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Fiducia.


Jisung camminò fino a dove si trovava il ragazzo, seduto per terra. Si stava bagnando, ma non gli importava. Si chinò a terra, stendendo un braccio verso il suo viso, ma non avendo il coraggio di toccarlo.

–Sto bene.– disse con una voce flebile, molto diversa da quella che aveva di solito. Tentò di rialzarsi, finendo soltanto per ricadere per terra. Chan li raggiunse, tenendo un ombrello sopra di loro.

–Vuoi che ti aiuto?– chiese al ragazzo bloccato per terra, che stava facendo così tanta fatica per rialzarsi.

–Perché glielo chiedi, non vedi com'è ridotto?– chiese Jisung, guardando Chan.

–Gli dà fastidio. Quando le persone lo aiutano.– disse soltanto. –Mi ha chiesto di non farlo chissà quante volte. Se lo faccio smette di parlarmi per giorni, anche in situazioni come queste.

–Non mi frega un cazzo.– disse Jisung, facendo passare le braccia attorno a Minho e aiutandolo ad alzarsi.

–Ti ho detto di andartene.– disse poi, quando ormai era in piedi.

–No.

I tre ragazzi, dopo aver parlato brevemente con gli altri, che erano sia confusi che scossi ovviamente per tutto quello che era successo, si diressero verso casa di Minho. Quest'ultimo non era per niente felice del fatto che lo stessero non solo seguendo, ma aiutando a camminare in generale. Quando entrarono nel suo appartamento, però, si lasciò cadere a terra.

–Lasciatemi solo. Almeno per un po'.– disse, rivolto soprattutto a Jisung. Si tirò su di nuovo, non volendosene andare, ma sentendosi obbligato ad accettare la sua richiesta. Camminò fuori, richiudendosi la porta alle spalle e sedendosi contro di essa.

–Vuoi rimanere qui?– gli chiese Chan, notando le sue azioni.

–Dovessero passare ore prima che riapra questa porta– sospirò. –Resterò qua.

Chan lo osservò per qualche secondo. Jisung si aspettava che si sarebbe arrabbiato con lui, che l'avrebbe fatto alzare e andare via, per permettere a Minho di stare solo. Ma invece annuì, camminando via dopo averlo salutato.

Non ci capisco più nulla..

Passarono ore. Probabilmente Minho si aspettava che lui se ne fosse andato, ma era rimasto lì, seduto in quel punto, con la felpa ancora bagnata, i pantaloni che invece erano riusciti quasi ad asciugarsi. Starnutì una volta, lasciando ricadere la testa di nuovo contro la porta. Poi starnutì ancora una volta, e una volta ancora. A quel punto la porta si aprì, e lui cadde all'indietro, ritrovandosi Minho che lo guardava dall'alto. Si abbassò leggermente verso di lui, porgendogli una mano. Jisung si rialzò subito, guardandogli il viso ormai pulito da qualsiasi traccia di sangue, ma ancora pieno di lividi rossi.

–Cosa ci fai ancora qui?– gli chiese, sospirando. –Entra.

Jisung fece come richiesto, sentendo la porta chiudersi dietro a sé. Minho camminò verso l'armadio che era sistemato vicino al letto, tirandone fuori una felpa nera e lanciandola verso Jisung.

–Ti ammalerai con quella felpa bagnata.

Jisung, che l'aveva afferrata al volo, la lasciò però poi cadere a terra, senza nemmeno volerlo.

–Perché fai così? Perché vuoi sempre sembrare così forte? Ogni volta, sono io quello a cui pensi, sono io che sto male, sono io che ho bisogno di aiuto. Non pensi mai a te stesso?– disse Jisung, con le lacrime che stavano per fuoriuscire dai suoi occhi. Camminò verso di lui, e senza preavviso lo abbracciò, stando attento a non stringerlo troppo, non sapendo in che condizioni si trovasse.

save me | minsungDove le storie prendono vita. Scoprilo ora