XXXX

575 49 12
                                    

Appena mi sveglio, mi ritrovo nel letto, con una coperta tirata sopra il mio corpo. Dev'essere ormai pomeriggio tardi, visto la poca luce che proviene dalla finestra.
Il libro sul comodino risveglia nella mia mente il momento prima di addormentarmi: ero tra le braccia di Tom, di fronte a Steve, mentre leggeva "Orgoglio e Pregiudizio".
Intuisco che Thomas mi abbia poi portata in camera e che abbia proseguito da solo con la lettura.
Mentre barcollo fuori dalla stanza, ancora assonnata, un profumo di ragù proviene dalla cucina. Poi, dei passi felpati attraversano la soglia della stanza adiacente, accompagnati da delle voci soffuse ma decise. Vedo Philippe guardarmi di sfuggita, ma poi chiudersi la porta alle spalle.
Così avanzo, per orecchiare meglio la loro conversazione.
"Come sta Sara?"sento domandare.
"Abbastanza bene."risponde, incerto, Tom "Anche se prima bofonchiava nel sonno.".
"Secondo te perché sta così?"prosegue l'altro. Adesso percepisco un'atmosfera tesa tra i due. I toni sono così freddi e timorosi, soprattutto quello di Philippe, anche se non riesco a capirne il motivo.
"Non lo so, non ne ho idea. Annalisa mi ha detto che nemmeno con lei ne ha parlato... Robert invece pare essere distante da tutti. Non so con chi altro potermi confrontare."sospira. Non sapevo che Robert fosse distante da Annalisa... Lei non mi ha accennato niente. O forse, presa da questa strana situazione, non sono riuscita a capirla.
"Oh, beh, magari è un periodaccio..."lo giustifica Philippe, schiarendosi la voce.
"Tu credi che Sara stia così per tutto quello che sta succedendo?"chiede, improvvisamente, Thomas.
"Potrebbe essere, Sara è molto sensibile. Ma cosa vorresti fare con lei, allora? Portarla via?".
Dopo una piccola pausa di silenzio, che mi pare durare in eterno, il ragazzo biondo risponde: "Non potrei accettare di perderla. Sì, credo di portarla con me in California, appena inizieranno le riprese del film...".
"Ma non è una decisione troppo affrettata?"precisa, Philippe.
"Beh, sì, forse."prosegue Tom "Ma non posso sicuramente partire e lasciarla qua.".
Il sangue mi gela nelle vene. Tom dovrà andare in California e se io deciderò di seguirlo, perderò il mio lavoro e lascerò qua Annalisa. Lui ha deciso tutto da solo, senza consultarsi con me.
Così senza nemmeno pensarci, mi ritrovo di fronte ai due ragazzi. Loro si guardano negli occhi, confusi della mia presenza.
"Sara, buongiorno."mi dice, come se niente fosse, Philippe, e trovo un po' di ironia in questa sua affermazione. Mi guardo allo specchio che mi affianca e devo ammettere che ho i capelli spettinati, un po' di saliva al margine della bocca e la coperta ancora avvolta al mio corpo.
"Buongiorno."rispondo fredda, poi mi volto verso Tom ed esclamo: "Veramente vuoi portarmi con te in California? Quando avresti voluto parlarmene?".
I suoi occhi si sgranano improvvisamente, poi fa un sospiro e risponde: "Il più presto possibile. Sapevi del mio nuovo film.".
"Sì, ma questo non significava portarmi via da Notting Hill."replico e lui si siede sul letto.
"Io ci tolgo le gambe."alza le mani Philippe, ancora con quel sorriso beffardo stampato sul volto.
"Parliamone."sospira, alzando gli occhi verso i miei ed io ci annego dentro.
"Qua ho il mio lavoro e la mia migliore amica, non puoi."dichiaro, incrociando le braccia al petto"E ho te.".
"Ecco, menomale."sussurra, con sarcasmo. Poi alza la voce e prosegue: "Avrei dovuto parlartene, hai ragione. Ma ho creduto che tu volessi venire con me. Ma a quanto pare non è così.".
"Non fare la vittima adesso."lo riprendo e lui accenna un sorriso divertito, poi si ricompone.
"Okay, ma come potremmo continuare ad amarci da lontano?"domanda. E in quel momento il mondo mi cade addosso. Quella richiesta. Quella stupida richiesta mi fa indietreggiare, battere contro la comodità, mettermi le scarpe e scendere le scale a tutta velocità. Non so cosa sto facendo, Tom mi blocca per un braccio ma riesco a divincolarmi. Lo sento urlarmi dietro seguito da Philippe, ma le mie gambe non cessano di correre.
L'amore impedito dalla distanza mi è sempre sembrato un amore non corrisposto, alimentato da un legame forzato. Due persone si amano anche da lontano, due persone, se hanno conosciuto l'amore veramente, si ameranno per sempre.
Sbatto contro alcune persone, ma non mi importa. Voglio andarmene, voglio tornare a casa.
Improvvisamente mi ritrovo davanti al mio edificio da lavoro e nella mente mi rimbombano le rassicurazioni di Mr. Morris sul fatto che questo luogo sarà sempre aperto, per qualunque inconveniente.
