32. La quarantena.

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"Caro diario,

Ormai è passato quasi un mese dall'accaduto, ma sono ancora in quarantena. Non riesco ad uscire di casa, non ho il coraggio.

Sono un mostro, continuo a rimproverarmelo ogni giorno. Non posso dire di essere felice.

Ogni giorno che passa maledico gli scienziati che mi hanno fatto questo, ogni giorno ho i ricordi dell'accaduto ed orrendi incubi.

La mia giornata inizia con un risveglio traumatico verso le 4:00,5:00 o 6:00 del mattino per colpa degli incubi, con le urla che faccio appena sveglia obbligando mio padre ad alzarsi e venirmi a consolare.

Poi vado in cucina, con la testa in fiamme, mi prendo un caffè e inizio a berlo davanti alla vetrata della mia stanza, continuando a pensare a tutto.

Guardò film, serie Tv, leggo libri e ascolto musica tutto il pomeriggio dopo pranzo.

L'unica cosa che mi tiene quel poco di mio sorriso è mio padre che c'è sempre e che con le sue battute mi fa sorridere.

Lui mi da vita, nonostante io non l'abbia, mi vuole bene e sono felice che ai suoi occhi non sono un mostro. Vedi, mio padre mi fa star bene ed è la mia ancora. Non lo ringrazierò mai abbastanza.

Ma noto che li fa male vedermi così, infatti ogni giorno diventa più preoccupato per me.

Non nego che mi manca la mia vita, i miei amici, le missioni... tutto.

Sto cercando di prendere forza, perchè non resisto più, non riesco più ad essere chiusa qui dentro.

Devo uscire da questo incubo e sono quasi pronta."
___
<Weap! Vieni!> la chiamò MJ

<No, so come va a finire, non verrò>

<perchè sai che sei un mostro>

<Mi hai colpito il braccio, ma se prendevi la gola? Sarei morta>

<non l'ho fatto apposta> iniziò a piangere.

<rimani un mostro> insieme a quella parola che continuavano a ripeterle c'erano immagini brutali.

__
Si alzò di colpo urlando, venne in soccorso da suo padre, che la coccolava e le asciugava le lacrime. La giornata continuò come tutte le altre, sempre la stessa routine.

Arrivò l'ora di cena, così si sedettero e mangiarono. Weap riusciva a notare lo sguardo preoccupato del padre.

<Sai Weap, ti vedo stare sempre peggio. Non vuoi tornare a scuola? Un graffietto era!>

<No> rispose netta.

<Devi superarla, non puoi chiuderti in casa>

<Ma non voglio uccidere nessuno papà! Se il prezzo è rimanere tra 4 mura a me sta bene. Questo coso va rimosso, ma se non sappiamo come fare allora aspetto.>

<Sei buona, ma non puoi continuare così. Dov'è la Weap che non si arrende mai? Quella forte che supera tutto?>

<È morta quando ha capito di essere un mostro.>

<Allora non capisci niente perché non sei un mostro>

<Lo dici per farmi stare meglio, ma non è così. Ho provato! Ero così positiva! Invece guarda qui, va sempre peggio. A volte bisogna rinunciare.>

<Non puoi chiuderti in casa, perchè io non starò lì fermo a guardarti mentre rovini la tua vita. Sei cambiata così tanto! Hai bisogno di aiuto ed è quello che farò!> inziò ad alzare un po' la voce.

<Tu non puoi aiutarmi!> ribattè.

<Ma ci proverò!> rimasero in silenzio entrambi qualche istante. Weap sospirò e aprì bocca nuovamente.

<Non intrufolarti per favore, non voglio perderti.>

<Invece lo farò, qui ci sono in gioco vite! Sopratutto la tua, non stiamo giocando ragazzina.>

<Pensi sia un gioco? Seriamente? Pensi sia un gioco che ogni giorno abbia sempre la voglia di andare sopra il tetto e buttarmi di sotto, così che tutti i problemi si trasferissero a qualcun'altro? Un gioco avere gli incubi e sentirsi un mostro?! So benissimo che non stiamo giocando.> concluse. Si alzò da tavola e corse in camera sua, chiudendosi a chiave. Scivolò sotto la porta e pianse.

Mentre Tony al piano di sotto aveva gli occhi lucidi e rabbrividiva dalle parole che aveva sentito.

Sapeva quello che doveva fare, solo che non voleva dirlo a Tony per proteggerlo, ma aveva aspettato troppo a lungo.

Prese il cellulare e chiamò Stefan.

<Ciao... ascolta, in poche parole ho fatto una quarantena perché non ho più il controllo, ma sono pronta a rischiare, ho aspettato troppo, che devo fare esattamente? Che piani hai?>

<Sta notte, vai all'aeroporto più vicino, prendi un biglietto per la Virginia, Mystic Falls e quando sarai lì ti darò tutte le coordinate.>

<Aspetta, tu non vieni con me?>

<No, io studio da qui, a distanza diciamo. Non vi servo, vai e basta.>

<Grazie.> chiuse il telefono. Prese lo zaino e fece una piccola valigia con il minimo indispensabile. Lo mise in spalla, prese un foglietto e scrisse sopra "scusa papà, è l'unico modo, ti amo 100.000" . Lo lasciò sulla scrivania. Aprì la porta e controllò se suo padre stava dormendo.

Lo vide sul suo letto, più che addormentato, così li lasciò un bacio sulla fronte a lui e a Pepper alla sua destra e poi finalmente se ne andò.

Eseguì alla lettera le parole di Stefan, così si trovò in un aereo in partenza. Fissò il finestrino malinconica, accompagnate dalle sue lacrime bollenti sul viso. Prese il diario e scrisse.

"Ciao, Sono in viaggio

Ho trovato una soluzione e nonostante mi uccide fare ciò, sono costretta. È per il bene di tutti... la verità è che affianco a me vorrei solo Peter, solo lui e nemmeno io so darmi una ragione.

Devo ammettere però che guardare il cielo da questo piccolo finestrino mi piace, non posso nemmeno credere che questa altezza non sia innocua. La verità è che gli aerei ti insegnano a fidarti, fidarti del pilota, a cui stai dando la tua vita in mano, ma hai sempre un po' paura che ti deluda.

Io mi sento così con le persone, diciamo che l'aereo sono io ed il mio cuore ed il pilota è la persona a cui lo affido ed anche se sono caduta tantissime volte, non provò questa sensazione con Peter. È indescrivibile e la verità è che spero di vivere abbastanza per dirli "mi rendi felice"."

il diario di Weap Stark.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora