- Intermezzo II -

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La volpe, furba, per cogliere di sorpresa la sua preda, attende che il silenzio della foresta venga rotto dalla pioggia.

La volpe, furba, per cogliere di sorpresa la sua preda, attende che il silenzio della foresta venga rotto dalla pioggia

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Ai bambini nati tra gli Ideev veniva inciso il simbolo, sulla mano destra, il giorno del loro quinto compleanno. Da quel momento in poi, i piccoli erano al servizio di Lord Vyde, e nel caso in cui questi avesse necessitato del loro aiuto, sarebbero stati chiamati e obbligati a lavorare per lui.

Quel giorno di pioggia, che segnava la metà dell'autunno, era il turno di Reyns. Aveva fatto di tutto per non presentarsi nella piazza principale del villaggio Ideev di Fyorg, ma suo padre lo aveva trascinato lo stesso all'evento.

Non c'era nessun altro bambino nato il suo stesso giorno, quell'anno – Reyns si sentiva solo, abbandonato. Ancora non sapeva che cosa significasse davvero.

Detestava anche solo l'idea di dover lavorare, a maggior ragione per conto di quel nobile che odiava, ma sapeva che sarebbe stato necessario prestare servizio a Lord Vyde – a differenza di altre famiglie, nelle quali sia il padre che la madre lavoravano per Vyde, solo la madre di Reyns, Quevia, era fonte di guadagno per il Lord, ma svolgendo essenzialmente lavori umili, come quello di lavandaia o di apprendista sarta, le poche monete che riusciva a racimolare non erano mai abbastanza per pagare le tasse che ogni mese venivano riscosse dagli Ideev.

Il padre di Reyns, Clood, aveva lavorato per conto del nobile, e aveva aiutato a unificare i clan della zona centro-settentrionale della Valle Verde. Tuttavia, dopo aver ricevuto una profonda ferita alla gamba sinistra, non aveva più potuto né voluto svolgere alcun mestiere.

Il suo bastone di legno chiaro era un'arma che sapeva usare troppo bene, e che nella mente del figlio era diventato molto presto sinonimo di disciplina.

Il piccolo Reyns si trattenne dall'istinto di fuggire il più lontano possibile da Fyorg e non tornarci mai più, solo a causa dello sguardo severo del padre, che probabilmente gliele avrebbe suonate se avesse versato una sola lacrima.

Si lasciò incidere il simbolo Ideev, il quadrato con le diagonali tracciate, e tenne lo sguardo fisso sulle gocce di sangue che sgorgavano dalle ferite. Il rosso che era dentro di lui trovava la sua strada, apparendo in piccole sfere cremisi, una accanto all'altra, per poi unirsi e scivolare giù dalla sua piccola mano, accarezzando la sua pelle liscia, sgocciolando dalle sue dita minute.

E, per tutto il tempo, non riuscì a smettere di tremare.

Era solo un bambino, ma capiva che la libertà del suo sangue corrispondeva al suo vincolo, ciò che lo avrebbe sempre legato, obbligato, costretto alla sottomissione.

Quando gli venne detto che poteva andare, tirò un sospiro di sollievo. Lo infastidiva, però, che il suo simbolo fosse leggermente diverso dagli altri che aveva visto – le diagonali del quadrato sulla mano di suo padre, ad esempio, sbordavano da tutti e quattro i vertici. Sul suo simbolo, solo quelli vicini alle dita.

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