Appena dentro l'ascensore, cedo in un pianto, così che pure un signore di fianco a me mi sussurra: "Signorina, stia tranquilla. So che la claustrofobia è una brutta bestia.". Ma pare non capirmi e quando sto per uscire, davanti a me, con la valigetta stretta tra le mani, e con espressione rilassata, appare Noah.
Sgrana gli occhi al vedere della mia situazione e poi mi corre dietro non appena lo supero.
"Sara."blocca con il piede la porta del mio ufficio, prima che si chiuda del tutto.
"Voglio stare da sola."parlo, con la gola secca.
"No."si fa avanti e si siede davanti a me "Guarda come sei ridotta. E tu non vieni mai a lavoro vestita in questo modo, cara.".
Mi accenna un sorriso e rimane in silenzio davanti alla mia scrivania.
"Cosa sta succedendo?"mi chiede ancora.
Ma il dolore e il ripetersi di quella domanda così ambigua accennata da Thomas mi blocca ogni parola.
"To...Tom...beh...mi ha detto che...mi ha chiesto come potremmo continuare ad amarci...ad amarci da lontano."balbetto e ricado in un pianto.
"Che domande sono?"domanda, stupito "Ma forse non voleva dirlo in quel modo.".
"Sì che voleva dirlo in quel modo, sennò quale altro modo ci sarebbe stato?"lo riprendo.
"Noi maschi siamo fatti un po' così. Ci spieghiamo male qualche volta. Non credo che Tom volesse dirti che distante da te non ti amerebbe."pare giustificarlo. Così mi torna in mente anche quello che Thomas mi ha riferito riguardo a Noah, dopo il mio attacco di panico: ha subito ricorso al mio ragazzo, fatto che da lui non mi sarei mai aspettata e ora lo sta addirittura giustificando.
"Hai un debole per il mio fidanzato?"domando, abbozzando un sorriso. Lo vedo confuso a quella richiesta ed io non provo nemmeno a dargli spiegazioni.
"Ora vuoi rimanere nel tuo ufficio?"chiede, cambiando discorso.
"L'unica alternativa sarebbe prendere la metro ma non me la sento a quest'ora."dichiaro.
"Posso accompagnarti io a casa, se vuoi."mi riferisce "Ma prima hai voglia di scendere nella famosa pizzeria qua vicina?". Mr. Morris ci ha riempito la testa facendo pubblicità a quel luogo, soprannominandolo come "il posto più buono dove lui abbia mangiato la pizza". Così io e Noah ci siamo promessi che ci saremmo andati insieme, un giorno.
"Sono messa male."ammetto, guardandomi.
"Okay, allora la ordineremo."annuisce, ammirando la mia condizione.
Dopo nemmeno un'ora e dopo aver attaccato almeno venti chiamate da parte di Tom e Philippe, la pizza fuma sotto i nostri occhi.
"Alla pizzeria più buona."alza uno spicchio e lo avvicina al mio.
"Alla pizzeria più buona."rispondo. Devo ammettere che Mr. Morris ha sempre ragione: è veramente squisita.
"Vuoi raccontarmi perché ieri sei stata così?"chiede, di punto in bianco.
"Oh."mi blocco "Non so se sarà la miglior cosa...".
"Perché? Mr. Morris ti ha scelto, ma non ha scelto me e quindi ti senti in colpa?"domanda ironizzando, ed insieme ci mettiamo a ridere.
Poi scuoto la testa: "Non è importante.".
Appena ci troviamo nella hall, Noah mi raccomanda di non uscire mentre lui va a prendere la macchina, visto che l'ha posizionata in un parcheggio vicino alla metro ed io non ho voglia di camminare, dopo la lunga corsa.
Ammiro fuori dalla grande porta a vetri, le poche persone che passeggiano. Sono per di più uomini ubriachi, già a quest'ora. Non ero mai venuta qua di notte e spero di non tornarci mai più.
"Signorina, noi bisognerebbe chiudere." dichiara una signora, presentandosi davanti a me accennando un sorriso.
"Credevo che restaste aperti per tutta la notte..."ammetto, a bassa voce.
"Oh no, io dovrò andare pur a casa."risponde e mi vergogno di quello che ho appena detto. Sicuramente quando Mr. Morris mi rassicurò che sarebbe stato un luogo sempre aperto, parlava in senso metafisico.
Così mi reco fuori dall'edificio e cammino verso la direzione di Noah.
La notte copre la città, lasciandosi illuminare da qualche lampione e poche macchine che passano accanto al marciapiede a tutta velocità. Un brivido attraversa la mia schiena e la paura mi perseguita ad ogni passo che compio.
"Bene, bene, bene."sento sussurrare, improvvisamente, da una voce alle mie spalle. Il sangue mi gela nelle vene, ma proseguo senza voltarmi. Ma una voce ancora più alticcia continua: "Una donzella a Londra da sola, niente male." E mi afferra per un braccio.

Mi fa piacere sapere che vi stiate  immedesimando nella mia storia, veramente. Spero che sia un momento piacevole per voi e che vi riesca a trasmettere tutte le emozioni dei personaggi. ❤️

Non so se sei solo un sogno || Tom FeltonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora