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Fu molto strana la chiamata che seguì la nostra fuga da casa di Shoto. Dopo quel ti amo improvviso, pensavo che il modo di guardarci sarebbe cambiato, non so esattamente cosa mi aspettassi, ma sicuramente non avrei mai immaginato che, dopo avermi baciato un'ultima volta, avrebbe estratto il cellulare, cercato un numero in rubrica e allontanato per parlare con qualcun altro.

Mi dovetti avvicinare di soppiatto per sentire di cosa stesse parlando. Avevo paura che volesse esprimere il proprio disaccordo sul modo in cui avevo risposto a quel ti amo, che volesse parlarne con qualcuno che non fossi io. Sì, ero confuso e la paura di poter mandare tutto a puttane era una costante nella mia vita. In fondo, non avevo mai detto ti amo a nessuno e mai avrei pensato che avrei pronunciato quelle due parole al ragazzo della macchinetta del caffè.

Forse il destino si prendeva gioco di me, forse in fin dei conti esisteva un Dio e quel Dio si divertiva a scrivere capitoli della mia vita senza senso logico. Probabilmente beveva prima di aprire il file intitolato Bakugou Katsuki.

Guardai Shoto con un'espressione interrogativa e lui indicò il cellulare e sillabò una parola: fratello. Sentii l'ansia volatilizzarsi e il cuore riprendere a battere decentemente. Aveva semplicemente chiamato il fratello, forse per dirgli ciò che era accaduto a casa loro, forse per informarlo che era uscito e che probabilmente non sarebbe più tornato a dormire in quel posto.

Sembrava non avere le idee chiare su cosa dire, balbettava di tanto in tanto e, quando doveva concentrarsi sulle risposte del fratello, si tappava l'orecchio libero con l'indice. Arricciò il naso un paio di volte e, istintivamente, glielo sfiorai con la punta del dito. Ormai era una pratica che facevo spesso, come per stirare le piccole pieghe che si formavano sul dorso del suo naso. Lui sorrideva sempre quando lo facevo, ma non quella volta, quasi non si accorse nemmeno del mio tocco.

Il tempo di riattaccare e cominciò a camminare spedito verso una meta a me sconosciuta. Lo seguivo diligentemente, cercando di captare qualche indizio su come si sentisse dopo aver lasciato la casa dove era cresciuto. Non si poteva dire che la sua infanzia fosse stata felice, ma un legame alla casa dove aveva vissuto per anni doveva pur averlo.

Mi avvicinai appena rallentò prima di dover attraversare, con le dita seguii il corso delle vene sul suo polso e arrivai al palmo leggermente freddo. Possibile che Shoto non raggiungesse mai delle temperature corporee fisiologicamente normali? Nemmeno l'estate emanava calore, solo quando ci baciavamo sentivo il suo corpo scaldarsi. Gli strinsi la mano, intrecciando ogni singolo dito con le sue. Ricambiò la stretta e si girò verso di me. Sembrava riflettere su ciò che aveva appena vissuto e poi mi sorrise, ecco come mi riscaldava lui, non con la pelle a temperature elevate, ma con i sorrisi.

"È la prima volta che qualcuno che non sia uno dei miei fratelli decide di fronteggiare Enji" lo chiamò per nome e io mi resi conto di quanta distanza volesse porre tra se stesso e quell'uomo. Non mi sarei stupito se la volta successiva si fosse recato in un altro ospedale per i controlli di routine.

Assottigliai lo sguardo e riportai alla mente uno degli episodi che mi aveva portato a conoscere lati nascosti di quel ragazzo.

"E la banda dei fuoricampo?" rammentai il discorso che era avvenuto diverso tempo prima in un vicolo, quando avevo visto dei perfetti sconosciuti picchiarlo e insultarlo. Dopo quell'episodio mi aveva rivelato di essere lui stesso il fondatore della banda e io avevo lasciato correre, per quanto possibile, la notizia. Inizialmente davvero avevo creduto che non mi importasse, poi mi ero ritrovato a odiarlo ancora di più per quel fatto.

"Loro non hanno mai fronteggiato Enji come hai fatto tu. Loro semplicemente lo minacciavano con le mazze, tu a mani nude ti sei messo tra me e lui"

Mi sentii potente in quel momento, mi resi conto di ciò che avevo fatto e di come quella mia azione avesse influito su Shoto. Lo amavo, lo avevo detto a voce addirittura, ed ero pronto a mettere in gioco non solo il midollo ma l'intero corpo per lui e per quei sorrisi.

L'imperfezione della necessitàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora