12 Rapporto malato

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Mi alzo di malavoglia, con la testa dolorante.
Ho ricordi sfocati della notte scorsa.
Ricordo di aver baciato un ragazzo, di essere stata quasi violentata da due ricconi megalomani e che Stephen mi ha riaccompagnata a casa.
Nelle mattine come questa maledico l'alcol.
Mi guardo attorno, cercando mia nonna, ma non avverto nessuna presenza, perciò prendo una pastiglia sperando di far tacere le martellate nella mia testa.
Mi preparo una colazione veloce, cercando di ricordare più dettagli possibili.
Cos'ho detto a Stephen?
Questa domanda mi percuote la mente da quando ho aperto gli occhi.
Non volevo mi vedesse ubriaca.
L'ho chiamato per venirmi a prendere ed ora ha la conferma di avere a che fare con una ragazzina.
Contemplando la caffeina, che mi dà le forze necessarie per leggermi in piedi, mi vesto pensando a cosa fare oggi.
La scuola inizierà tra poco, devo informarmi sugli orari degli autobus e credo sarebbe meglio attivarmi per prendere la patente.
Vivo in America ora.

Mentre esco di casa noto un post-it attaccato al frigo.

Ciao tesoro,
Come stai? Spero tu ti senta meglio.
Ad ogni modo, io sto andando da Paul, non si sente bene e vorrei restare con lui.
Un bacio,
la tua nonna, Emery.

Qualcuno dovrebbe dirle che i post it non sono lettere, ma apprezzo la sua innata dolcezza.

Fermi tutti. Mia nonna ha visto Stephen che mi riportava a casa ubriaca.
Merda.
Lascio tutti in disordine e corro verso il suo appartamento, come di consuetudine ormai.

<<Buongiorno, come stai?>> Domanda con tono freddo.

Qualcosa dev'essere andato storto ieri sera. Nei suoi ghiacciati occhi blu, leggo astio e rancore.

<<Non lo so. Ieri mia nonna ha visto che mi hai riaccompagnata, si è accorta che ero ubriaca?>> Domando mangiandomi le unghie.

<<Tutti in questo palazzo se ne sono accorti. Hai vomitato all'entrata e l'odore è andato via solo poche ore fa.>> Borbotta accennando ad una risata.

Si sta prendendo gioco di me.

<<Cazzo...>> Mi lamento portandomi le mani ai capelli.

<<Credo che ti odieranno per un po'.>> Conclude tornando serio.

Non capisco se è ironico. Non riesco a decifrare il suo tono.

<<Ora devo andare a lavoro.>> Mormora prendendo la giacca.

Annuisco spostandomi dall'entrata per permettergli di passare.

<Certo, ciao Stephen e grazie per ieri...>> Dico a disagio giocherellando con un orecchino.

Lui esce dal suo appartamento e mi supera senza degnarmi di uno sguardo.
Che diavolo gli prende?

<<Tranquilla, è questo che fanno i padri.>> Sentenzia lasciando che le porte dell'ascensore ci dividano.

No. Questo non può essere vero.
Non posso averlo chiamato papà. E anche se fosse non può sentirsi offeso, ero ubriaca.
Cos'altro posso aver detto di sbagliato? O cosa posso aver fatto...
Spero con tutta me stessa che i miei giovani ormoni effervescenti non abbiano dato vita alla loro pazzia.
Non me lo perdonerei mai.

-

Dopo estenuanti ore passate a girovagare tra strade sconosciute di Los Angeles alla ricerca della mia nuova scuola ed essermi persa tra un aubus e l'altro, posso finalmente identificare come conclusa la mia giornata.

Vorrei solo poter tornare a casa e vedere Stephen. Vorrei che mi perdonasse e che tornassimo a scherzare, a istigarci a vicenda.

Arrivata al palazzo mi accorgo che la sua auto non c'è ancora, perciò mi fermo qualche minuto per fumare una sigaretta.
Sono uscita alle due, ora sono già le sei. Credo abbia finito di lavorare, da quello che ho capito ha un ruolo importante nell'azienda, questo significa che può fare quello che vuole no?
Eccolo che arriva, pronto ad esaudire le mie preghiere.

<<Ciao Maddison.>> Dice secco senza guardarmi.

<<Stephen ascoltami.>> Ordino fermando l'ascensore per entrare con lui.

<<Non ricordo molto di ieri sera. Se ho detto qualcosa di sbagliato, ti prego, dimmelo.>> Lo supplico cercando disperatamente il suo sguardo.

Sentirmi ignorata da lui fa più male di quando ci urlavamo contro.

<<Hai detto di aver baciato un ragazzo. Che ci sapeva davvero fare.
Poi mi hai chiamato papà. Hai detto che ti sarebbe servita un'autorità come la mia quando avevi bisogno di un padre.
Hai espresso a pieno il nostro rapporto. Non voglio essere il padre in una relazione. Tu sei una ragazzina, in un uomo.>> Scandisce bene le parole senza mostrare segni di alcuna emozione.

Lui può picchiare il mio ex e avere precedenti di rabbia e psicopatia, ma io non posso ubriacarmi e dire stronzate?

<<Ma di che cosa parli? È vero, ho baciato un ragazzo ma avevo bevuto. Non ha importanza.>> Sbotto seguendolo fino al suo appartamento.

Non ho alcuna intenzione di mollare. Non se si tratta di lui.
Sento l'incessante bisogno dei suoi occhi di ghiaccio addosso.

<<Maddison, va->> Prima che possa cacciarmi, entro nel suo soggiorno, mettendomi comoda sul divano.

<<Non me ne vado fino a che non avremo chiarito!>> Urlo.
Sono piuttosto infantile.

<<Non c'è niente da chiarire.>>
Si siede accanto a me, togliendosi la giacca.

La camicia bianca gli fascia i muscoli, lasciando trasparire i tatuaggi.
Ora sono un fiume in piena di ormoni e desiderio. I miei diciasette anni si fanno sentire.

<<Allora baciami.>> Dico osservando le sue labbra carnose e rosee.

Lui resta in silenzio, cercando di opporre resistenza, ma alla fine cede.
Le sue mani grandi si posano con fermezza sui miei fianchi, facendomi sedere sulle sue cosce.
Iniziamo a baciarci con foga, passione e rabbia.
Noi ci liberiamo dei nostri sentimenti così. Lasciandoci andare dalla lussuria dei nostri peccaminosi desideri.
Porta le mani sul mio sedere, avvicinandomi a lui, tanto da far sfiorare le nostre intimità.

<<Maddison...>> Sussurra sulle mie labbra.

Non gli do' retta e mi sfilo la maglia, lasciandola cadere sul divano.
Lui posa le labbra umide sul mio seno e mentre sulla mia pelle si propagano brividi di piacere, immergo le unghie nella pelle ricoperta d'inchiostro nero della sua schiena.

<<Sei così bella Maddi.>> Geme portandomi una mano sotto al mento.

Non quanto te, Stephen.
Tu riesci a rendere sensuale anche solo una frase, uno sguardo.

<<Ma non posso.>> Mormora facendomi alzare dalle sue gambe.

Lo guardo confusa mentre mi rimetto la maglia.
Mi sento così sbagliata ora.
Forse non vuole niente da me.
Forse non gli piaccio abbastanza.

<<Ei. Sei bellissima. Davvero.>> Sussurra posando le mani sulle mie guance, per costringermi a guardarlo.

Fa scontrare le nostre fronti.

<<Ma ho paura che questo nostro rapporto sia un rapporto malato.>> Esordisce passandosi le mani sul volto.

<<Non può essere un rapporto malato se teniamo l'uno all'altra.>> Sbotto prendendo la mia borsa.

Non voglio restare qui un altro minuto. Sono stanca di questa situazione.
Stephen rende le cose troppo complicate.
Sono attratta da lui come mai mi sono sentita prima d'ora.
Ogni parte di me lo desidera e non posso ignorare quello che provo.
Il modo in cui mi guarda mi fa sentire desiderata, perché io so che dietro all'imponente muro che si è costruito, anche lui prova qualcosa.
Sento che lui è attratto da me, in qualche modo contorto.

<<Stai dicendo che tieni a me?>> Alza lo sguardo verso di me, incrociando i miei occhi.

<<Sì idiota, altrimenti non ti cercherei di continuo. Ma forse hai ragione, sono solo ormoni e problemi repressi di una ragazzina a parlare.>> Sibilo tagliente uscendo dal suo appartamento.

Non so perchè ho detto quelle cose. Io non le penso nemmeno, ma non posso continuare a torturarmi la mente per lui.
Se mi vuole davvero, almeno un quarto di quanto io desidero lui, deve venirmi in contro.

OCEANO NEI SUOI OCCHIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora