Shoto tornò al dormitorio dopo un paio di settimane, era davvero tornato a casa dopo il ricovero, sia per il fratello che aveva deciso di non poter stare senza vederlo dopo l'operazione, sia per la sorella che, nonostante lui non glielo avesse chiesto, gli preparò ogni sera una cena degna di un ristorante a cinque stelle.
In quelle due settimane riuscii a sentire mia madre più di quanto riuscissi a contattarla in un anno intero. Certo che in situazioni normali i miei contatti si limitavano a dei rapidi messaggi in cui scrivevo solo: sono vivo. Non mi dilungavo mai, perché lo sapevo che quella donna, una volta avuto un dito si sarebbe appropriata dell'intero braccio. Ma dopo la donazione del midollo la situazione era completamente cambiata, non contattavo più mia madre per farle sapere che ero vivo, ma per informarmi sul bicolore perché lui, ovviamente, non aveva più risposto a nessun mio messaggio, anche se avrei potuto evitare di chiamarlo parassita delle ossa nel primo sms che gli avevo inviato una volta uscito dall'ospedale. Così, per riuscire ad ottenere qualche informazione in più, contattavo mia madre. La chiamavo o le mandavo messaggi giornalmente per avere notizie sulle condizioni di Shoto. Speravo che Enji Todoroki la informasse ogni tanto su come stesse il figlio ma, ogni singola volta, ciò che riusciva a dirmi era che non aveva più avuto sue notizie da quando anche lui aveva lasciato l'ospedale. Ovviamente, quando realizzavo con chi fosse tornato a casa, l'ansia si impadroniva di me paralizzando ogni mio muscolo, soprattutto quelli intercostali che mi impedivano poi di respirare, ma sapevo per certo che quell'uomo non lo stava maltrattando perché Natsuo si era procurato il mio numero, un pochino forzatamente, e mi aveva promesso che, se ci fossero stati problemi a casa, mi avrebbe contattato. La scusa che avevo usato per convincere il fratello di Shoto a tenermi informato era stata una bugia che rispecchiasse il mio carattere scorbutico, così da sembrare più realistica possibile. Lo avevo fermato nel corridoio dell'ospedale, gli avevo sottratto a forza il cellulare e avevo salvato nella sua rubrica il mio numero. Quando mi aveva chiesto perché mai dovesse informare proprio me se il padre avesse ricominciato a fare lo stronzo, gli avevo risposto schiettamente che non volevo che il mio gesto altruista venisse sprecato perché il padre aveva ammazzato Shoto. Si era fatto convincere con una facilità indecente, non sapevo come potesse essere il fratello del bicolore che invece, ogni volta che dovevo convincerlo a fare qualcosa, addirittura accettare il midollo che gli avrebbe salvato la vita, mi doveva far sudare sette camicie.
Quindi, quando tornò al campus, io finalmente smisi di chiamare e assillare mia madre per avere delle notizie riguardanti Shoto e cominciai ad osservarlo di nascosto quando lo vedevo camminare nei corridoi del dormitorio che condividevamo.
Avrei voluto parlargli, assicurarmi che non mi odiasse o, se proprio aveva deciso di odiarmi, che avesse deciso di farlo come i primi giorni in cui ci eravamo conosciuti, con insulti e sguardi gelidi come iceberg, ma non riuscivo mai ad incrociarlo da solo, era sempre in compagnia di Kirishima e di Shinso che, inspiegabilmente, riusciva a stare al campus esattamente come un qualsiasi studente, anche se lui non era affatto uno studente del campus. In quei giorni mi chiesi come mai permettessero agli esterni di girare così tranquillamente nelle proprietà del college, ma poi realizzavo che io per primo avevo iniziato la mia vita in quel campus ancora prima di iscrivermici. Non potevo condannare la politica del college, quella stessa politica che mi aveva permesso di usufruire del bar per diverso tempo.
Vedevo Shoto camminare circondato da gente, chiacchierava, sorrideva, gesticolava come suo solito e sul suo volto stavano sparendo le ombre delle occhiaie e il pallore da malato in fin di vita. Ogni volta che lo guardavo pensavo: è merito mio se ora può camminare per i corridoi e vantarsi della sua bellezza con le ragazzine del primo anno. Non so perché fossi convinto che si pavoneggiasse di fronte alle matricole femminili, ma quell'idea mi aiutava a detestarlo un pochino di più, perché purtroppo, dovevo ammetterlo con me stesso, non potevo più odiarlo seriamente come facevo un tempo. E quindi, quando mi capitava di vederlo camminare con quell'espressione serena sul volto, mi ritrovavo a pensare che fosse solo merito del mio midollo se si poteva permettere di sorridere. Ma una cosa continuavo a ricordarmi, ciò che avevo fatto non era altro che un gesto di puro egoismo perché, nonostante gli avessi salvato la vita, dopo essermi reso conto che non potevo averlo tutto per me, avevo cominciato a pensare di rivendicare il mio diritto di essere presente nella sua vita perché gli avevo donato il midollo. Insomma, un gesto altruista si stava trasformando nella mia mente in un motivo più che valido per obbligarlo a lasciare Shinso per mettersi con me.
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L'imperfezione della necessità
FanfictionQuando odi una persona le auguri i peggiori mali al mondo, ma, quando scopri che nasconde un segreto e che il male vive accanto a lui, tutte le tue certezze crollano e vorresti solo esser rimasto all'oscuro di quel pesante segreto. Una enemies to l...