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Ti vorrei curare ogni ferita che ti sanguina, a costo di rischiare di cadere in una trappola.
Blanco

La mia vita a Torino a metà dicembre sembrava già più che avviata.

A due giorni dal mio arrivo in città infatti avevo ricevuto la prima chiamata da una scuola media della zona, che aveva bisogno di un'insegnante di pianoforte per due settimane, in mancanza del professore di cattedra, costretto a casa dal virus.

Avevo quindi iniziato a lavorare a pieno carico per quelle due settimane, e avevo iniziato a vivere quella che era davvero la mia vita di tutti i giorni con Paulo.
Avevo imparato a notare dettagli che normalmente non avrei minimamente calcolato, come la quantità infinita di mate che Paulo consumava settimanalmente. Ne beveva in quantità industriale, soprattutto perché lo calmava, e perché a detta sua gli ricordava tanto la sua adolescenza a Laguna Larga.

Paulo aveva in ogni caso un enorme senso di responsabilità.
Mai uno sgarro alla dieta, mai un minuto di ritardo agli allenamenti e esercizi anche a casa, nella palestra che lui stesso aveva tanto voluto. Avevo dovuto dire addio a malincuore alle schifezze e alla pizza un giorno si e l'altro pure, ma mangiare bene avrebbe potuto farmi solo stare meglio.
Paulo poi mi aveva proposto poi, dopo una decina di giorni, di allenarci insieme qualche volta.
Io avevo accettato, a patto che non fosse troppo spietato, e all'inizio aveva anche funzionato, fino a che non avevo iniziato a fare yoga insieme ad Annekee e Alice.

Io e Paulo comunque passavamo un sacco di tempo insieme, e quando capitava di avere un po' di tempo libero solitamente andavamo in giro come turisti, o semplicemente passavamo il pomeriggio a casa nostra o a casa di qualcuno. Capitava che, di tanto in tanto, giocassimo ancora insieme alla playstation, con i giochi più assurdi, e ridevamo un sacco.

Dopo tre giorni dal mio arrivo poi era arrivata la neve, e avevo adorato vedere Paulo, Kaia e Marcel giocarvi in mezzo come dei bambini. Ero decisamente meno abituata rispetto a loro, nonostante comunque per me non fosse una novità, e avevamo passato una giornata intera a fare gli angeli sulla neve, o semplicemente a fare a lotta a palle di neve.

Le cose tra noi andavano alla grande. Avevamo passato metà del tempo trascorso insieme a ridere, e l'altra metà del tempo aggrovigliati un po' ovunque.

Paulo era abbastanza sereno, anche se sentivo quanto poco fosse fiero di se stesso nell'ultimo periodo. Sembrava non arrivare mai a quel goal che tanto cercava da inizio stagione ormai, e sapevo in cuor mio che prima o poi sarebbe crollato. Proprio per tutto ciò che sapevo sarebbe successo evitavo di lasciarlo solo, e anzi, non lo avevo mollato nemmeno un secondo.

Poi finalmente nella partita contro il Genoa era arrivato quel tanto atteso tiro in porta, e quanto mi aveva fatto piangere, quel pazzo del mio fidanzato.
Paulo, al cinquantasettesimo minuto si era trovato solo con la palla tra i piedi a poca distanza dalla porta. Aveva sorpassato un paio di giocatori e poi aveva tirato.
Non avevo esultato fino a che non avevo visto la rete gonfiarsi, e Paulo correre felice, poco prima di essere seppellito dai suoi compagni in un caloroso abbraccio. Annekee, seduta al mio fianco, aveva iniziato a saltare insieme a me, e avevamo mandato un video a Paulo poco dopo, nonostante sapessi che lo avrebbe visto più tardi, con la mia reazione.

La partita poi si era conclusa bene, e Paulo, appena tornato al goal, era rientrato a casa più euforico che mai.
Erano stati ancora più spensierati, quei tre giorni, durante i quali avevamo fatto l'albero di Natale, e ci eravamo divertiti come due bambini. Era stato stupendo fino alla partita con l'Atalanta, che aveva cambiato le carte in tavola.

Paulo dal giorno prima della partita si era sentito poco bene, e se il mister non aveva già l'intenzione di farlo partire titolare, si era ritrovato a farlo entrare  gli ultimi minuti.
Paulo non lo aveva accettato di buon grado tale decisione, ed era tornato a casa nervoso e infastidito. Poi il giorno dopo mi era preso un colpo, quando Paulo era rientrato a casa prima, con una gamba fasciata.
Si era buttato sul divano, e io avevo cercato di calmarmi dallo spavento, mentre lui mi spiegava che alla fine non era niente di che, ma solo un tranquillissimo affaticamento.
Qualcosa che avrebbe potuto gestire senza problemi, alla fine dei conti.

Million Reasons||P.D.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora