29

2.2K 180 46
                                    

Insicuro.


Per il resto della giornata, Minho non si fece sentire. Jisung gli scrisse varie volte, trattenendosi dal chiamarlo in ogni modo, siccome quello era il modo principale per far sapere al suo ragazzo quando si trovava in pericolo e non voleva farlo preoccupare per nulla. Anche se, a dire il vero, quello che stava iniziando a preoccuparsi davvero tanto era lui stesso.

L'indomani, quando si alzò, gli mandò un altro messaggio, sperando che gli rispondesse. Il giorno dopo sarebbe stato il suo compleanno, avevano già parlato a riguardo, gli aveva promesso che sarebbe andato a casa sua, ma..cos'era successo?

Le ore di lezione passarono lente, quei due posti in classe davanti a lui vuoti, siccome Chan stava vicino a Changbin, dal momento che Minho non si stava facendo vedere minimamente. Alla fine della giornata, Jisung si avvicinò a Chan, sperando che almeno lui sapesse qualcosa riguardo il comportamento del suo ragazzo.

–Chan?

Il ragazzo spostò lo sguardo verso di lui, mentre metteva a posto le sue cose, preparandosi ad andarsene. –Oh, hey Jisung, c'è qualcosa che non va?

–Sai..sai qualcosa di Minho? È due giorni che non si fa sentire..

Chan scosse la testa. –Pensavo tu ne sapessi qualcosa, ma no, io non so nulla.

–È una cosa normale? Ha mai fatto così in passato?

Chan sospirò. –Direi di sì. Fa così quando vuole allontanarsi da qualcuno.

Allontanarsi?

–Aspetta, cosa..

–Non so dirti altro, mi spiace. Potrei provare a parlarci, ma preferisco lasciargli i suoi spazi quando fa così.– disse, mettendosi lo zaino in spalla. –Ci vediamo!

Cosa vuoi dire?


Dire che Jisung fosse confuso era poco. Perché mai avrebbe dovuto allontanarsi da lui, dopo tutto quello che gli aveva detto, dopo tutto quello che avevano passato? Non aveva senso, a meno che..

Si sente in colpa? Di nuovo?

Prese il cellulare, guardando la loro chat piena di suoi messaggi e nessuno di risposta dal ragazzo. Non li aveva nemmeno letti. Rimase solo per quel pomeriggio, cercando di concentrarsi su tante cose diverse, la maggior parte delle volte fallendo. La sera, prima di andare a dormire, dopo aver passato una buona mezz'ora sotto la doccia solo per sentire contro la sua pelle quel calore che in un qualche modo lo faceva sentire leggermente meglio, si mise sotto le coperte, stringendo a sé la felpa di Minho e respirando il suo profumo che stava cominciando a svanire. Rimase sveglio fino a mezzanotte, scrivendogli un'altra volta, augurandogli un buon compleanno, pur essendo quasi del tutto sicuro che non gli avrebbe risposto.

Quando si svegliò il giorno dopo, una domenica, si preparò in fretta per uscire. Non gli importava che cosa sarebbe riuscito a fare, se avrebbe solo trovato una porta chiusa, voleva almeno provarci.

–Mamma, io vado a casa di un amico!– gridò, prima di uscire di casa e mettersi a camminare sulla strada che aveva percorso chissà quante volte in passato. Era passato un po' da quando era entrato in quel condominio, in quell'ascensore, da quando aveva visto quella porta per l'ultima volta. Suonò il campanello, più e più volte, senza una risposta.

–Minho..– disse, non sicuro per niente sul fatto che lo sentisse, o anche soltanto che fosse lì. –Ti prego, rispondimi.

Finì per sedersi a terra, schiena contro la porta, come quella volta in cui era stato picchiato al posto suo e non si era fatto vedere per ore. Quella volta erano solo ore. Sentì la gola bruciargli, deglutì tentando di trattenere le lacrime.

save me | minsungDove le storie prendono vita. Scoprilo ora