PARTE 2: ECHI EMOTIVI - Capitolo 17

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Erano passate alcune settimane dalla Strage del Quaderno e Simone Sofista si trovava ammanettato all'interno di un furgone della polizia. Il processo si era appena concluso ed era stato ritenuto colpevole di pluriomicidio, oltre che di aver utilizzato un'arma governativa senza alcuna autorizzazione.

"77 anni minimali" pensò "Morirò in carcere!", singhiozzò e le sue lacrime bagnarono il bavaglio che aveva in bocca. Giona si era assicurato che lui venisse accusato di tutti gli omicidi. Aveva comunicato alle autorità l'entità del suo potere e raccomandato estrema cautela nel lasciarlo parlare. Tutti gli agenti di Wisteria ottennero l'autorizzazione di sparargli in caso avesse pronunciato più di tre parole consecutive, ma la maggior parte di loro preferì semplicemente imbavagliarlo.

Una curva veloce lo fece cadere sul pavimento del veicolo. Legato com'era, non riuscì a rialzarsi e rimase lì, con gli occhi lucidi a pochi centimetri dalla superficie metallica. Gli agenti alla guida sentirono il tonfo e risero della cosa.

Il panico dominava la mente di Simone. "Perché tutto questo?" gridò dentro di sé "Non capisco! Cosa ho fatto di male? Io non volevo uccidere quella gente! Non pensavo che... come avrei potuto sapere che quella frase... o forse avrei dovuto? Perché è sempre così?" e ringhiò per la tensione "Perché tutti capiscono, tutti sanno cosa fare, e io no? Perché sono sempre io lo stupido che fa quello che non avrebbe dovuto fare?"

I suoi lamenti si trasformarono in singhiozzi. Gli tornò in mente un ricordo dell'ultimo anno delle superiori. A causa delle sue difficoltà di apprendimento, combinate alle difficoltà mentali dei suoi professori, quella era la terza volta che frequentava l'ultimo anno. I suoi compagni lo bullizzavano sia verbalmente che fisicamente.

Gli tornò in mente il ricordo del suo unico amico, Marcello Marrone. I due si erano conosciuti al di fuori dell'ambiente scolastico alcuni anni prima. Il fatto di essere derisi e umiliati dalla maggior parte dei loro coetanei era stato il collante della loro relazione. Marcello era sordomuto e, con non poche difficoltà, insegnò il linguaggio dei segni all'amico. Era la prima volta che Simone legava con qualcuno e per questo aveva insistito affinché il ragazzo gli insegnasse la sua lingua.

I genitori di Simone trovarono sorprendente il fatto che lui avesse imparato quel linguaggio, date le sue problematiche. Purtroppo non furono abbastanza lungimiranti da intuire che il vero problema del figlio era il sistema scolastico di Wisteria.

Marcello riuscì con gli anni a sistemare la sua situazione sociale, ma mantenne un forte rapporto con Simone. Dopo la terza bocciatura di Sofista, i due si ritrovarono in classe insieme. Dopo alcuni giorni si ritrovarono a studiare insieme. Dopo alcune settimane Marcello lo integrò nel suo gruppo sociale. O almeno così lui credette.

Lì, sul quel pavimento metallico, rivisse della Festa dei Maturandi. Rivide Marcello prenderlo per la mano e portarlo fuori dal locale. "Vieni, devo farti vedere una cosa!" gli segnò, gli afferrò la mano e lo guidò verso la spiaggia.

Da anni Simone aveva una cotta per l'amico e in quel momento i suoi occhi iniziarono a brillare di luce propria. Si fermarono davanti a una cabina, Marcello gli segnò di chiudere gli occhi, ma invece delle sue labbra, sentì delle mani trattenergli le braccia. Due dei suoi "amici" stavano provando a bloccarlo e a legarlo ad uno degli ombrelloni. Gli altri erano lì, a ridere e ad incitare. Marcello era tra di loro, giudicato dallo sguardo devastato del suo spasimante. Simone riuscì a liberarsi e strattonò i ragazzi con violenza. Loro non la presero bene e lo scherzo si trasformò in un pestaggio.

Non appena non fu più in grado di rialzarsi, lo lasciarono sulla spiaggia e tornarono alla festa. Il suo volto era coperto per metà dalla sabbia, ma l'occhio sinistro non aveva mai smesso di guardare Marcello, non aveva mai smesso di guardare il suo amico diventare parte del branco.

Il furgone si fermò, riportandolo al presente, ma lasciandolo nella stessa posizione. Tirò su col naso e si concentrò per ascoltare i rumori provenienti dall'esterno.

Un uomo si era appostato dietro il veicolo – Grazie ragazzi, da adesso ci penso io! - e aprì le ante.

Danilo Dessi entrò nel furgone sorridendo e si avvicinò a Simone – Signorino Sofista, benvenuto all'Istituto Correttivo di Wisteria!

Lui non sorrise, ma si limitò semplicemente a guardarlo.

L'agente si avvicinò a lui e gli liberò le gambe. Lo tirò su e gli puntò una pistola alle spalle – Normalmente non facciamo fare il tour di benvenuto ai nuovi reclusi, ma tu sei un ospite speciale. Galvani in persona mi ha chiesto di occuparmi di te!

Simone volle chiedere il significato di tutto ciò, ma il bavaglio lo costrinse ad urlare qualche lamento incomprensibile.

Dessi lo ignorò e poggiò la pistola sulla sua schiena – Su, comincia a camminare. Il tuo nuovo capo ti aspetta!

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