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"Denki" sfiatai, come fossi un treno a fine corsa, esausto e pronto per venir lasciato sul bordo della banchina.

"Dimmi" il suo sussurro mi giunse nonostante non potessi scorgere nemmeno il suo naso. Era completamente immerso sotto il piumino e solo alcune ciocche bionde sporgevano e si adagiavano sul cuscino.

"Hai tu i fazzoletti?"

"Aspetta che controllo" sembravamo due vecchi in fin di vita, che emettevano gli ultimi sospiri, prima dell'inevitabile morte. Lo vidi muoversi sotto il piumino.

"Sì" sussurrò e tossì, muovendo con sé anche la coperta che lo nascondeva.

"Mi servono" sentivo il naso colare e gli occhi lacrimare. Ero peggiorato dal giorno prima, non riuscivo nemmeno a immaginare di camminare fino alla stanza di Shoto in quelle condizioni.

Da sotto le coperte apparve la mano del biondo e lo vidi sforzarsi per provare a lanciare il pacchetto di fazzoletti, ma era esausto e il suo impegno fece arrivare il pacchetto esattamente nel mezzo della stanza, non un centimetro più vicino a me. Come se avesse tracciato le coordinate e trovato il centro esatto che si trovava distante da me quanto da lui. Guardai quel pacchetto di fazzoletti con odio, come se fosse stata sua la colpa che a quel punto fossimo entrambi senza nulla con cui pulirci il naso.

"Arrivati?" mi chiese, effettivamente non aveva tirato fuori nemmeno un occhio per vedere dove li stesse lanciando. Avrebbe potuto benissimo sbagliarsi e mandarli contro il muro a cui era attaccato il suo letto. Almeno la direzione l'aveva azzeccata.

"Insomma" risposi stanco, cercando un rimpiazzo per i fazzoletti, ma l'unica cosa che avevo a portata di mano era la manica della felpa e non mi entusiasmava l'idea di smocciolare sui vestiti che indossavo. Cominciai a guardare il piumino, come se tra le pieghe di quella coperta potesse nascondersi un altro pacchetto di fazzoletti. Battei le mani, come per tastare gli oggetti presenti sul letto e, dopo diversi minuti di disperata ricerca, trovai la fantomatica pezzetta che il giorno precedente Denki mi aveva messo con premura sulla fronte. Ormai si era asciugata e sicuramente non avrei avuto la forza di alzarmi per andarla ad inumidire di nuovo. La guardai con circospezione e poi decisi che fosse la scelta migliore. Mi soffiai il naso nella pezzetta.

Mi addormentai e mi risvegliai quando percepii un freddo improvviso. Aprii gli occhi e cercai di individuare la fonte di quel gelo. Sembrava di esser entrato in un igloo di ghiaccio. Ciò che vidi furono delle gambe accanto al bordo del mio letto, mi guardai e notai di esser stato scoperto, il piumino si trovava ammucchiato sul fondo del materasso. Sollevai la mia attenzione e incrociai un paio di occhi color lavanda.

"Shinso?" pensavo di avere le allucinazioni, ma il freddo era di certo reale. Guardai il resto della stanza e notai che qualcun altro stava riservando quella tortura delle coperte anche a Denki. Cercai di sollevarmi sui gomiti e assottigliai gli occhi per mettere a fuoco. Si trattava di un altro biondo, capelli leggermente più chiari e fini di quelli del mio compagno di stanza. Inarcai un sopracciglio e credo che Shinso mi abbia notato, perché rispose ancora prima che io mi dovessi sforzare per porre la domanda.

"Ti ricordi di Monoma?" eccome se mi ricordavo di quell'idiota. Come avrei potuto dimenticare l'ex membro della banda dei fuoricampo che aveva osato nominare il padre di Shoto davanti a me e allo stesso Shoto? Si trovava in piedi in camera mia e stava mettendo le mani su Denki. Se fossi stato un po' più lucido avrei compreso subito che, in realtà, ciò che stava facendo era aiutare il mio amico a mettersi in piedi.

"Che ci fate qui?" tornai con la testa sul cuscino e chiusi gli occhi, accompagnando quel movimento con un lungo sospiro. Come se mi fossi sdraiato su una pista da corsa, al traguardo, dopo chilometri di sforzo insistente.

L'imperfezione della necessitàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora