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Rividi Kirishima solo dopo una settimana. Non avevamo litigato o discusso, semplicemente a me non andava di uscire, solo ogni tanto mi recavo con Denki al parco, ma solamente perché in quelle occasioni potevo rimanere in silenzio sapendo che nessuno mi avrebbe posto domande scomode. Tra i due, Kirishima era quello che voleva sempre essere informato sulla mia vita, non sembrava mai convinto delle mie risposte evasive, cercava di addentrarsi in discorsi che io invece tentavo in tutti i modi di evitare, mentre a Denki bastava un sto bene e si accontentava.

Quel pomeriggio, però, Kirishima mi aveva chiamato in preda al panico perché aveva un esame il giorno dopo ed era convinto di non sapere nulla. Dico che era convinto perché poi, come al solito, sapevo che sarebbe andato alla grande. Anche quella volta, effettivamente, avevo ragione, il giorno dopo prese 27 a mani basse, ma quando quel pomeriggio lo sentii al telefono non accampai scuse stupide per evitare di uscire di casa.

Quando arrivai al campus dove alloggiava, non ci misi troppo a ricordarmi dove si trovasse la sua stanza. Dovevo imboccare il primo corridoio sulla destra, salire due rampe di scale e bussare alla quinta porta sulla sinistra. Ricordo che, la prima volta che ero andato in quel posto, mi ero perso e Kirishima mi aveva ritrovato che vagavo nell'edificio sbagliato. A mia discolpa il college non era semplicemente formato da un palazzo, no, erano sette gli edifici che ne facevano parte: uno con le aule, uno con la mensa, uno con la biblioteca e la lavanderia e gli altri erano tutti gli alloggi degli studenti. Non poteva di certo aspettarsi che la prima volta che mi recavo lì mi sarei orientato come se mi trovassi a casa mia.

Arrivai di fronte alla sua porta e la trovai spalancata, era una sua abitudine quella di tenerla aperta perché a detta sua dava l'idea di essere più socievole e simpatico. A me dava solo l'idea di uno che voleva mettersi in mostra con le sue lenzuola dei supereroi, sempre meglio di quelle di Denki con i Pokemon.

Mi poggiai allo stipite e incrociai le braccia, rimanendo in silenzio e ascoltandolo mentre ripeteva ciò che al telefono aveva detto di non sapere assolutamente. Sembrava stesse simulando l'esame, gesticolava come suo solito e guardava avanti a sé come se seduto di fronte ci fosse effettivamente il professore. Quando fece una pausa più lunga di mezzo secondo, mi schiarii la gola e lo richiamai.

"Menomale che non le sai le cose, se le avessi sapute, dietro la cattedra ti ci saresti dovuto mettere te e non il prof" scossi la testa e sghignazzai. Quando entrai nella camera mi resi conto della differenza che c'era tra il lato di Kirishima e quello del suo compagno di stanza. Il letto del rosso era ricoperto di vestiti ammucchiati probabilmente giorni prima, avrei potuto indovinare come si era vestito durante quella settimana passata, soltanto guardando quelle magliette e jeans abbandonati sulle lenzuola dei supereroi. Il comodino presentava pile di libri, alcuni finiti di leggere e altri con biglietti dell'autobus tra le pagine come segnalibri, erano leggermente rovinati sui bordi, una cosa che non potevo concepire e sopportare. L'armadio era aperto e anche mezzo vuoto, ipotizzai che fosse perché buona parte degli indumenti si trovava sul materasso. Mi girai dall'altro lato dove il letto era stato rifatto e l'armadio era chiuso e molto probabilmente con tutti i vestiti appesi e piegati. L'unica cosa fuoriposto era il comodino, anche quello, come il comodino di Kirishima, era pieno di libri, ne adocchiai un paio interessanti, ma non mi avvicinai per sfogliarli, odiavo quando la gente apriva i miei, rischiavano di rovinarli ed era una cosa che detestavo avere i libri con le pagine piegate. Mi ero dimenticato effettivamente a chi appartenesse quella metà della camera, se me ne fossi ricordato probabilmente avrei chiesto a Kirishima di incontrarci al bar del campus e non nella sua stanza dove le possibilità di incontrare lo stronzo della macchinetta del caffè aumentavano a dismisura.

Mi avvicinai al mio amico e mi affacciai oltre le sue spalle per vedere il libro su cui stava studiando. Era aperto e ciò che vidi mi disturbò: aveva sottolineato tutto, non dico per dire, aveva letteralmente sottolineato ogni singola riga. Mi chiesi come potesse memorizzare le cose più importanti in quel modo, ma decisi di non porre domande che lo avrebbero solo agitato di più prima dell'esame.

L'imperfezione della necessitàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora