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And your smile, your smile is like the stars, illuminates the dark

Benson Boone

Paulo

Gennaio era stato una montagna russa. Dopo un capodanno memorabile, il primo insieme a Maddie, c'era stato l'infortunio. Lo avevo vissuto male, ma alla fine Madeleine aveva saputo tirarmi su.
Avevamo trascorso molto tempo insieme e avevamo imparato a convivere con il mio nervosismo, di cui mi pentivo ogni giorno.

Il viaggio a Roma, per quanto turbolento, aveva fatto bene ad entrambi, anche se la voglia di spaccare il setto nasale a quel Marco, Mario o Mirko, come si chiamava, non mi sarebbe probabilmente mai passata. Allo stesso tempo sapevo che Madeleine mi avrebbe disintegrato, e avevo deciso di calmare i miei bollenti spiriti.
Era servito però quel breve viaggio per assestare un po' il nostro umore dopo l'infortunio, e sicuramente anche per farci rendere conto ancora di più dell'amore che provavamo l'uno per l'altro.

I giorni seguenti poi erano stati tranquilli e spensierati, fino alla partita a Milano dei ragazzi, che ci aveva reso tutti un po' nervosi. Mi aveva fatto stare male non poter aiutare la mia squadra, non poter essere lì a lottare con i miei compagni, ma alla fine era andata come doveva andare. Il diciotto gennaio poi, in mezzo allo sconforto della sconfitta era arrivata la notizia che Madeleine non fosse entrata nell'orchestra della Scala di Milano, per una questione puramente legata alla situazione pandemica in corso. Non avevano eventi a breve termine in programma, e prenderla per tenerla ferma mesi sarebbe stato inutile. Lei era comunque rimasta scontenta, come era giusto che fosse, ma le era stato promesso, come aveva già fatto il direttore d'orchestra, che appena risolta la situazione si sarebbero fatti risentire.

Io l'avevo consolata e stretta a me, e le avevo promesso che, qualora la situazione non si fosse risolta, avremmo cercato insieme qualcos'altro del genere per lei. Intanto, nonostante lei si fosse arrabbiata un po' quando glielo avevo proposto, la società l'aveva contattata per un evento organizzato insieme agli sponsor. Non potendo fare la cena di natale infatti la società aveva organizzato una sorta di cena post chiusura del mercato, che avrebbe ospitato noi giocatori della prima squadra maschile e femminile e i relativi accompagnatori.

-Non voglio fare la raccomandata.- mi aveva detto, e mi era toccato spiegarle che non era assolutamente raccomandata, e che non ero stato io a combinare nulla del genere. Semplicemente parlando con un membro dello staff tecnico del mister mi ero lasciato scappare il fatto che Maddie suonasse il pianoforte divinamente, e lui, gasato al massimo, non aveva perso l'occasione di riferire la cosa agli altri membri dello staff, che lo avevano poi riferito a loro volta al mister e anche al presidente e ai suoi colleghi.
Morale della favola, giorno diciannove gennaio, il presidente in persona era venuto a trovarmi durante una delle sedute di fisioterapia, e mi aveva chiesto di riferire di tale invito alla mia dolce metà.

Il venti gennaio c'era stata la finale di Supercoppa contro i napoletani. L'avevo vista in panchina insieme ai ragazzi, pronto ad esultare e saltare con loro in caso di vittoria. Avevamo poi portato a casa la coppa, ed eravamo stati felici di rivivere dopo qualche mese dall'ultima volta un momento del genere. Non importava che fosse una coppa forse meno importante rispetto ad altre, perché eravamo felici di aver conquistato qualcosa tutti insieme.

Avevo ricevuto un messaggio di congratulazioni da Miralem, Douglas e anche da Gonzalo, che si godeva l'America con la sua compagna e la loro bimba, e li avevo accettati di buon cuore, anche se sapevo di non aver contribuito poi molto.

Il primo febbraio poi avevamo avuto la famosa cena. Io avevo indossato il completo elegante fornitoci dalla società, che ci voleva comunque nel loro completo di rappresentanza, mentre Madeleine mi aveva lasciato a bocca aperta.
L'avevo aspettata in salone infatti, una volta pronto, mentre lei finiva di sistemarsi, e quando era scesa dalle scale avevo rischiato di lasciarci la pelle.
Indossava un vestito color argento, lucido, a sirena, a maniche lunghe. La schiena, scoperta, era abbelita da un ciondolo del vestito che le scendeva tra le scapole, e sul davanti si apriva un leggero e non troppo volgare spacco, che lasciava intravedere meglio le sue scarpe argentate con il tacco. I suoi capelli rossi e stranamente lisci erano raccolti in un'acconciatura bassa, con due ciocche che le ricadevano sul viso, lasciando spazio a due orecchini in argento che le pendevano dalle orecchie. Il trucco, realizzato abilmente da una make-up artist che le aveva consigliato Annekee, le metteva in risalto gli occhi chiari.

Million Reasons||P.D.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora