- Capitolo Quattro -

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Esortata dal padre, Aera continuò a raccontare

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Esortata dal padre, Aera continuò a raccontare. Parlò di Zalcen e Aniène, e un oscuro velo di vergogna coprì gli occhi di Reyns quando quei nomi vennero pronunciati.

Ma era proprio quella tristezza, quella malinconia, gli inconsolabili e imperdonabili errori che Reyns si portava sulle spalle, ad aver fatto sì che Aera si innamorasse di lui.

Era la sua voce, profonda, simile all'abisso nel quale Reyns precipitava sotto il peso di quelle colpe, l'unico suono che avrebbe consolato Aera nei momenti più bui. La sicurezza di avere accanto qualcuno che aveva passato di peggio, ma che era ancora in piedi, pronto a sorreggerla, non lasciarla cadere. E poter avere la capacità e il merito di alleggerire il suo cuore da quei peccati.

«So che è solo colpa dei traditori interni al clan Knej, se ora tutti loro sono morti. Non è colpa di chi ha lasciato andare la corda dell'arco o di chi ha trafitto un corpo con la spada. Il colpevole è chi avrebbe potuto restare fedele alla parola data al clan, ma ha preferito venderlo. L'unico che io riconosca come artefice della mia sofferenza è un uomo di nome Neal.»

Reyns quasi si spaventò, a sentir pronunciare quel nome. Era uno dei suoi informatori, quando ancora era una spia per conto di Vyde. Era stato proprio Reyns a pagarlo, per mesi, perché gli parlasse del capo del clan, delle abilità di combattimento dei diversi membri di Knej, e di Aera.

In ogni caso, se Aera aveva mai sofferto era per colpa sua - doveva assolutamente rimediare.

Aera raccontò gli avvenimenti dei tempi trascorsi dal suo punto di vista - mentre Looty sembrava genuinamente interessata, Divro pareva più fare caso al fatto che la versione dei fatti precedentemente raccontatagli da Reyns coincidesse con quella della figlia. Quando Aera finì di parlare, il Re annuì, soddisfatto, e Reyns sospirò di sollievo. Ci sarebbe stato un giorno in cui avrebbe ottenuto la fiducia di Divro?

«E di te, che cosa sarebbe meglio sapessimo, Reyns?» chiese il sovrano.

Niente, pensò, automaticamente. Ma capiva che non era una risposta accettabile. «Di me...» cercò di prendere tempo.

Che cosa avrebbe dovuto dire? Aveva una visione così cupa di se stesso che solo Aera avrebbe potuto parlare bene di lui. L'unica cosa che il ragazzo era in grado di fare, da solo, era tentare di uscire illeso da quel groviglio di rovi che era la domanda di Divro.

«Mi sembra di aver capito che possedete già diverse informazioni su di me, ma non ne conosco la natura...» cominciò a dire, «Molte potrebbero essere bugie, o aspetti della mia personalità che sono cambiati. Che cosa volete sapere della persona che sono ora?»

«Ebbene, se c'è qualcosa che non hai cambiato, quello è il tuo nome.» fece un esempio Looty, «Chi ha avuto l'idea di chiamarti così?»

Reyns sorrise malinconico. Perché quello fosse proprio il suo nome era una domanda che lui stesso aveva posto forse decine di volte a suo padre. Voleva sapere perché avesse un nome triste come la pioggia. E suo padre gli ripeteva che non era affatto un nome triste, e che quello era il suo nome perché Reyns era frutto dell'unione tra le nuvole argentee e l'acqua cristallina.

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