- Capitolo Quaranta -

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Aera si calò il cappuccio sulla fronte, continuando a camminare nella direzione indicata sulla mappa che le aveva procurato Clood

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Aera si calò il cappuccio sulla fronte, continuando a camminare nella direzione indicata sulla mappa che le aveva procurato Clood. La luce fioca non le permetteva di vedere bene né il tratto sul papiro, né dove stesse andando.

Stava trainando il carretto sul quale venivano solitamente deposti i corpi dei prigionieri morti a causa della Lefsan – sotto la pesante coperta ora si trovavano Elenar e Geka, insieme al cadavere di Roon.

Aera si fermò, presso una torcia, la cui fiamma tremolava come le sue stesse mani.

Aveva paura di fallire. La strada sbagliata l'avrebbe portata a venire smascherata, di conseguenza alla morte o alla reclusione, di nuovo, e avrebbe nuociuto anche a Elenar e Geka. Sentiva che quella era una responsabilità troppo grande per lei.

La ragazza rimboccò le maniche della divisa da guardia Imperiale che stava indossando, e diede un'occhiata alla mappa.

Ora che cosa avrebbe dovuto fare? Andare dritta o girare a destra?

Tracciò con l'indice la strada che doveva aver percorso: partendo dall'angolo in alto a destra della mappa, aveva evitato le zone cerchiate in rosso da Clood, che l'aveva avvertita della presenza di Amter da quelle parti. I soldati di Tizho conoscevano i loro compagni, li avrebbero saputi riconoscere, o forse semplicemente avrebbero potuto attaccare bottone. Aera non poteva permettersi nessuna di queste cose.

Aveva dapprima evitato la strada più veloce, che avrebbe previsto di seguire il perimetro delle segrete, dato che la cella in cui era rinchiuso Jylan era segnata nell'angolo in basso a destra. Clood aveva scritto, in nero, l'ideogramma che stava per corvo – il significato del suo nome.

Aera aveva quindi svoltato subito a destra, percorso un corridoio fino a vedere, davanti a sé, la torcia segnata in rosso sulla mappa, allora aveva svoltato a sinistra, camminando in direzione di una serie di celle comunicanti.

Quando si era trovata di fronte alle sbarre, aveva ignorato gli occhi tristi e stanchi dei prigionieri e aveva continuato a camminare verso destra, contando solo una cella. Al primo sbocco aveva svoltato a sinistra – se non lo avesse fatto, di fronte a sé avrebbe trovato uno o più Amter, i quali, se non ostili, le avrebbero amichevolmente chiesto di fare due chiacchiere.

Dopo aver svoltato ancora una volta a sinistra, Aera si era trovata in un corridoio il cui muro sinistro era tappezzato da torce, segnate in rosso da Clood. Ne doveva contare tre, e svoltare a destra.

Diede un'occhiata al suo fianco, contando le torce dietro di lei. Erano cinque.

Diamine. Aera imprecò, nei suoi pensieri. Significava che un Amter sarebbe potuto sbucare da un momento all'altro.

Tornò indietro, alla terza torcia, prese il corridoio che avrebbe dovuto percorrere, e raggiunse il muro sud, che segnava il perimetro delle segrete. Era l'unico muro a essere completamente privo di finestre.

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