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Mi trovavo in stanza di Kirishima, ero sdraiato sul suo letto e tenevo il braccio sopra gli occhi. Mi bruciavano, non avevo pianto perché mi sarei ritenuto uno stupido a piangere per una decisione presa da me, ma gli occhi bruciavano comunque, come se si stessero lamentando per avergli impedito di versare le lacrime.

"Secondo me hai fatto una stronzata" la voce di Kirishima mi arrivò chiara e io strinsi le labbra per impedire a me stesso di dargli ragione. Mi ero precipitato da lui dopo aver abbandonato Shinso al bar. Sapevo che Shoto sarebbe tornato al campus il giorno dopo, quindi non rischiavo di incontrarlo. In quel momento, il rosso era l'unica persona con cui ero disposto a parlare, ma era anche l'unico che mi avrebbe detto cosa pensava senza peli sulla lingua. Probabilmente mi avrebbe fatto bene una strigliata coi fiocchi, di quelle che mia madre mi riservava quando da piccolo mi divertivo a lanciare i sassi contro i passanti sul marciapiede dal balcone. Credo che il mio odio per il genere umano fosse evidente già a cinque anni.

"È la mia vita, sono libero di prendere le decisioni che voglio"

"Non quando le tue decisioni sembrano essere un sabotaggio nei confronti della tua stessa vita" sentii un tonfo e percepii il fianco del rosso premere contro la mia coscia. Si era seduto anche lui sul suo letto e probabilmente mi fissava, non potevo averne la certezza, tenevo ancora il braccio sugli occhi chiusi. Credo mi stessi illudendo di potermi estraniare dalla realtà ancora una volta, anche se, in realtà, non ci ero mai riuscito.

"Tu non puoi capire"

"Perché?"

"Perché tu hai Denki" sapevo che si erano messi insieme durante le vacanze di Natale, me lo avevano scritto entrambi. Erano euforici, si erano baciati sotto il vischio. Patetici, avevo pensato leggendo i loro messaggi deliranti. Avevo iniziato a sospettare che il loro legame fosse più profondo di una semplice amicizia quando, il giorno in cui eravamo tornati dalla settimana bianca, Denki era sceso davanti casa di Kirishima e aveva detto che sarebbe rimasto lì. In più, devo ammettere che il modo in cui riuscivano a comunicare fosse eccessivamente silenzioso, come se fossero su una lunghezza d'onda completamente differente da quella di chiunque altro. Loro si capivano con degli sguardi, potevano compiere interi discorsi rimanendo zitti.

Spostai il braccio di pochi millimetri e lo guardai da quello spiraglio che mi ero creato da solo.

"Non significa nulla, anche se fossi stato fidanzato avresti preso le distanze da Shinso. Non capisco proprio questo tuo volerti impuntare. Perché non puoi accettare che stiano insieme e che siano felici? A meno che..."

"A meno che?" mi tirai su a sedere e lo guardai confuso. Stava per darmi la soluzione? Stava per capire il perché del mio comportamento? Sperai davvero che potesse tornarmi utile la mia decisione di correre da lui dopo aver parlato con il viola.

"A meno che tu non voglia stare con uno di loro due ed è per questo che hai tirato in ballo la mia relazione con Denki, perché credi che potresti avere con uno di loro ciò che io ho con Denki"

Mi ributtai indietro, portando di nuovo il braccio sugli occhi. Il cuscino accolse la mia testa pesante e la stanchezza, sia mentale che fisica, mi portò ad un silenzio lungo diversi minuti. Un silenzio solo esterno perché nella mia mente, invece, c'era più confusione che mai, come se ci fossero decine di bambini urlanti.

Le settimane successive si somigliarono un po' tutte. Rimanevo chiuso in stanza, ripensavo a ciò che avevo detto a Shinso, mi immaginavo lo scenario nella mente, ripetevo il discorso e ne elaboravo di nuovi, come se in quel modo potessi lenire un po' il dolore. Cercavo di illudermi di essermi sbagliato quando avevo notato le lacrime nei suoi occhi, che fosse stato solo un gioco di luce e nulla di più, ma più riportavo a galla quell'episodio e più mi sentivo svuotare.

L'imperfezione della necessitàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora