Ci rimanevano solo un paio di settimane prima di dover tornare alla vita da studenti chiusi nel campus. Un po' mi dispiaceva dover assistere alla conclusione dell'estate, ma allo stesso tempo non vedevo l'ora di iniziare questa nuova vita all'università con Shoto al mio fianco. Avevamo deciso di non fare a cambio di camere e compagni di stanza. Io sarei rimasto coinquilino di Denki e lui di Kirishima. Non volevamo disturbare il fragile equilibrio che si era creato tra noi quattro. Sapevo per certo che Kirishima avrebbe fatto il possibile per aiutare Shoto, proprio come io avevo fatto per tutto l'anno con Denki.
Già potevo immaginare le passeggiate per il campus, con le stagioni che trascorrevano cambiando visibilmente le chiome degli alberi sopra le nostre teste, i saluti nei corridoi di prima mattina, con baci fugaci dal sapore ancora intenso per la notte appena passata, i pasti alla mensa tutti insieme, con le risate esagerate di Denki e le carezze sul ginocchio di Shoto nascoste dal tavolo, le serate sotto le coperte a vedere qualche film sul computer, le partite a carte nella sala comune, accompagnate sempre da qualche commento sulla giornata di lezioni appena terminata. Mi stavo anche preparando psicologicamente all'arrivo delle nuove matricole che, sicuramente, sarebbero andate appresso al bicolore nella speranza di scoprire che fosse single, ma rimanendo di stucco nel venire a sapere che, in realtà, era impegnato con me, perché, senza alcun problema, avrei lanciato messaggi silenziosi a chiunque si fosse avvicinato a lui, magari mettendogli un braccio sulle spalle o baciandolo davanti a tutti. Ero pronto a superare a testa alta ogni pregiudizio, a fregarmene dei commenti dietro le spalle. Parlandone con Shoto se ne era addirittura uscito con una battuta dicendo che sarebbe potuto andare in giro con una maglietta con su scritto proprietà di Bakugou Katsuki, battuta che io avevo preso seriamente, informandomi per davvero su quanto potesse costare la stampa su una maglietta. Quando poi, però, gli avevo proposto di comprarla, lui aveva risposto con un sonoro "Col cavolo", zittendomi all'istante.
Pensavo, con il cuore leggero, a quelle giornate che avrei vissuto al campus, ma allo stesso tempo volevo far prolungare il più possibile quelle giornate estive per godermi appieno la bellezza del volto di Shoto baciato dal sole di agosto. Le ciglia avevano la capacità di disegnare delle ombre così lineari sui suoi zigomi da sembrare disegnate con la matita. Le iridi si illuminavano assumendo sfumature invisibili nelle stagioni fredde e il naso gli si arrossava, soprattutto la punta.
Era una sera di metà agosto, camminavo sulla via di casa di Touya, sotto la luce calda dei lampioni, con la mano sottile di Shoto stretta alla mia, gli accarezzavo il dorso della mano con il pollice, mi piaceva dedicargli quelle piccole attenzioni che nessuno oltre a lui poteva notare, era come un monito continuo dell'affetto che ci scambiavamo di nascosto. Lo amavo e non potevo impedirmi di dimostrarglielo ogni singolo giorno, come se il dimenticarmi di scrivergli o di andarlo a trovare a casa del fratello potesse significare un'imminente rottura. Era fresca come relazione la nostra, ma allo stesso tempo desideravo che ci sentissimo entrambi come una vecchia coppia sposata, con le sicurezze che danno solo gli anni passati di convivenza, ma non riuscivo comunque a togliermi dalla testa la convinzione che Shoto non si sentisse ancora sicuro per aprirsi completamente con me. Così, quella sera, con le dita intrecciate alle sue, mi decisi a parlare, di fargli sapere il mio timore più grande.
Erano giorni che non riuscivo a dormire, quando mi sdraiavo sul letto cominciavo a pensare ai modi più astrusi in cui potesse andare tutto storto, mi giravo e rigiravo incartandomi con le lenzuola e non chiudevo occhio, per poi svegliarmi ogni mattina con gli occhi gonfi, rossi e con le occhiaie. Shoto aveva fatto caso alla mia stanchezza, si era mostrato preoccupato, proprio come me quando lui se ne usciva con frasi del tipo "Ho mal di testa" o "Credo di avere la pressione bassa", era inevitabile che io mi preoccupassi, in fondo aveva quasi perso la vita a causa della malattia che, ovviamente, ancora gli scorreva nelle vene, che non aveva sconfitto del tutto, che non avrebbe mai potuto sconfiggere, ma che avrebbe solo potuto tenere sotto controllo. Ma, quando mi domandava se ci fosse un qualche motivo per cui io fossi così stanco, evitavo di dirgli la verità, dicendo che passavo le nottate a giocare a qualche videogame. Nulla di vero, ma non avevo mai avuto il coraggio di dire la verità, non fino a quella sera di metà agosto. Mi ero deciso a parlare finalmente, forse perché la mancanza di sonno era diventata tale da farmi dubitare di trovarmi nella realtà o in un sogno. Forse l'idea di trovarmi in un sogno mi aveva dato il coraggio di aprir bocca ed esporre le mie preoccupazioni.
"Shoto, me lo diresti se avessi intenzione di ritornare da tuo padre?" non ero riuscito a togliermi dalla mente il discorso di Touya, era come se quel ragazzo mi fosse entrato nella testa e in ogni momento possibile mi ripetesse sempre la stessa frase "Shoto è in pericolo", anche se queste non erano state le esatte parole che mi aveva detto quel giorno nel suo appartamento. La mia mente si era divertita a cambiarle, a mutarle in qualcosa che potesse tenermi sveglio e io ero come impazzito nell'udire in continuazione quella frase, quelle quattro parole che messe una dietro l'altra formavano un messaggio che mi terrorizzava tanto da togliermi il fiato in mezzo alle notti, facendomi scattare seduto sul materasso, con il fiatone e una mano a contare i battiti accelerati del cuore. Touya, in realtà, mi aveva detto che il bicolore sarebbe tornato da quell'uomo che inevitabilmente lo avrebbe fatto soffrire, sia mentalmente che fisicamente. Io avevo paura, una paura assurda di perderlo, di non avere modo di intervenire e salvarlo, così mi ero deciso che l'unico modo per rimanergli a fianco fosse essere informato delle sue intenzioni. Non mi mentì perché semplicemente nemmeno lui era a conoscenza di cosa avrebbe fatto.
"Non voglio tornare da lui" mi guardò negli occhi facendomi perdere nelle sue iridi più uniche che rare. Le sue iridi, la ragione per cui avevo deciso di donargli il midollo, ciò che mi aveva fatto innamorare di lui e che mi tirava verso di lui ogni singolo giorno. Erano come una corda legata alla mia vita che non mi permetteva di prendere una strada diversa da quella di Shoto, ma nemmeno lo volevo, le mie intenzioni erano rimanere sempre al suo fianco.
"Siamo arrivati" ruppe il silenzio che si era creato dopo la sua risposta, quando ci ritrovammo davanti al citofono dell'appartamento dove ormai viveva con i fratelli. La sua risposta non mi aveva tranquillizzato come avevo sperato, ma un minimo di sicurezza me l'aveva data: lui non aveva ancora programmato di rivedere il padre e tanto mi bastava per provare a riprendere sonno una volta a letto.
Alzai il viso e guardai le finestre tutte impilate una sopra l'altra, alcune erano illuminate dalla luce artificiale interna agli appartamenti, altre erano buie e non lasciavano trasparire alcuno sprazzo della vita delle famiglie che occupavano quelle abitazioni. Sospirai, lasciarlo andare, anche se per poche ore, era sempre difficile. Avrei voluto poter stare con lui più tempo possibile in quelle ultime settimane di vacanza. Sentivo il bisogno di viverlo, letteralmente, di respirarlo, di toccarlo, di guardarlo, di renderlo parte di me. Non avrei mai creduto possibile una mia dipendenza da una persona, soprattutto non avrei mai pensato di diventare dipendente dallo stronzo della macchinetta. Eppure, eccomi lì, che non riuscivo a strecciare le mie dita dalle sue e che facevo giri mentali il più in fretta possibile per trovare un argomento di cui parlare prima di lasciarlo, così da occuparlo ancora un po'.
Guardai al volo il cellulare nella speranza di trovare una risposta su quello schermo piatto e mi ricordai di un messaggio che avevo ricevuto la mattina e che avevo ignorato fino a quel momento, o meglio avevo preferito non parlarne con Shoto. Era arrivato il momento di parlare al bicolore di quel messaggio, almeno avrebbe voluto dire rubargli qualche altro minuto prima di tornare a casa da solo.
"Allora ci vediamo domani, Shinso mi ha detto che si sta vedendo con qualcuno e che gli piacerebbe riallacciare i rapporti con entrambi. Ha proposto una serata tranquilla al pub se per te non è un problema" non sapevo come fosse stata la rottura tra i due, non sapevo se Shoto ci stesse male o se gli potesse far piacere riallacciare i rapporti con il suo ex. Non avevo mai avuto il coraggio di tirare fuori l'argomento perché avevo paura che, fargli tornare in mente i ricordi della sua relazione passata, potesse farlo accorgere di quanto fosse scadente quella che aveva instaurato con me, di relazione.
La paura che potesse ancora provare qualcosa per lui era insita in me, continuavo a domandarmi se ciò che provava quando era in mia compagnia era al pari di ciò che aveva provato con il mio amico dalle sfumature viola. Volevo bene a Shinso, ma amavo Shoto, probabilmente, se ci fosse stato il pericolo che Shoto potesse innamorarsi di nuovo di lui, avrei preso le distanze da Shinso, di nuovo, e mi sarei portato via il bicolore. Non mi sarebbe importato dell'amicizia, lo ammetto, in quel momento Shoto aveva tutte le mie attenzioni. Il bicolore era diventato la mia priorità su chiunque altro, probabilmente anche su mia madre e mio padre. Era così che ci si sentiva ad avere di fianco qualcuno la cui vita era più importante della tua stessa sopravvivenza?
Lui mi guardò leggermente confuso, inarcò quel suo sopracciglio color latte, ancora non gli avevo chiesto se fosse incapace ad alzare quello rosso. Non mi diede una conferma, disse semplicemente che ci avrebbe pensato e questo fatto mi lasciò ancora più perplesso sulla loro rottura. Sapevo che era stato Shoto a lasciare Shinso, ma poteva pentirsene, poteva voler tornare indietro. Avevo il cuore a mille per il timore di tornare indietro. Tornare a stare da solo. Non sapevo nemmeno più come si camminasse senza tenere la mano di Shoto.
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L'imperfezione della necessità
FanfictionQuando odi una persona le auguri i peggiori mali al mondo, ma, quando scopri che nasconde un segreto e che il male vive accanto a lui, tutte le tue certezze crollano e vorresti solo esser rimasto all'oscuro di quel pesante segreto. Una enemies to l...