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Mi alzai malvolentieri quando il sole decise di disturbare il mio sonno. Assurdo come i raggi riescano ad essere più intensi nelle mattine peggiori, quando ci si vorrebbe sotterrare sotto le coperte e dimenticarsi del mondo esterno, nella speranza che anche quello si dimentichi di te. Prima di mettermi con Shoto, l'idea di sparire dal mondo, sperando che nessuno venisse a cercarmi, era parte integrante dei miei risvegli alla mattina, ma da quando avevo scoperto che in quel mondo, che avrei voluto si dimenticasse di me, c'era qualcuno che mi amava, avevo anche smesso di avere certi pensieri al momento della sveglia. Anche se, proprio come mi stava capitando quella mattina, a volte ritornavano prepotenti, rendendo i miei muscoli pesanti e la mia voglia di alzarmi pari a zero.

Ero tornato a casa verso le cinque di mattina, ma non era stato quello il problema, capitava spesso che facessi tardi e la mattina dopo mi dovessi alzare per andare a lezione o per uscire con i ragazzi del gruppo, ma il problema era stato che, una volta a letto, non avevo fatto altro che rigirarmi, con le lenzuola che si incastravano tra le gambe e mi infastidivano, contribuendo alla mia insonnia.

Cercai a tastoni il cellulare, non mi aspettavo di aver ricevuto qualche messaggio dal bicolore, lo avevo lasciato collassato sul divano letto con i fratelli che continuavano a controllare che respirasse. Credo che il fatto che fosse stato malato e sul punto di morire ci avesse resi tutti un po' esagerati nei suoi confronti. Addirittura, quando dormivo con lui, mi capitava di svegliarmi in piena notte e di controllare il suo battito posandogli una mano sul petto. Certe volte pensavo che dovessi fornirmi di un monitor dell'ospedale così da avere il bip ripetitivo nelle orecchie che mi assicurasse che fosse vivo, senza il bisogno di aprire gli occhi e cercare il battito con il palmo della mano. Sarebbe stato fastidioso, sì, ma estremamente utile per la mia ansia.

Mi tornò in mente l'episodio che mi aveva raccontato Touya la sera prima. Nonostante avessi bevuto, non avevo per niente i ricordi confusi e probabilmente nemmeno litri di vino avrebbero fatto in modo di farmi dimenticare le parole del maggiore dei Todoroki. Dopo esser venuto a conoscenza dell'episodio del compleanno dei sedici anni di Shoto, Enji aveva non solo raggiunto il posto più alto del podio della gente che detestavo, ma aveva proprio scaturito in me la voglia di ucciderlo a mani nude. Ciò che mi spaventava di più era, comunque, che, nonostante quegli episodi, Shoto fosse tornato da lui in passato, cosa mi assicurava che non sarebbe accaduto di nuovo? Non potevo di certo mettergli addosso un cip che mi permettesse di rintracciarlo a tutte le ore.

Guardai di sfuggita il calendario, quell'ammasso di fogli che mia madre aveva insistito che io attaccassi in camera così da non dimenticare eventi importanti come appelli di esami o visite dal dentista che, volontariamente, dimenticavo. Chi è che va volentieri dal dentista? Nessuno. Chi si attaccherebbe un calendario in stanza per non dimenticare gli appuntamenti? Solo mia madre.

Era il 15 di agosto, più comunemente chiamato Ferragosto, e io non avevo organizzato nulla di speciale per quella sera. Di solito andavo al mare con gli amici, un falò trasgressivo, due birrette e si aspettava l'alba, ma quell'anno volevo cambiare la mia routine, volevo che diventasse un giorno da ricordare anche negli anni successivi, un giorno che oggi avrei potuto raccontare con una leggera malinconia.

Volevo uscire con Shoto, ovviamente lui doveva far parte di quel giorno indimenticabile, ma non sapevo se sarebbe stato in grado di alzarsi dal letto dopo la serata appena passata. Aveva bevuto parecchio e già sarebbe stato un traguardo riuscire a farlo alzare per metterlo seduto a tavola per pranzo. Non si prospettava proprio speciale come giornata.

Il cellulare vibrò tra le mie dita e mi richiamò crudelmente alla realtà. Non amavo venir disturbato quando la notte non ero riuscito a dormire. Aprii gli occhi a fatica e, con ancora più fatica, misi a fuoco lo schermo luminoso. Troppo luminoso e doloroso per la cornea.

L'imperfezione della necessitàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora