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Arrivammo al quarto giorno, più della metà della vacanza era passata, che io e Shoto scendevamo testa a testa e facevamo le gare lungo le piste nere. Mai prima di allora avevo trovato un rivale degno di me e della mia bravura. Non avevo mai avuto occasione di mettermi alla prova in quel modo, mai avevo sentito il sangue fluire così rapidamente lungo le gambe durante una discesa, mi sembrava di sentire quel liquido scarlatto scorrere nei vasi, potevo quasi immaginare le piccole turbe che si creavano nelle arterie di maggior diametro. Le piste nere sembravano addirittura aumentare di pendenza e diventare più ardue per quanta velocità imprimessi nella mia corsa verso il traguardo. Finalmente c'era qualcuno da sfidare, qualcuno da poter umiliare con fatica e non con fin troppa facilità come capitava con Denki, Shinso e Kirishima. Denki provò a mantenere il passo mio e di Shoto, era il terzo più bravo sugli sci, ma dopo tre curve era già caduto e si stava facendo dare una mano dal rosso per rialzarsi. Avevo notato da lontano la mano del rosso subito tesa verso di lui e mi ero tranquillizzato sapendo che non era solo e che Kirishima lo avrebbe rimesso in piedi istantaneamente.

Frenai appena davanti ai tornelli della seggiovia e mi girai in tempo per vedere Shoto fare lo stesso e sbilanciarsi verso di me per la troppa velocità con cui era arrivato. Gli diedi una spinta leggera per evitare che mi cadesse addosso e poi lo guardai soddisfatto. Avevo finalmente vinto una stramaledetta gara ed ero pronto a cominciarne una nuova. Amavo la sensazione del vento misto a neve che mi schiaffeggiava il viso man mano che aumentavo la velocità, così come amavo il suono della neve che veniva appiattita dal passaggio dei miei sci. Tutto ciò che provavo nel correre lungo le discese era dovuto all'adrenalina che mi scorreva nel corpo come fosse una droga appena assunta. Ciò che, però, determinava una maggior sintetizzazione di quell'ormone era la presenza del bicolore e il continuo gareggiarci contro.

"Ragazzi, andiamo a pranzo al rifugio" urlò Kirishima a pochi metri di distanza, ma noi non smettemmo di guardarci in cagnesco, o forse era più uno sguardo che si scambierebbero due maratoneti sui blocchi di partenza. Ormai ci guardavamo come se vivessimo solo per sfidarci.

"No, noi saliamo ancora" urlammo all'unisono e ci sbrigammo a prendere la seggiovia un'ultima volta prima di fermarci per mangiare con gli altri. Sarebbe stata questione di minuti se non fosse stato per i ragazzi che incontrammo in cima alla montagna. Eravamo appena scesi dalla seggiovia ed eravamo pronti per ricominciare la gara, ma qualcuno posò la punta della propria bacchetta sullo sci di Shoto. Alzammo entrambi lo sguardo sicuri di trovare Denki, lui era l'unico che ci seguiva sempre quando volevamo fare una pista in più. Ma dovevamo immaginare non si trattasse di lui, non avrebbe mai messo la punta della propria bacchetta su uno sci rischiando in quel modo di graffiarlo, non era una cosa che si faceva.

Tre ragazzi ci sorrisero, non li conoscevamo, ci era capitato solo di incrociarli nel rifugio un paio di giorni prima, ma nulla di più, nemmeno avevo lanciato loro uno dei miei soliti sguardi assassini. In quella settimana non stavo evitando solo di litigare con Shoto, ma con chiunque incontrassi, così da non rischiare di iniziare una rissa in un rifugio e mettere tutti in imbarazzo.

"Abbiamo notato che siete piuttosto veloci" disse uno di loro, il più alto, ma anche quello che sembrava più esperto, si poteva capire dal paio di sci e di scarponi che portava, erano entrambi di una marca famosa e di certo non erano come i nostri che avevamo noleggiato per quella settimana, di decima o ventesima mano.

"Ce la caviamo" rispose il bicolore. Sapeva che se mi fossi intromesso mi sarei presentato come il migliore di quel fottutissimo paese sperduto tra le montagne. Era evidente, invece, che Shoto cercava di non attaccar briga con quei tre.

"Che ne dite di una gara?" propose il ragazzo più distante da noi. Inarcò un sopracciglio e io mi stupii del fatto che anche lui, come Shoto, non portava gli occhiali protettivi. Non riuscivo proprio a capacitarmi di come potessero raggiungere certe velocità con il vento e la neve a graffiargli gli occhi.

L'imperfezione della necessitàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora