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Spazio autrice

È un periodo strano, fatto di cose nuove e cose vecchie da sistemare. Spero di riuscire ad aggiornare quanto prima, ma intanto vi lascio questo.

Buona lettura❤


Ma perdonami, sono forte sì
Ma poi sono anche fragile
Elisa

L'America per me aveva sempre rappresentato un sogno proibito. Aveva sempre rappresentato qualcosa di lontano e irraggiungibile, che però mi attirava incredibilmente tanto.

Paulo era arrivato una mattina di maggio, nel pieno della fase finale della stagione e mi aveva proposto di andarci insieme in estate.
Io avevo detto subito di sì, e solo dopo mi ero fatta spiegare come si sarebbe svolta la cosa.
Paulo praticamente si sarebbe allenato al massimo e preparato nel migliore dei modi prima del rientro a a Torino, e ci saremmo goduti nel frattempo il mare di Miami, lontani da tutti, soltanto io e lui.

In realtà a Miami c'era Gonzalo, con la sua compagna e la sua bambina, ci avrebbero raggiunto i miei genitori per qualche giorno, e poi forse ci saremmo incrociati con Paul e sua moglie con i bambini. Paul aveva chiaramente spiegato a Paulo che ci avrebbe raggiunto a Miami solo in caso di un'uscita anticipata della Francia dagli Europei, e che quindi, nonostante morisse dalla voglia di rivedere il suo amico, preferiva pensare di non riuscire a raggiungerci.

In ogni caso, io e Paulo eravamo arrivati a Miami il diciassette giugno, giorno che io avevo passato in coma in albergo, a causa del jet lag. Paulo invece, energico come un bambino, era subito scappato dal suo personal trainer per le prossime settimane per conoscerlo di persona e iniziare a fare qualcosa.

Soltanto il giorno dopo eravamo riusciti a fare qualcosa insieme, girando un po' per la città con due monopattini elettrici.
L'impatto con il mezzo era stato strano. Avevo proposto a Paulo di affittare due bici invece dei monopattini, ma lui era talmente tanto contento all'idea di provare quell'aggeggio che non ne aveva voluto sapere. E quindi, armati di caschetto e un pizzico di sonno, avevamo girato un po' per la zona intorno al nostro hotel.

Paulo aveva rischiato di investire qualche passante almeno tre volte, e io invece avevo rischiato proprio di cadere. Il bell'argentino l'aveva presa ovviamente a ridere.
Avevamo scattato diverse foto, una delle quali, probabilmente la mia preferita, ritraeva me e Paulo vicini, con lo sfondo della spiaggia, intenti a guardarci. Ci era stata scattata da un passante, che era riuscito, oltre ai sorrisi, a catturare anche quell'istante.

I primi giorni erano passati velocemente, tra mare e feste serali alle quali Paulo era stato invitato.
Avevo passato un sacco di tempo a sguazzare nell'acqua come una papera, e Paulo aveva scoperto quanto io amassi il mare. Nonostante però il mio impegno nell'abbronzarmi, dopo una settimana, mentre Paulo si era arrostito come un pollo di quelli del mercato, io ero diventata come un peperone, sia in faccia che a dosso.

Avevo perso poi il conto delle feste a cui lo avevano invitato, e non avevo idea di quelle a cui effettivamente eravamo andati. Dopo qualche giorno poi Gonzalo ci aveva invitato a vederlo giocare. Era stato bello rivedersi, e soprattutto notare come Paulo si sentisse incredibilmente a suo agio lì con lui. Aveva rivisto anche il suo Asa, come lo chiamava lui, e avevamo conosciuto il figlio di quel figo di David Beckham.
-Vorrei essere sua madre.- avevo detto sottovoce a Paulo mentre il ragazzo si avvicinava a noi, e lui mi aveva guardata male, prima di ridere con me.
-Ora glielo dico. Sai che la mia ragazza ama tuo padre?- rise, stando al gioco.
-Peccato, mi sono accontentata del nano.- gli risposi io, facendolo ammutolire. Paulo mi fissò un secondo, prima di scattare verso di me per prendermi in braccio. Io, prevedendo tutto ciò, avevo già iniziato a correre, e alla fine avevamo fatto un paio di giri di campo, prima che io, da brava atleta quale ero, mi ero fermassi con il fiatone e i polmoni in gola.

Million Reasons||P.D.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora