<Ehi, tutto bene?> chiese Peter preoccupato.
<Si, andiamo sto bene era solo un leggero mal di testa, già passato, andiamo pure.> lui sorrise e continuarono la via fino a casa del ragazzo.
Entrarono e continuarono il progetto e durante quel tempo passato, c'erano risate a non finire e tante chiacchiere che Weap riuscì a controllare la voce.
Si alzò di scatto e camminò con Peter fino a casa sua. Lui le parlava ma la voce nella sua testa non la faceva concentrare se non su mantenere il controllo di essa.
Arrivarono a casa e continuarono il progetto. Era abbastanza silenzioso, almeno per Peter. Non vali niente, zero su zero. Lo ucciderai o ti abbandonerà come gli altri. Iniziarono a formarsi alcune lacrime sul suo viso e Peter se ne accorse all'istante.
<Lena? Lena? Lena stai bene?> È colpa tua se tutti ti hanno lasciata. lei fece un urlò e si alzò di scatto. Iniziò a rovistare tra lo zaino di Peter e la stanza, spaventando il ragazzo.
<Dov'è? Dove è?> urlò Weap.
<Cosa di che parli?> continuò a rovistare in giro; sembrava matta agli occhi di Peter. Quest'ultimo cercò di fermarla senza alcun risultato, quindi ormai stanco e preso dallo spavento, le afferrò le braccia e la attaccò al muro. Si fissarono scossi qualche secondo e lui lasciò la presa.
<Scusa, non volevo s-sbatterti contro il muro, mi dispiace... non so che mi è preso.> Weap scosse la testa, accorgendosi di ciò che aveva fatto. Si lasciò scivolare a terra, iniziando a piangere con le mani tra i capelli.
<Scusa...scusa... non sono così, che cazzo sto facendo, ha ragione, ha ragione, forse dovrei tornare a casa, decisamente ora.>
<Aspetta, ti prego Lena, che succede? Che cercavi.>
<No, devo andare, mi dispiace, forse è meglio mantenere le distanze.> corse fuori, piangendo. Uscì dell'edificio. La pioggia iniziata da poco cadeva sempre più forte. Weap alzò il cappello del giubbotto e si inviò verso casa. Peter la seguì. Appena uscito dal palazzo, si guardò intorno e la trovò alla sua destra.
<Aspetta! Lena aspetta!> urlò seguendola. Alzò anche lui il cappuccio della felpa e le corse dietro.
<Lasciami stare Parker.>
<No, non posso.> Weap si voltò.
<Vattene! Allontanati da me per sempre! Vai via!> urlò.
<Cosa succede? Cosa cercavi! Non ti capisco.>
<Meglio così, quante volte ti devo dire di andartene? Te lo devo dire in spagnolo? Francese? Aléjate de mí.>
<No.> sbuffò e continuò la sua strada. <Devi dirmi cosa succede! Cosa ti prende? Perchè vuoi che me ne vada?> la rossa perse la pazienza, si voltò.
<Perchè tutti se ne vanno alla fine oppure muoiono o rimangono ferite! Sono un abominio!>
<No, perché dici questo?>
<Perché è la verità Parker! Vuoi sapere che altro è la verità? Il fatto che tu sia Spiderman ed io sia Weap Stark e che tutti gli Avengers, che mi hanno sempre detto che sarebbero stati la mia famiglia se ne sono andati senza nemmeno salutare, senza avvisare.>
<C-cosa? Io non sono Spiderman!>
<Non prendermi per il culo, la tua tuta, ecco cosa stavo cercando.>
<Come lo sai?>
<Lo so e basta, il fatto è che la mia vita è composta da bugie e odio e abbandono! Da sempre, fin da quando sono piccola! La verità è che non dovrei mai essere nata!>
<Lena, Weap... non devi dire questo.>
<Sono un mostro, ho questi poteri e le voci nella mia testa che me lo dimostrano, che si fanno sempre più forti e rimbombano. Per quale motivo dovrei rimanere in vita? Perché io e non le persone nel palazzo, perché io e non le persone a Sokovia?>
<Perchè tu ti sottovaluti, non riesci a vedere ciò che sei eppure io l'ho visto nonostante ti conosca da davvero poco.>
<Appunto, non mi conosci davvero, altrimenti dimmi, quali sarebbero i miei fantastici motivi per rimanere in vita?> lui iniziò ad avanzare verso di lei.
<Sai, il fatto che tu ti renda conto e ti dispiaccia per le morti, non ti rende un mostro, ti rende una persona buona. Usi le tue abilità per ottimi scopi anche se non le sai controllare. Ci provi sempre anche a costo di fallire, per avere una certezza. Tu non sei un mostro, tu sei forza, sei determinazione, bellezza, intelligenza, potere e sei semplicemente l'eroina che crede di essere la cattiva della situazione, una ragazza che ha bisogno solo di aiuto e affetto, una ragazza rotta.> arrivò di fronte a lei. <Tu sei Weap Stark.> lei pianse di gioia abbozzando un sorriso e si lanciò tra le braccia del ragazzo.
<Grazie di tutto, Parker.> ricambiò l'abbraccio e tornarono a casa di Peter.
<Quindi ora sappiamo che tu sei Weap Stark e che io sono Spiderman.>
<Già...>
<Sai, non mi era mai venuto il dubbio di chi fossi.>
<Davvero? Invece con te è stato molto facile, vi comportate nello stesso modo> risero. Weap spostò gli occhi sull'orologio al polso.
<È tardi, meglio andare e sta volta posso andare con il teletrasporto.>
<Che fico!>
<Molto.> concluse Weap. Chiuse gli occhi e sparì, tornando nella sua camera con il teletrasporto. Si morse il labbro e quando
si voltò vide suo padre, steso sul letto.<Che stai facendo? Sembri una sirenetta sullo scoglio.>
<Stavo prendendo il sole.>
<È notte.>
<Dai stavo scherzando! Volevo farti un po' ridere.> lei scoppiò a ridere.
<Missione riuscita, ma ora mi faccio una doccia e poi ci devo andare veramente a letto.> lui annuì e lei si chiuse in bagno. Tony rialzò le coperte e le cambiò.
<Menomale che non mi ha scoperto, ora devo analizzarle per capire cosa cavolo sono.> disse Tony.
Comunque sappi che tuo padre di nasconde delle cose. disse la voce nella testa di Weap.
<Ma di che parli?> Oh, vedrai, tu intanto tienilo d'occhio.
<Non sono una spia e soprattutto non ti credo per nulla.>
Dovresti, io non sono un bugiardo.
STAI LEGGENDO
il diario di Weap Stark.
FanfictionUna ragazza usata per degli esperimenti, con un potere particolare e piena di vuoti di memoria sulla sua infanzia, di cui l'unica cosa che li resta é un diario in cui rivolge tutta se stessa. Venne aiutata dagli Avengers che la portarono ad una vi...