invitati da noi. Inutile dirti che mia madre ci teneva tantissimo a quella cena e non avrebbe lasciato, per nessun motivo, che io e Yousef non ci fossimo. Durante la serata, io ero lì fisicamente ma tutta la mia testa, il mio cuore e tutto il mio io avrebbe voluto essere con te a quel ballo. Mi dispiaceva tantissimo non esserci venuta e il mio malumore era così grande a tal punto che stavo per rovinare tutta la serata a causa dei miei futili battibecchi con il signor Gheddari. Infatti, per questo, la mamma mi ha praticamente chiesto di andarmene in camera mia, per evitare figuracce. Ero contentissima di andarmene da quella sala pranzo perché ero triste, stressata e anche un po' gelosa. Sì, ero gelosa perché lì c'erano Mariam e Yousef che erano insieme ed erano pure felici. Io invece... ero con Zayn e non con te, come avrei voluto.
Sta di fatto che una volta salita in camera, dopo un po' è entrato anche Zayn, con la scusa di cercare il bagno. Gli ho detto che era infondo al corridoio, perché volevo levarmelo di dosso. In quel momento volevo stare da sola, e non volevo più vedere nessuno per nessuna ragione.
All'inizio è stato carino e mi aveva chiesto del mio polso e si era scusato per non essere venuto a trovarmi. Insomma era una conversazione piuttosto innocente. Poi però ad un tratto, ha preso la mia faccia tra le sue mani e... vabbè il resto lo sai. Ho provato a tirarmi indietro ma poi sei arrivato tu e tutto il mondo per un attimo mi è cascato addosso. Ho provato a chiamarti un sacco di volte, dopo quella sera, ma tu non hai mai risposto. Ho provato anche a mandarti un sacco di messaggi ma anche a quelli non hai mai risposto. Questo audio è la mia ultima speranza, se mai non dovessi ascoltarlo dovrò considerare la nostra storia... finita".
Stoppo la registrazione per un attimo e prendo un respiro profondo, perché non vorrei che la mia voce si incrinasse. "Dovrò considerare la nostra storia... finita", mi sembra così assurda questa frase che a ripensarci mi fa salire la nausea e mi fa sentire mortificata.
Io e Ethan che ci lasciamo: questo pensiero, fino a qualche settimana fa, mi sarebbe  sembrato assurdo, eppure è successo.
Riprendo la registrazione e cerco di rimanere calma e tranquilla.
"Sai... mi sembra così strano pronunciare la parola "finita", per il semplice fatto che, solo l'idea di me e te che ci lasciamo, non mi ha mai sfiorato la mente. Non ci avevo mai pensato prima di allora, infatti la sto pronunciando con così tanto dolore a tal punto che mi sembra di non respirare più.
Mi hai insegnato tantissime cose, sin dal primo giorno in cui sei arrivato. Mi hai insegnato ad amare, e questo equivaleva a capire come funzionavano i moti della mia anima. Mi hai insegnato a guardare il mondo con occhi diversi. Mi hai insegnato ad apprezzare quelle piccole cose della vita, come il mio amore per te, che a volte mi sembravano futili. Mi hai insegnato che io non esisto senza te.
Qualche giorno fa, avevo ricominciato a rileggere Cime Tempestose- sì, proprio quel capolavoro che tutti i giovani innamorati leggono- e ogni volta che leggevo una frase bella, i miei pensieri ritornavano a te a lasciavo Cathy e Heathcliff. Però quando ho letto "Che vita sarà la mia quando tu morirai?! Vivresti, tu, quando la tua anima è nella tomba?", ho pianto per ore pensando a te; per il semplice fatto che quando sei partito non te ne sei andato da solo, ma ti sei portato anche la mia anima con te. E ora che ci ripenso bene, tu mi hai insegnato parecchie cose, ma ti sei dimenticato di insegnarmi la più importante: sopravvivere alla tua assenza.
Spero che tu, un giorno, ascolterai questo audio, ma spero anche che tu non lo faccia troppo tardi, quando per me sarà finita".

Ciao a tutti!
Come sta andando? Finalmente l'anno scolastico è finito, ed è passato più in fretta del previsto. Credo semplicemente che questo virus ci abbia portato via momenti felici, come per esempio l'ultimo giorno di scuola... Vabbè, ormai è andata così.
Scusate se ho caricato troppo tardi il capitolo, ma negli scorsi giorni ero totalmente impegnata con la scuola.
Nel frattempo, spero vi sia piaciuto questo capitolo. Come vi sembra il discorso di Daryn? È abbastanza convincente? Fatemelo sapere nei commenti!
Ps. Io rimango dell'idea che Yousef sia una persona stupenda 😜
MALKY

Amore proibitoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora