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"Non era un bello scherzo, nemmeno questo!"esclama mamma, dopo che ho rovesciato la tazza al contrario e fatto finta che il sotto fosse in realtà il sopra. Lei si guarda i vestiti macchiati e cerca ancora di alleviare la rabbia.
"Oddio, che noia."commento.
In quel momento, la porta si apre e a tutta velocità vedo Willlow corrermi incontro.
Comincia a farmi le feste, scodinzolando e saltandomi alle gambe.
"Un cane?! Oh per la miseriaccia!"esclama mamma alzandosi in piedi sulla sedia. A quella scena non posso che ridere a crepapelle, mentre Tom guarda mia madre confuso.
"Willow non fa assolutamente niente."le spiega, scioccato dalla sua reazione.
Non smetto di ridere, finché Tom non mi fulmina nuovamente con lo sguardo.
La piccola Willow mi guarda spaesata,ed io mi accuccio per accarezzarle il soffice pelo nero.

Mamma ha sempre avuto la fobia dei cani, a causa di un avvenimento successo quando era bambina. Un cane lupo le corse incontro, la buttò a terra e lei battette la testa. Rischiò la vita, quel giorno, e da lì cominciò la sua paura per i cani.
"Porta via quell'animale da questa casa!"ordina mia madre indicandola e Willow fa qualche passo indietro, come se percepisse quello che quella maleducata sta urlando.
Tom si avvicina piano piano e la lega al guinzaglio, mentre in silenzio la accompagna fuori.
"È un cane bravissimo, mamma. Ti sembra il modo di accoglierla così?"la riprendo, prima di seguire Tom.  Lei si chiude nelle spalle e cerca di scendere dalla sedia, proseguendo verso il piano superiore.
"Tom."lo richiamo,appena esco fuori. Lui pare ignorarmi e così, a passo svelto, lo raggiungo.

"Mi dici cosa ti prende?"lo blocco per il braccio e appena si gira, nemmeno mi guarda negli occhi.
"Mi dici cosa cazzo ti prende?!"ripeto ancora, scuotendolo.
A quel punto i suoi occhi mi congelano, poi si morde il labbro e continua:"Dovevi dirmi che tua madre aveva paura dei cani. È un altro scherzo pure questo?".
Devo ammettere che avevo progettato tutto, ad insaputa di Tom. So di aver sbagliato, ma non posso sopportarli ancora qua e l'unica soluzione è farli odiare questo posto al punto di andarsene.
Il mio silenzio parla più di mille parole, infatti sospira e borbotta: "Ecco, lo sapevo. Perché non me l'hai detto?".
"Te l'avrei detto."cerco di difendermi. Ma so che è inutile.
"Non puoi fuggire alle tue cazzo di paure, Sara. Affrontali, una volta per tutte. Ti farà stare bene."scandisce, con convinzione. A quelle parole così forti per un cuore così debole che è il mio, i miei occhi si gonfiano di lacrime.

Lui si volta ed io rimango bloccata lì, a guardarlo. Poi si blocca, si gira nuovamente e proclama: "I tuoi genitori hanno sbagliato, certo. Ma tu devi farti vedere superiore,perché lo sei di fronte a questo. Con il comportamento che stai avendo, invece, sembrerai solo una bambina ai loro occhi.".

Tom ha perfettamente ragione, come darli torto. Ma se fosse successo a lui, come avrebbe reagito?

"Tom."lo richiamo ancora, ma lui non mi sente: sta già attraversando la strada quando riesco a pronunciare solamente il suo nome.

La Domenica rinchiusa in camera, non è sicuramente delle migliori. Ho finto ai miei genitori di avere un po' di mal di testa, così da poter rimanere in camera. E loro, ipocondriaci, hanno deciso di lasciarmi stare.

Alla fine devo ammettere che non è del tutto una bugia: i ragionamenti su quello che Tom mi ha detto l'altra sera, ieri e questa mattina, danno un effetto negativo alle mie tempie.
Ma lui ha ragione, perfettamente.
Scappare dal dolore non farà altro che alimentarlo.
Affrontarlo e capirlo sono le scelte migliori.
Se solo sapessi fare, se solo qualcuno mi avesse insegnato a perdonare veramente.

Così guardo fuori dalla finestra per vedere se almeno ho sue tracce. Avrei bisogno di parlargli, di avere consigli. Ma niente: lui non c'è.
Dopo ore a chiamarlo senza avere nessuna risposta, mi sistemo nella giacca ma sento bussare alla mia porta.

"Tom?"chiedo, ma appare l'ultima persona che avrei voluto: mamma.
"Dove vai?"chiede lei, ficcanaso come sempre.
"A cercare il mio ragazzo."riferisco,superandola.
"Tu lo ami?"chiede, con voce strozzata. Mi blocco sulla soglia della porta e con il cuore in gola dallo stupore di quella domanda, rispondo: "Certo mamma che lo amo.".
"Non era questo che ti saresti aspettata quando desideravi il fidanzamento con lui, vero?"prosegue a chiedere.
"Devo andare, mamma."la ignoro e scendo le scale a tutta velocità.
Esco fuori, anche se il buio sta cominciando a calare. Ho paura a percorrere le strade da sola, dopo quel ripugnante avvenimento. Così prendo il telefono e scorro per i contatti, fino ad arrivare al nome Noah.
Nel frattempo proseguo verso la sua casa, continuando a voltarmi indietro per paura che qualcuno possa prendermi alle spalle.
"Sara?"domanda Noah, con voce assonnata.
"Sono io, sì. Svegliati ed esci fuori. È già tanto se solo venuta fino a casa tua.".
A quel punto vedo la tenda spostarsi e apparire il suo volto assonnato.
In poco tempo, esce dalla sua abitazione e mi raggiunge.
"Sai che se Tom mi vedrà, mi ucciderà, vero?"domanda, aprendomi la portiera della sua macchina.
"Sì, certo."rispondo e lui mi guarda confuso.

La città ci passa accanto, mentre attraversiamo le stradine meno trafficate. La prima destinazione è Piazza Victorial Memorial ma, con estremo stupore, lui non si trova lì.
La seconda è da Steve e quando riferisco la notizia, Philippe si decide a seguirci.
"Potevi chiamare me."mi riprende, appena nota Noah.
"Ti ho chiamato almeno dieci volte."indico il suo telefono.
Lui si stringe nelle spalle e comincia ad ipotizzare i luoghi dove si può essere diretto.
"Tom scappa sempre quando c'è un problema, eh."puntualizza Noah, quasi divertito.
Anche se quell'affermazione mi da particolare fastidio detta da lui, mi rendo conto di una piccolezza: io e Tom siamo simili. Io e Tom non affrontiamo i problemi come si deve e lui sta cercando di salvare almeno me da questo difetto.

Spazio autore:
Voi sapreste perdonare il comportamento dei genitori di Sara?

Non so se sei solo un sogno || Tom FeltonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora