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La tenda che avevano montato Kirishima e Denki era vista lago e non avremmo potuto chiedere posizione migliore. Era una piazzola isolata dal resto dei campeggiatori, forse perché era parecchio distante dai servizi, ma non ci interessava, a noi piaceva essere immersi nella natura e anche se per andare al bagno dovevamo camminare qualche minuto non era di certo un problema. Denki si divertiva a lanciare i cordini a Kirishima, il quale li prendeva al volo tirandoli verso di sé, facendo sbilanciare il biondo in avanti. Mi sedetti su una zolla di terra a sorseggiare una birra e rimasi ad osservarli mentre si rincorrevano come se fossero tornati indietro nel tempo e fossero tornati bambini. Forse avere un vero amico significava quello: riuscire a rivivere gli anni migliori della propria vita come se si fosse tornati indietro nel tempo. Rimasi sulla sponda del lago anche quando decisero di tuffarsi in acqua e continuare quel gioco ridicolo tra schizzi e nuotate. Sembravano liberi da ogni preoccupazione, come se in quel momento fossero gli unici esseri viventi sulla terra. Shinso pure decise di non intromettersi, come se avesse capito di non far parte della loro linea temporale in quel momento, perché loro si trovavano anni addietro rispetto a noi, in un tempo più spensierato della loro vita. Ridevano di gusto e quelle loro risate sembravano ripercuotersi sul battito del mio cuore e alleggerirlo dai problemi che mi affliggevano.

All'ora di cena riscaldammo sul fornelletto una zuppa liofilizzata e mangiammo seduti sul prato tutti rivolti verso lo specchio d'acqua che rifletteva le stelle. Le costellazioni ondeggiavano a ritmo delle piccole onde che si infrangevano sulla sponda a causa del venticello che soffiava spostando anche le foglie. Socchiusi gli occhi, come se stessi mettendo alla prova la luminosità delle stelle, come se le sfidassi ad accecarmi anche gli occhi mezzi chiusi. Mi rilassava il fatto che potessi concentrarmi su qualcosa così fisicamente lontano da me, le stelle, i pianeti, le galassie mi conferivano una sensazione di quiete che la terra su cui camminavo non riusciva.

"Ogni stella è legata saldamente ad altre stelle, è così che si formano le costellazioni" disse Kaminari, indicando l'acqua dolce del lago come se fosse la cosa più normale del mondo il fatto che le costellazioni si trovassero ai suoi piedi e non sopra la sua testa. Riaprii gli occhi e lo guardai senza una vera e propria espressione.

"Stai rendendo filosofico qualcosa di semplice e banale" Shinso diede una leggera gomitata al biondo e questo si strozzo con la zuppa. Li avevo visti bisticciare spesso, talmente spesso che un tempo avevo creduto ci potesse essere qualcosa di più profondo di un'amicizia tra quei due. Mi smentirono quando, durante una serata in discoteca, piuttosto che ballare vicini si erano calpestati i piedi fino a farsi male.

"Non c'è nulla di banale nelle costellazioni" intervenne Kirishima che era solito prendere le difese di Denki. Succedeva sempre più spesso che uno dei due si intromettesse nelle conversazioni dell'altro per dargli supporto.

"Credete quello che volete, ma le stelle stanno lì per conto loro, ad anni luce di distanza le une dalle altre, siamo solo noi esseri umani che vediamo dei disegni, delle linee che le collegano. Probabilmente loro nemmeno sanno dell'esistenza le une delle altre"

Sorrisi perché Shinso non aveva torto, ma anche perché mi piaceva il pensiero leggermente filosofico del biondo. In fondo, se le stelle se ne stavano lì in cielo e non gli importava nulla di noi, potevamo dargli i nomi e i disegni che volevamo.

Sentimmo un cellulare vibrare e tutti, istintivamente, controllammo se avevamo ricevuto dei messaggi. Fu Kirishima quello che rimase con il cellulare in mano, con lo schermo che gli illuminava il viso creando delle ombre artificiali sugli zigomi sporgenti.

"Hai detto qualcosa a Shoto?" si girò verso di me con un'espressione confusa dipinta sul volto e io mi pietrificai. Poggiai la gavetta, con ancora la zuppa al suo interno, sul prato, e ricambiai lo sguardo. Temevo che di lì a poco avrebbe iniziato ad urlarmi contro tutto ciò che pensava di me e del comportamento che avevo avuto con il bicolore, ma semplicemente mi mostrò il messaggio e mi stupii della calma con cui Shoto gli aveva scritto. Una calma che io, probabilmente, al suo posto, non avrei mantenuto.

L'imperfezione della necessitàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora