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Poi mi sveglio di notte con gli incubi in testa
E una valigia già piena
Gazzelle

Madeleine

Il tempo scorreva veloce, e le giornate si allungavano poco alla volta, lasciando venire fuori dei bellissimi tramonti che io e Paulo amavamo guardare, quando ne avevamo modo, dal monte dei cappuccini.
Febbraio era passato veloce, e con lui anche tutto ciò che aveva rappresentato. Avevamo accolto in casa Bowen, un pazzo scalmanato che adorava dormire in braccio a Paulo e rincorrere i primi insetti che iniziavano a spuntare. Marcel e Kaia si erano abituati subito al nuovo coinquilino, e anzi, avevano legato subito.

Poi a San Valentino avevo fatto una sorpresa a Paulo, portandolo in una spa a Milano per un pomeriggio e una notte, e lui era letteralmente impazzito. Ci eravamo rilassati e divertiti allo stesso tempo, trovando dei momenti solo nostri che avremmo ricordato per sempre.

Le cose si erano fatte ben presto più frenetiche. Paulo aveva pian piano ripreso ad allenarsi meglio ed era tornato a farlo con il pallone dopo tanto, e le sedute si erano intensificate, mentre io avevo preso una supplenza in una scuola a Torino, per due mesi, e i miei pomeriggi si erano immediatamente riempiti di lezioni di pianoforte in una scuola media.
Paulo era stato felice, ma il tempo insieme era diminuito, e spesso tornavamo a casa entrambi esausti.

Marzo era arrivato prepotentemente, e con lui casa nostra si era riempita. Erano arrivati infatti prima i miei genitori e poi Alicia e Mariano, che si erano fermati due settimane.

Verso il venti del mese ero tornata casa da lavoro poi, stanca morta. Erano le sei di pomeriggio inoltrate e Paulo non era ancora rientrato dagli allenamenti, quando avevo iniziato ad avere freddo.
Non era normale, a casa, visto che Paulo era fissato con i riscaldamenti, al punto da poter girare in mutande anche a gennaio. Avevamo anche discusso una marea di volte per quel motivo, ma era stato impossibile smuoverlo dalla sua idea, e alla fine avevo lasciato perdere, perché Paulo aveva la testa dura.

A quel punto, colta da quei brividi, ero scappata in bagno e avevo aperto lo sportello dei medicinali. Avevo cercato un po', prima di trovare finalmente il termometro. Sotto lo sguardo attento di Bowen, Kaia e Marcel, lo avevo scaricato e lo avevo posizionato sotto l'ascella. Avevo controllato l'ora sul telefono, e poi avevo aspettato cinque minuti. Avevo scritto a Paulo nel frattempo, dicendogli di essere quasi certa di avere la febbre.

Quando poi avevo preso il termometro avevo confermato i miei sospetti. Trentotto e mezzo di febbre, che però non mi avevano frenata dal salire in macchina e dirigermi direttamente verso il drive-in dei tamponi, fortunatamente ancora aperto. Mi ero messa in coda, e dopo mezz'ora mi avevano mandata via con un foglio che attestava che fossi positiva. A quel punto avevo chiamato Paulo, che era andato subito nel panico, immaginando probabilmente quello che aveva vissuto lui un anno prima.

Alla fine, una volta arrivata a casa, Paulo si era fatto trovare davanti al cancello con la macchina e i finestrini chiusi. Arrivato a casa da poco infatti, appena aveva ricevuto la mia chiamata avevamo deciso di dividerci. Lui aveva preso il necessario per un paio di settimane ed era uscito da casa, dove sarei rimasta io. A quel punto ci eravamo salutati a distanza, e Paulo si era diretto verso il Jhotel, dove avrebbe passato quei giorni. Avrebbe trascorso quei giorni nella sua stanza, da solo, visto che non erano in ritiro, e aveva chiesto il favore allo staff, che, pur di non vederlo di nuovo positivo, aveva accettato di buon grado quella soluzione.

E così ci eravamo trovati a casa io, Kaia, Marcel, Bowen e i tre pesci rossi che imperterriti resistevano ancora, nel loro acquario nel salone.

I primi tre giorni erano passati velocemente. Con la scusa di essere a casa da sola e non avere nulla da fare avevo sistemato la cabina armadio e avevo dato una sistemata anche alla sala del pianoforte, tirando fuori finalmente i libri che avevo portato da casa mia a gennaio e sistemandoli sulle mensole. Avevo poi riorganizzato la cucina, ottimizzando gli spazi e dando una pulita generale. Dopo tre giorni però le stanze da sistemare erano finite, e la casa era talmente lucida e pulita che servivano quasi gli occhiali da sole per guardarla. A quel punto le mie giornate si erano incredibilmente allungate e appesantite.

Million Reasons||P.D.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora