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Il trasferimento al campus fu più caotico di quanto avrei voluto. Arrivai con la macchina piena di scatoloni e Shinso seduto al lato del passeggero con un borsone sulle gambe. Non gli avevo nemmeno dovuto chiedere di aiutarmi, si era presentato davanti la porta di casa mia e aveva esordito con una frase semplice: "Ti faccio da Caronte per la tua nuova vita". Era raro vederlo prendere iniziative che implicavano il dover poi socializzare con persone probabilmente sconosciute, perché sapeva che, una volta messo piede nel campus, avrebbe potuto incontrare una serie di studenti pronti a chiedergli se fosse lui quello nuovo o no. Da parte mia c'era una lieve speranza che prendessero di mira lui per gli interrogatori tipici che si fanno ai nuovi abitanti del dormitorio. Se me lo avessero chiesto, senza dubbio, avrei indicato lui come nuovo inquilino e mi sarei tirato fuori da quella scomoda situazione lavandomene le mani.

Arrivammo davanti al dormitorio, come al solito ebbi fortuna nel trovare parcheggio proprio davanti all'entrata perché erano in pochi a portarsi la macchina al campus, in fondo, una volta lì, erano rare le occasioni in cui poteva servire un'automobile per spostarsi. Avevamo tutto a portata di mano. Scaricammo la macchina con pazienza e facendo attenzione a non mettere nulla sottosopra con il rischio di svuotare i miei pacchi nel parcheggio. Ogni scatolone aveva una scritta nera sopra perché per mia madre non esisteva la possibilità di impacchettare le cose a caso come avevo fatto io, quindi, una volta tornata a casa e visto il danno che avevo fatto nel preparare la mia roba, aveva riaperto ogni singola scatola, diviso per tipologia di oggetti e richiuso con lo scotch, dopo aver apposto una scritta ben precisa sul lato. Guardai i cartoni con su scritto libri e lenzuola, erano i più pesanti di tutti e decisi che li avrei portati io al piano della stanza.

Dopo un paio di minuti arrivò di corsa Denki con Kirishima, sembravano più emozionati di me, soprattutto il biondo che mi si avvicinò pericolosamente saltellando e provò ad abbracciarmi. Ovviamente mi scansai per evitare le sue braccia e lo ammonii con lo sguardo. Sapeva che con me non doveva esistere contatto fisico di alcun tipo, solo raramente gli permettevo di stringermi, doveva tenersi quei bonus per le occasioni speciali come i compleanni o le festività.

La camera era stata sistemata, per modo di dire, era pur sempre Denki il mio compagno di stanza. Aveva semplicemente spostato il casino dal lato suo e aveva liberato il letto che sarebbe spettato a me. Nonostante il minimo sforzo che aveva impiegato per mettere in ordine, lo ringraziai, perché sapevo che quel gesto significava che Denki aveva atteso con ansia il mio arrivo.

Portammo tutti gli scatoloni al terzo piano, quello sopra a dove si trovava l'alloggio di Kirishima, e dopo averne svuotati la metà, per lo più lanciandoci contro la roba, ci ritrovammo tutti seduti sul pavimento a giocare a carte. Ogni tanto lanciavo occhiate interrogative verso Kirishima per capire se fosse arrabbiato con me per come avevo trattato Shoto o se questo gli avesse raccontato come erano andate veramente le cose in ospedale. Però, da come ricambiava lo sguardo e sorrideva, compresi che Shoto era stato zitto e si era tenuto per sé l'episodio spiacevole avvenuto davanti all'ascensore. Non avevo intenzione di ringraziarlo per la discrezione, ma mi stupii per come fossimo diversi. Fossi stato io al posto di Shoto, avrei raccontato tutto per filo e per segno al rosso e avrei lasciato che la sua furia si abbattesse su di lui.

Shinso si alzò dal pavimento dopo aver perso per la quinta volta di seguito e disse di aver bisogno di sgranchirsi le gambe. Si guardò intorno come se fosse in attesa di qualche domanda, ma nessuno di noi voleva alcuna spiegazione sul motivo per cui avesse bisogno di sciogliere i muscoli delle gambe, anzi, anche a me iniziavano a dolere. Non potevo immaginare che il suo volermi accompagnare al campus e, successivamente, il suo volersi allontanare dalla stanza facessero parte di un piano più grande di cui non sarei venuto a conoscenza per diversi mesi. Shinso conosceva il campus bene quanto me, sicuramente non si sarebbe perso, o almeno così speravo, nel dubbio alzai la suoneria al cellulare e lo posai accanto al ginocchio.

L'imperfezione della necessitàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora