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Resti con me,
quando fuori piove?
DANDY TURNER

Paulo

Lanciai il telefono sul letto, con zero voglia di affrontare l'allenamento pomeridiano. Che mi aveva convocato a fare, il mister, se intendeva lasciarmi in panchina? Ero pronto, e morivo dalla voglia di tornare a giocare, ma sembrava impossibile.

Me lo aveva detto quella mattina. Era ormai una settimana che ero stato reintegrato con la squadra, e avevo sentito il suo occhio vigile seguirmi durante tutti gli allenamenti e le partitelle.
Avevo segnato in allenamento, e quanto mi ero divertito nel farlo, ma non era bastato.

Non pretendevo di partire titolare. Dopo due mesi fuori dal campo ero consapevole di avere al massimo quaranta minuti nelle gambe, ma sarei potuto entrare benissimo a metà del secondo tempo, magari anche solo per riprendere familiarità con il campo vero e proprio.

Ne avevo anche parlato con il secondo del mister, ma anche lui la pensava allo stesso modo e non avevo potuto fare più nulla.
Avevo visto Alvaro avvicinarsi a me, ma semplicemente mi ero andato a rifugiare nello spogliatoio del centro allenamento, prima di riconoscere il passo svelto di Rodrigo.
-Mi spieghi che hai?- mi aveva chiesto nella nostra lingua madre, abbastanza preoccupato.
-Nulla. Torna ad allenarti.- gli avevo risposto. Era quello che facevano i senatori, no? Incoraggiare i compagni.

-Paulo, cosa ti prende? È da quando sei arrivato che non parli con nessuno. È successo qualcosa?- mi aveva chiesto, insistente.

Avevo fatto finta di non sentirlo, e mi ero alzato dalla panca su cui ero seduto, prima di andarmene in camera mia. Quella delle camere era stata sempre una cosa geniale.

Era stato così che mi ero trovato da solo con me stesso, nella mia stanza, che una volta era vicina a quella di Gonzalo, sommerso dai miei pensieri.

Osservai l'arrivo dell'ennesima chiamata di Madeleine, che ignorai. Non avevo la forza per parlare con nessuno.
Era il ventisei settembre, dovevano concedermi un po' di pace, almeno quel giorno.

Paradossalmente allenarmi e giocare il giorno dopo avrebbe potuto solo aiutarmi a tenere occupata la mente, e a lasciarne fuori tutti i ricordi di quel giorno di diversi anni prima.

Scesi nella sala mensa per pranzo. Mi avvicinai al bancone, e il cuoco mi passò un vassoio contenente ciò che era previsto sul mio piano alimentare.

Mi sistemai in uno dei tavoli più lontani, l'unico ad essere rimasto vuoto.
La sala sembrava quasi spenta. Senza il casino di Gonzalo, le risate di Mira, i giochi con Douglas, gli scherzi ad Asa e i consigli di Andrea, che ormai mancava da più di un anno.

Notai Alvaro entrare in sala e sospirai. Gli volevo bene, ed ero abbastanza convinto che sapesse cosa mi frullava in testa.
Mi conosceva bene. Sapeva che giorno era il ventisei settembre per me, e sapeva come starmi vicino. Semplicemente sapeva che doveva lasciarmi stare.
Per questo si sedette al mio tavolo, vicino a me, senza fiatare minimamente.
Apprezzai quel suo comportamento.

Dopo pochi minuti al tavolo arrivarono anche altri.
Rodrigo, insieme ad Arthur, il nuovo, si sistemò con il suo vassoio sul tavolo.
Prese le posate e iniziò a mangiare la sua pasta. Ne mangiò un paio di bocconi, prima di alzare lo sguardo su di me.

-Che fai stasera?- mi chiese, come se niente fosse.
Alzai lo sgaurdo dal piatto ormai vuoto che avevo davanti, e lo guardai. Sperai di essere stato quanto più loquace possibile, ma mi dovetti ricredere pochi secondi dopo.

-Quindi?- mi chiese ancora.
Sospirai.
-Non lo so.- risposi con tono secco e tagliente.
In realtà lo sapevo. C'era Maddie a casa e le avevo promesso che avremmo festeggiato la sua laurea per bene, io e lei. Avevo avuto mille idee, ma mi ero bloccato poi quella mattina, quando avevo letto la data odierna sul telefono.

Million Reasons||P.D.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora