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Quando quella sera passai di nuovo al campus per vedermi con Kirishima, mi portai dietro anche Denki che ancora non si era ritrasferito al campus dopo la pausa universitaria. Ci metteva sempre più degli altri a tornare alla vita da studente fuorisede, come se per lui stare a casa con la madre fosse una vacanza e il campus l'anno scolastico, non importava il fatto che dovesse studiare anche a casa sua, lui si rilassava quando stava dalla madre, a meno che non fosse presente anche il padre, quando succedeva lo capivamo perché Denki smetteva di chiamare a casa e di andare a trovare la madre a fine mese. Ancora scappava da quell'uomo che aveva l'abitudine di chiuderlo a chiave in camera sua e non mi sarei stupito se avessi scoperto che anche a ventitré anni veniva maltrattato dal padre, non aveva modo di sfuggirgli e io non sapevo come proteggerlo.

Quella sera avevo deciso di invitarlo perché sapevo che quel ragazzo aveva la capacità di mettere allegria qualsiasi fosse la situazione, era come un dono il suo, un porta allegria personale per noi che lo conoscevamo. Stranamente trovammo la porta chiusa, capitava molto di rado, soprattutto quando Kirishima aveva accumulato talmente tanto disordine da arrivare a vergognarsi con gli altri ragazzi del campus, e così bussai un paio di volte. La porta si aprì e degli occhi spaiati mi guardarono con un velo di stanchezza. Ancora non sapevo quanto spesso avrei visto quelle iridi apparire dallo spiraglio della porta e quante volte sarebbero risultate nascoste dalla stanchezza.

"Kirishima è sotto la doccia" ed ecco spiegato perché la porta era stata chiusa, il rosso non c'era. Il bicolore stava per richiudere la porta, ma Denki senza che io me ne accorgessi aveva già allungato la mano verso l'anta di legno per impedirgli di finire il movimento. In quel momento, l'istinto di tagliargli la mano si impadronì di me, ma mi trattenni anche dall'afferrargli il polso. Rimasi fermo a vedere come quel bicolore avrebbe reagito all'allegria di Kaminari.

"E tu sei pronto?" chiese il biondo. Io lo fulminai, ma non se ne rese conto, quasi fossi invisibile. Gli posai una mano sulla nuca, proprio dove iniziava l'attaccatura dei capelli, e strinsi piano. Sapevo che quel gesto faceva rabbrividire Kaminari e speravo che in quel modo comprendesse il messaggio che stavo cercando di lanciargli.

"Io non esco" rispose Shoto, che provò di nuovo a chiudere la porta ma invano, perché il mio amico non sembrava voler spostare la mano dall'anta. Evidentemente non aveva nemmeno capito i segnali che stavo cercando di inviargli tramite gli sguardi e i gesti.

"Invece sì, dobbiamo esserci tutti, per Kirishima devi uscire anche te" finalmente gli presi il braccio e lo feci voltare verso di me.

"Tutti chi?" chiesi inarcando un sopracciglio. Io pensavo saremmo stati solo noi tre, come i vecchi tempi. Non avevo idea di cosa avesse organizzato quel canarino dal carattere energico.

"Beh" sembrò pensarci un attimo e poi concluse la frase "Siamo io, te, Izuku, Shinso e qualcun altro"

"Definisci qualcun altro" ringhiai, ma Denki, che era abituato al mio carattere leggermente scorbutico, non sembrò preoccuparsi di nulla, quasi ignorò il mio tono.

"Qualcun altro, non devi preoccuparti" mosse la mano per aria come a volermi scacciare come fossi una mosca fastidiosa. Mi voltai verso Shoto e lo guardai mentre sembrava voler trovare una scusa plausibile per non uscire con noi. Lo capivo, anche io avrei accampato una scusa per non uscire se avessi saputo che Denki avrebbe invitato tutta quella gente.

"Vedo che siete arrivati" la voce di Kirishima ci fece girare tutti, era dietro di noi e aveva i capelli grondanti e un asciugamano legato in vita. Lo osservai, sapevo che non era un ragazzo molto veloce a prepararsi, così decisi di superare Shoto e andarmi a sedere sul letto del rosso. Le lenzuola ovviamente erano arrotolate sul fondo e della figura del supereroe se ne poteva giusto intuire la forma, però i vestiti che occupavano il letto quella mattina erano spariti, probabilmente erano stati ammucchiati in fondo all'armadio, ma non potevo pretendere di più da quel ragazzo, di solito si impegnava a rimettere tutto in ordine dopo aver sostenuto l'esame.

"Non ci mettere troppo"

"Tranquillo, ho già deciso cosa indossare" sapevo che il fatto che avesse scelto già i vestiti non era un grande punto a favore. Ero più che consapevole che avrebbe cambiato idea almeno altre sette volte per poi tornare sui propri passi e indossare proprio quegli indumenti che stava tirando fuori dall'armadio in quel momento. Mi sdraiai poggiando la testa sul cuscino e mi posizionai in modo tale da avere la visuale sull'intera stanza. Denki sfogliava l'agenda del rosso e ogni tanto ci scriveva qualcosa, Kirishima, come avevo previsto, provava diversi abbinamenti di felpe e pantaloni, mentre Shoto afferrò uno dei libri sul comodino, che notai con soddisfazione essere uno che avevo già letto, e cominciò a sfogliarlo, facendo attenzione, con la schiena poggiata contro il bordo della scrivania. Dedussi che avesse detto la verità quando, appena ci aveva visti oltre la porta, aveva espressamente detto che non era sua intenzione uscire.

Un'ora dopo, mi alzai dal letto sbuffando e, prendendoli per il colletto, riuscii a portar fuori da quella stanza sia Kirishima che Kaminari. Ci stavamo per chiudere la porta dietro le spalle quando entrambi i miei amici si voltarono e allungarono le mani verso il bicolore che era rimasto con i fianchi poggiati contro la scrivania.

"Se non sbaglio non è stata una buona giornata nemmeno per te, hai bisogno forse più di me di svagarti" sentii il rosso, ma non lo guardai, stavo osservando Shoto e la sua reazione. Trasalì leggermente nel sentire il compagno di stanza parlare, ma poi lo vidi chiaramente nascondere un mezzo sorriso dietro la mano. Si fece scivolare il cellulare in tasca, poggiò con cura il libro sul comodino e ci seguì in corridoio. Andammo tutti e quattro al pub vicino al campus, quello dove conoscevamo il barista e dove ci davano spesso le patatine gratis. Sembrava il punto di ritrovo per tutti gli studenti che vivevano in quel college e che la sera non volevano prendere la macchina così da avere la piena libertà di ubriacarsi senza rischiare la vita guidando. Rispettavo quella loro scelta, anche io ero dell'opinione che fosse sempre meglio rimanere in zona, così da potersi muovere agevolmente senza prendere mezzi o macchine, soprattutto se vicino al campus c'era un pub così ben fornito in quanto birre artigianali e non. Era lì che avevo trovato la mia birra preferita, non aveva un nome, il barista la chiamava semplicemente latte degli adulti perché sosteneva che, come i bambini per crescere hanno bisogno del latte, gli adulti per sopravvivere hanno bisogno della birra. E come dargli torto? Io ero sicuramente uno di quelli che aveva bisogno di bere alcool per sopravvivere in mezzo alle persone.


"E così tu sei il nuovo compagno di stanza di Kirishima" Shinso era solito mantenere una certa distanza con gli sconosciuti. Non lo avevo mai visto interagire con qualcuno che non fossimo noi, i suoi amici del liceo. Aveva sempre avuto un carattere un po' guardingo nei confronti delle persone e potevo comprenderlo visto la classe in cui era finito. Al liceo aveva avuto talmente tanti problemi con i propri compagni di classe che a metà del terzo anno aveva chiesto il trasferimento diventando a tutti gli effetti un nuovo alunno della nostra sezione, nonché mio compagno di banco. Nella nostra classe era stato accettato subito, ma lui non era andato oltre al fare amicizia con me, Kirishima e Denki. Aveva deciso che gli bastavamo noi come amici e io ero più che d'accordo con lui.

"Shoto" si presentò il bicolore e mi resi conto che con me non si era mai presentato personalmente, ma solo tramite il rosso. Fino a quella sera non avevo mai sentito pronunciare il suo nome dalla sua stessa bocca, sembrava avesse un suono diverso, come se tutti gli altri sbagliassero un accento o la fluidità delle lettere, sembrava lo pronunciasse con tonalità più severa.

Era solo colpa di Kirishima se dovevamo portarcelo dietro, fu questo il mio pensiero quando mi resi conto che quel ragazzo dai colori alternati avrebbe potuto iniziare a far parte della comitiva.

Portai al tavolo i boccali ricolmi di birra e scoprii mio malgrado che l'unico posto lasciato libero era proprio accanto al bicolore. Fulminai Kirishima, l'unico che avrebbe dovuto sedersi lì e lui sembrò scusarsi con lo sguardo, come se davvero gli dispiacesse il fatto di avermi messo in una posizione scomoda. In realtà sospettavo che avesse volontariamente fatto in modo che io capitassi accanto al bicolore così che risanassimo i rapporti, anche se non eravamo mai stati amici e quindi non c'era nulla da risanare, piuttosto avremmo dovuto crearlo lì il legame, ma non successe nemmeno quella sera. Mi lasciai cadere sulla sedia di legno e impugnai con cattiveria il manico del boccale. Sentii un grazie sussurrato alla mia destra, ma lì per lì pensai di essermelo immaginato. Solo più avanti scoprii che Shoto aveva difficoltà a ringraziare quando un favore gli veniva fatto malvolentieri. E solo molto tempo dopo scoprii che non si aspettava mai nulla dalla vita, che ogni piccolo favore o benevolenza per lui erano una sorpresa inaspettata.

L'imperfezione della necessitàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora