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Buon viaggio, che sia un'andata o un ritorno
Che sia una vita o solo un giorno
Che sia per sempre o un secondo
Cesare Cremonini

Torino mi aveva sempre affascinato. Era una città grande rispetto al posto in cui ero nata e cresciuta, decisamente molto più grande. Ma mi piaceva, e mi piaceva la città così come tutto ciò che la circondava. Per questo avevo organizzato insieme ad alcuni amici un viaggio di due settimane a Torino. Forse due settimane erano tante, ma volevo godermi quella città che mi era sempre sembrata magica, nonostante non l'avessi mai vista.

Quella mattina eravamo partiti in quattro. Io, Samuele, Riccardo e Luca. Eravamo una comitiva strana. Tre ragazzi e una ragazza, tutti e quattro totalmente diversi l'uno dall'altro. Samuele era alto e snello. Aveva i capelli lunghi ma non troppo biondissimi, che aveva ripreso da sua madre che era austriaca, e capitava spesso che li legasse in uno chignon o in un codino. Qualche volta mi divertivo a fargli delle strane acconciature improvvisate che a lui piacevano da morire. Spesso gli facevo una treccia francese che poi si chiudeva con il solito codino, che poi lui scompigliava leggermente perché diceva - altrimenti è troppo ordinata, scompigliata è arte-. Aveva gli occhi chiari, e fossi stata un'altra persona probabilmente gli avrei sbavato dietro. Insomma, era alto, muscoloso, biondo e con gli occhi chiari, ma ci conoscevamo dai tempi degli omogeneizzati e del pannolino, e praticamente era mio fratello. Caratterialmente era molto estroverso. Probabilmente fosse stato solo in una stanza avrebbe attaccato bottone con il muro. Aveva un sesto senso nel riconoscere le persone che gli piacevano, e solitamente quando diffidava di qualcuno difficilmente aveva torto.

Eravamo stati noi due i fondatori del gruppo, conoscendoci da ormai troppi anni. Era quella che Meredith Grey avrebbe definito la sua persona. Lui era la mia persona. C'era sempre stato e probabilmente ci sarebbe stato per sempre.
Avevamo fatto insieme l'asilo e le elementari, fino a che in quinta non avevamo conosciuto Riccardo. All'epoca era un ragazzino un po' chiuso, e molto timido. Era arrivato in quinta elementare nella nostra classe, dopo essersi trasferito da Firenze. Poi Samu gli era andato vicino, e non so come, lo aveva convinto a passare l'intervallo con noi. Ci eravamo subito trovati in sintonia, e non ci eravamo più divisi.
Era anche lui un bel ragazzo, con i capelli ricci castani, che lo alzavano di almeno cinque centimetri. Li chiamava 'la mia arma segreta' perché tante ragazze negli anni gli avevano confessato di essere innamorate dei suoi capelli. Aveva gli occhi scuri, un fisico atletico ma non esagerato, e un seguito di ragazze infinito. Spesso si scriveva con due o tre ragazze contemporaneamente, ma non si era mai innamorato davvero.

Così il nostro duo era poi diventato un trio, e in primo superiore poi avevamo conosciuto Luca. Avevamo scelto scuole diverse. Io ero andata al liceo musicale, e avevo conosciuto proprio lui. Suonava la chitarra e una volta dopo le prove in orchestra avevamo perso entrambi l'autobus, e ci eravamo trovati sotto la pensilina ad aspettare che passasse il successivo, che ci sarebbe stato solo due ore dopo. Poi due settimane dopo lo avevo presentato agli altri due, e il trio era diventato un quartetto assurdo.
Luca come gli altri due era abbastanza alto e slanciato. Era il rosso della situazione, e per questo spesso scherzando gli facevo notare la sua somiglianza con Ed Sheeran. Solo che mentre Ed lo vedevo più come un orsacchiotto da abbracciare, lui era il classico bad boy della situazione. Poi cantando due strofe di qualsiasi canzone, anche solo con il giro di do, faceva cadere ai suoi piedi qualsiasi essere respirante. In più aveva gli occhi azzurri, che gli facevano solo acquistare punti in più. Come me, anche lui studiava in conservatorio, ma in due diversi. Aveva anche un gruppo nel quale suonava la chitarra elettrica, e qualche volta mi era capitato di sostituire il pianista.

Poi c'ero io. Ero molto più bassa di loro tre e sembravo quasi la sorellina piccola. I miei capelli avevano un colore strano. Erano fra il rosso e il castano, e quella del comune sulla carta d'identità aveva scritto proprio rosso/castano alla voce capelli.
Erano lunghi e lisci, ma spesso mi divertivo a farmi i boccoli testando qualsiasi tutorial mi capitasse sotto mano. Non ero la persona più sportiva del mondo, anzi ero una vera e propria larva da divano, ma costretta da Riccardo, almeno due volte a settimana andavo in palestra, e cercando di mantenermi in forma. Per il resto suonavo. Il pianoforte e la musica erano il mio modo di esprimermi, e ogni volta che le mie dita sfioravano i tasti di un pianoforte, un brivido mi attraversava tutta la colonna vertebrale.

Million Reasons||P.D.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora