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L'ospedale aveva sempre lo stesso odore pungente, fastidioso, opprimente e impregnante. Avrei voluto avere a portata di mano una di quelle fialette che si usano per far rinvenire le persone svenute così da coprire quell'odore che mi riportava alla mente il giorno in cui avevo passato ore in un corridoio vuoto in attesa che qualcuno mi dicesse se Shoto era ancora vivo o no. Anche in quel momento ero in attesa di notizie riguardanti quel ragazzo, ma stavolta si trattava del mio ragazzo, avevo tutto il diritto di irrompere nella stanza e urlare in faccia ai medici.

Quando poi uscì il giovane medico che, una volta arrivati in ospedale, aveva preso in cura il bicolore, lo vidi puntarmi, come se riuscisse a percepire i miei pensieri e avesse compreso che io ero il fidanzato di Shoto e che dovevo sapere se stesse bene.

"Sei tu Bakugou?" conosceva il mio nome, non sapevo come fosse possibile, ma sapeva come mi chiamavo. Annuii e mi avvicinai rapidamente, compiendo dei lunghi passi e ritrovandomi esattamente di fronte a quel giovane medico vestito con un green verde che riportava delle leggere macchie sul davanti.

"Il ragazzo che hai portato, come ha fatto a ridursi in quello stato? Chi è stato a massacrarlo in quel modo?" era giovane, non aveva mezze misure per rivolgersi a me, forse perché avevamo pochi anni di differenza. Digrignai i denti perché sospettai che lui mi stesse accusando di qualcosa che mai nella vita avrei fatto.

"Se le dicessi che il padre di quel ragazzo lo picchia sin da piccolo, lei ci crederebbe?"

"Sì"

"E se le dicessi che quel pezzo di merda è un vostro chirurgo?"

Lui sgranò gli occhi, lanciò un'occhiata alla porta della stanza dove si trovava Shoto, come se stesse cercando di capire a chi assomigliasse quel ragazzo e poi inspirò profondamente.

"Hai delle prove?" io abbassai la testa, come se il collo avesse smesso di compiere il proprio lavoro e avesse affermato il proprio licenziamento. Prove, come potevo avere delle prove? Quell'uomo aveva picchiato Shoto quando non c'era nessun altro nei paraggi, lo aveva ridotto in uno straccio insanguinato e se ne era andato, sfoggiando il proprio potere da chirurgo di fama mondiale. No, non avevo prove e temevo che mai le avrei potute avere perché l'unico modo sarebbe stato far avvenire uno scontro con Shoto davanti a qualcun altro.

"Non mi crede?" chiesi, stringendo i pugni. Se nemmeno il medico era dalla parte del bicolore, dove avrei potuto trovare un sostegno tale da far temere ad Enji Todoroki di rischiare la propria carriera?

"Non sono io a doverti credere, ma un avvocato. Io so che non sei stato tu, lo posso dedurre dalla stazza, quelle percosse, i danni subiti dal ragazzo non puoi averglieli procurati tu, ma dubito che qualcuno possa credere alla voce di un ragazzo, quando quello accusa un medico rinomato"

"Cosa devo fare secondo lei?" ero esasperato, terrorizzato che quell'uomo non se ne sarebbe mai andato dalla vita del mio ragazzo. Volevo trovare una soluzione che potesse trarre in salvo Shoto.

"Stare accanto al tuo amico per il momento e poi parlarne con lui e capire che fare"

Alzai di scatto la testa e lo guardai negli occhi, come se quell'uomo fosse apparso all'improvviso davanti a me.

"Ragazzo, è il mio ragazzo" lo corressi perché per me era inconcepibile che qualcuno supponesse che fossimo solo dei banali amici. Noi eravamo amanti, ci scambiavamo respiri e carezze. Noi eravamo una coppia ed era compito mio proteggere Shoto da tutto, anche dal suo stesso padre.

"Va bene" si girò per tornare nella stanza dove si trovava il bicolore, ma si fermò di scatto, sperai che si fosse reso conto di non avermi informato sulle condizioni del suo paziente, ma invece mi porse un cellulare.

L'imperfezione della necessitàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora