Non seppi perché obbedii a quel singolo comando scritto o perché cominciai a sudare freddo mentre correvo verso i campi da tennis, ma sapevo che, se Shoto aveva preso la decisione di mandarmi un messaggio e quindi di mandare in fumo quella finta che avevamo messo in atto per due settimane, qualcosa non andava.
I muscoli delle gambe sembravano essersi risvegliati da un sonno durato anni, non correvo in quel modo da molto tempo, quando era capitato di scoprire che Denki era stato portato in ospedale, avevo trasmesso tutta la mia impazienza di raggiungerlo alla macchina premendo con forza sui pedali. In quel momento, invece, mi stavo affidando alle mie forze e ai muscoli che guidavano i miei movimenti. Non potevo lasciare che gli anni passati senza allenarmi mi tradissero facendomi arrivare tardi dal bicolore. Quando dovevo curvare, cambiare strada, e quindi rallentavo la mia corsa, mi davo uno schiaffetto sul quadricipite destro, come per invitarlo a non arrendersi e a continuare a contrarsi.
Arrivai ai campi da tennis e alzai lo sguardo in direzione delle scalinate, strinsi gli occhi per mettere a fuoco le figure più lontane e mi resi conto di un gruppetto di studenti radunato sulla prima fila di sedili. Salii e mi feci largo tra tutti quei ragazzi. Guardai qualcuno negli occhi e poi uno sconosciuto mi indicò di abbassare lo sguardo.
Shoto era seduto con le braccia intorno alle gambe piegate e la fronte premuta sulle ginocchia. Le spalle si muovevano a ritmo dei respiri accelerati e le mani sembravano aggrapparsi con forza tra di loro. Mi chinai e gli portai una mano alla fronte per spostargli i capelli madidi di sudore.
Scottava talmente tanto che per un attimo ebbi l'impulso di ritrarmi. Mi girai di scatto verso i ragazzi che ci circondavano e ci guardavano preoccupati.
"Che è successo?" alzai la voce, non mi spostai, rimasi con la mano sulla fronte del bicolore e il ginocchio che doleva sul cemento. Non volevo alzarmi, distanziarmi avrebbe voluto dire perdere il contatto con quel corpo febbricitante e non potevo permettermelo, non in quel momento.
I ragazzi cominciarono a balbettare, a parlare uno sopra l'altro. Non capivo nulla di ciò che dicevano. Sembrava di esser finito in una folla dove ognuno aveva qualcosa da dire ma nessuno aveva il coraggio di alzare la voce per farsi sentire. Mi davano sui nervi perché sembrava che non si rendessero conto della gravità della situazione, stavano forse sottovalutando le condizioni del bicolore e lo stavano facendo proprio di fronte a me, che invece avevo usato ogni briciola della mia energia per correre più velocemente possibile per raggiungerlo.
"Che è successo?" urlai con tutta la forza e l'aria che i miei polmoni riuscirono a buttare fuori. Tornai a guardare per un istante Shoto che tremava e sudava. L'istinto mi diceva di non allontanarmi da lui, di stringerlo finché non avesse riaperto gli occhi e mi avesse confermato di sentirsi meglio, ma dovevo tornare lucido il prima possibile e ricordarmi di ciò che mia madre mi aveva raccomandato di fare nel caso in cui avessi trovato Shoto in condizioni non ottimali.
"Stava seduto a leggere sugli spalti, è svenuto e quando si è ripreso delirava, diceva frasi a caso. Quando finalmente è tornato in sé ha detto di chiamare un certo Bakugou"
Non avevo capito fino a quel momento perché avessero scritto a me con il cellulare di Shoto, ma realizzai che ero l'unico che poteva andare in suo soccorso perché ero l'unico a sapere quanto fosse malato. Mi tornò in mente la voce di mia madre e riuscii a tornare lucido quel tanto che bastava per fare la cosa giusta. Mi rimisi in piedi, staccai a fatica la mano dalla sua fronte, non volevo allontanarmi, ma dovevo assolutamente fare qualcosa per aiutarlo. Puntai il dito verso il ragazzo che aveva dato delle spiegazioni più o meno chiare e parlai con tono duro, un po' per intimorirlo e un po' per avvertirlo che, se fosse accaduto qualcosa a Shoto in mia assenza, sarebbe stato lui a pagarne le conseguenze. Sapevo che ero ingiusto nel porre tutto quel peso sulle spalle di quello sconosciuto, ma credevo anche che fosse l'unico modo per farmi dare retta.
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L'imperfezione della necessità
FanfictionQuando odi una persona le auguri i peggiori mali al mondo, ma, quando scopri che nasconde un segreto e che il male vive accanto a lui, tutte le tue certezze crollano e vorresti solo esser rimasto all'oscuro di quel pesante segreto. Una enemies to l...