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Paura.


Forse era nel fatto che ogni giorno facevano la strada insieme. Forse era nel fatto che avevano iniziato a tenersi per mano, senza nemmeno accorgersene. Forse nel fatto che ogni volta che erano nella stessa stanza, i loro occhi si incontravano di continuo, incapaci di pensare ad altro.

Quel giorno pioveva, di nuovo. Il cielo era scuro, coperto da pesanti nuvole grigiastre. Ma non si sentiva più solo. Si trovava di nuovo lì, in quell'appartamento, come se ormai fosse diventata la sua casa. Ormai era diventata abitudine andarci subito dopo scuola, Minho che gli prometteva sempre di preparare il pranzo anche per lui siccome era troppo pigro per farselo da solo.

Ma Jisung sapeva che non fosse solo un favore. Lo capiva dal modo in cui rimanevano per ore distesi su quel letto, l'uno di fianco all'altro. O qualche volta lui disteso, Minho sedutogli vicino, che lo guardava dall'alto. Lo capiva dal modo in cui quando litigavano su cazzate (la maggior parte delle volte, solo per finta), alla fine Minho lo attirava a sé, mani sui suoi fianchi, e un bacio sulla fronte. E poi rideva. Rideva perché si dimenticava di qualsiasi cosa che non fosse lui, in quei momenti.

–Oh, sei fottuto!– disse Jisung, schiena contro un cuscino, seduto davanti a Minho sul letto, tra le mani un nintendo.

A quel punto tutti parlavano della switch, ma loro erano intellettuali, ancora con quei due vecchi nintendo a sfidarsi a pokemon. Era divertente, passare il tempo così.

–Tu dici?– disse Minho, alzando lo sguardo dalla console, verso di lui, un ghigno sul viso.

Alla fine era sempre Jisung che vinceva comunque, nonostante sarebbe stato così facile per Minho vincere al suo posto. Non glielo faceva capire, lo nascondeva fingendo di essere davvero scarso, quando invece sapeva esattamente cosa avrebbe potuto fare per vincere.

–Ha! Te l'ho detto!– disse Jisung, alzandosi in piedi stando sul letto, e lasciando cadere il nintendo, ridendo e indicando Minho con un indice, poi risedendosi sul letto. –Non ti dà fastidio perdere sempre?

–No, non finché sei tu a vincere.– disse, stringendogli una guancia tra l'indice e il pollice della mano sinistra. –Non finché continuo a vederti ridere.

Jisung lasciò andare di nuovo il nintendo che aveva ripreso per un attimo, lo sguardo fisso sui suoi occhi castani. Cercò di avvicinarsi ancora un po' a lui, pur sapendo esattamente quello che sarebbe successo. Minho si sarebbe allontanato da lui, o l'avrebbe abbracciato.

Cosa c'è ancora?

–Si sta facendo tardi, ti riaccompagno a casa?– disse poi, alzandosi dal letto e camminando verso il tavolo, dove aveva lasciato la sua felpa nera. Qualsiasi cosa indossasse era sempre nera, all'inizio Jisung pensava fosse solo un'abitudine riguardante la scuola, magari perchè quel posto lo deprimeva; invece un giorno aveva dato un'occhiata al suo guardaroba, e l'unico indumento che non era di quello stesso medesimo colore era la camicia bianca che gli aveva regalato. Non sembrava volerla indossare mai più, a dire il vero, nonostante gli stesse benissimo.

–E se volessi rimanere qua?– chiese Jisung, tastando il terreno per vedere fino a dove gli avrebbe permesso di andare.

–Mhm?– chiese soltanto, mettendosi la felpa.

–Se volessi rimanere qua, a dormire?– chiese di nuovo.

–Non lo so, dimmelo tu. Lo faresti?

–Huh?– Jisung lo guardò confuso.–Che razza di risposta è?

–Non lo so neanch'io, ad essere sincero.

Jisung si lasciò ricadere sul letto, aprendo le braccia. –Okay, allora non me ne andrò. E se vuoi che lo faccia, prova a spostarmi, vediamo se ci riesci.

save me | minsungDove le storie prendono vita. Scoprilo ora