Quando arrivò il giorno della partenza, avevo ancora i lividi abbastanza evidenti su diversi punti del corpo. I muscoli erano ancora indolenziti, ma non osavo lamentarmi visto che già mi ero preso una bella strigliata da parte di Kirishima la mattina dopo la rissa. Aveva trovato Shoto nel letto pieno di ferite e, dopo avergli posto con insistenza diverse domande, era corso da me con due obiettivi: uno, sgridarmi come fosse mia madre e, due, chiedermi se stessi bene, perché in fondo si preoccupava sempre per me. Aveva insistito per farmi spogliare della felpa per controllare che non avessi ematomi troppo gravi a livello di costato, non so come mai, ma lo impensieriva particolarmente quella parte del corpo, come se un livido a livello dei muscoli intercostali mi potesse impedire di respirare.
La casetta che Denki aveva affittato era, come avevo immaginato, in legno con il tetto spiovente. La neve la ricopriva e dal comignolo usciva del fumo scuro. I proprietari si erano premurati di riscaldarla con il caminetto prima del nostro arrivo.
Le stanze erano abbastanza numerose da permetterci di averne una ognuno, mentre il salotto era piccolo e pieno di tappeti spessi a ricoprire le assi di legno. Già mi immaginavo i pomeriggi, tornati dalle piste, con i piedi scalzi a riscaldarli comminando su quei tappeti pesanti, con in mano una tazza fumante di tè e il fuoco scoppiettante nel camino. Ci girammo l'intera casa nel giro di pochi minuti, scegliemmo le stanze senza discutere troppo, ovviamente ottenni la più ampia e con la visuale più bella. Aveva un letto matrimoniale con il piumino e la coperta di lana piegata sul fondo, due comodini di legno con un paio di cassetti l'uno e un grande armadio con l'anta scorrevole, sapevo che probabilmente non avrei comunque svuotato la valigia perché detestavo dover poi rifare i bagagli dopo appena una settimana, lo trovavo inutile, come se perdessi del tempo che avrei potuto impiegare per fare qualsiasi altra cosa, come ad esempio infastidire Denki o Kirishima che, non sapevo come mai, stavano decidendo se usare o meno la stessa camera. A detta loro volevano evitare di sporcare ogni singola stanza, mentre io sospettavo fosse perché nessuno dei due voleva usare quella piccola senza riscaldamento. A dirla tutta, quella stanzetta era anche parecchio inquietante, aveva la finestra che non si chiudeva bene e cigolava di continuo, così come anche la porta e l'armadio. Invece, la finestra della mia stanza si apriva sul cortile innevato e gli alberi, anch'essi ricoperti di neve, sfioravano il cielo con le loro chiome.
Dopo una mezz'oretta, ci ritrovammo tutti in cucina pronti per mangiare qualcosa, il mio stomaco aveva cominciato a lamentarsi diversi minuti prima, con i suoi soliti gorgoglii fastidiosi. Avevamo portato la spesa da casa, non volevamo perdere tempo il primo giorno andando al supermercato, mi ero premurato di accompagnare Denki a comprare il cibo e le bevande perché temevo che potesse presentarsi con casse di birra e nient'altro. Ovviamente gli avevo permesso di prendere dell'alcool, ma non di usare tutto il budget solo per quello.
Quando finalmente ci sedemmo sulle panche intorno al tavolo di legno, tutto sembrava fatto di legno in quella casa, mi resi conto che ancora non mi ero azzardato a guardare Shoto in viso. Ero riuscito a evitarlo addirittura in macchina, facendo attenzione a non guardare il suo riflesso nello specchietto retrovisore. Sapevo che presentava un livido proprio sullo zigomo destro, me lo aveva riferito Denki, ma io non lo avevo più incontrato dopo lo scontro con la banda e, ovviamente, quella stessa notte nessuno dei due aveva ancora i lividi viola sul corpo.
Alzai il viso appena in tempo per rendermi conto che anche lui mi stava guardando in modo curioso, forse cercava i segni di quel combattimento, forse sperava di trovarmi più malconcio di lui, peccato che fosse lui quello che ne era uscito in modo peggiore perché si erano accaniti soprattutto sul suo corpo magro, ma una cosa dovevo ammetterla: aveva avuto ragione quando aveva detto che era robusto come ramoscello. Non si era spezzato tanto facilmente.
Il livido sullo zigomo era verdognolo, segno che stava guarendo, e il taglio che si trovava nel mezzo era praticamente rimarginato. I suoi occhi spaiati erano vispi, ma uno leggermente rosso, quello con l'iride grigia, lo stesso lato del livido. Sulle nocche entrambi presentavamo le croste lì dove ci eravamo feriti dando pugni a chiunque si avvicinasse a noi e sono sicuro che anche lui, come me, sentiva i muscoli lamentarsi per ogni movimento. Temevo che quella mia bravata potesse impedirmi di sciare come si deve, non volevo rovinarmi la settimana bianca per una sciocchezza accaduta per la frustrazione e la rabbia che avevo provato una sera.
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L'imperfezione della necessità
FanfictionQuando odi una persona le auguri i peggiori mali al mondo, ma, quando scopri che nasconde un segreto e che il male vive accanto a lui, tutte le tue certezze crollano e vorresti solo esser rimasto all'oscuro di quel pesante segreto. Una enemies to l...