- Capitolo Sette -

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Era ormai tarda sera quando Reyns e Aera se ne andarono

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Era ormai tarda sera quando Reyns e Aera se ne andarono.

Avrebbero dormito in una locanda, dove i due servitori inviati dal Re li stavano già attendendo, e il seguente sarebbe stato un lungo giorno di viaggio, per raggiungere capo Soran, e da lì salpare per Evol.

Camminarono per un po' in silenzio, fianco a fianco, nella piacevole e fresca brezza estiva, mentre il rumore dei loro passi sul lastricato echeggiava per la via.

Raggiunta la piazza principale del paese, con il pozzo al centro, il cielo si aprì davanti a loro in tutta la sua maestosità ed eleganza di una notte d'estate. Le stelle parevano rincorrersi creando enormi fiumi di luce, e la luna era in fase crescente.

La ragazza sospirò, a quella vista. Quel cielo non sembrava più magico come un tempo. Ora non si stupiva più. Non trovava disegni nuovi, in quei puntini luccicanti, perché li conosceva. Non credeva più di trovare una stella nuova, al posto di una persona cara che se n'era andata. Non aveva più senso dare loro un nome.

«Aera,» si rivolse a lei il ragazzo, con aria quanto mai grave, «Ho avuto come l'impressione che qualcosa ti rendesse inquieta, poco fa. Se non è soltanto una mia paura infondata, puoi assicurarmi che è un problema che possiamo risolvere?»

Gli occhi di Reyns luccicarono – la stava pregando di mentirgli, e di dirgli che non c'era motivo di preoccuparsi.

La giovane lo accontentò. «Il fatto è che temo che mi possa accadere qualcosa, perché in quel caso saresti tu a pagarne le conseguenze. Ho paura di commettere qualche stupido, banale errore e compromettere tutti i tuoi sforzi, come sono già stata in grado di fare.»

Ora che ci pensava, non era affatto una bugia.

«Ti riferisci alla notte in cui decisi di confessarti tutta la verità sul mio conto?» intuì Reyns, «Non hai compromesso nulla, al contrario. Hai avuto il coraggio di decidere per me, e compiere azioni che non sarei mai stato in grado di fare. Mi hai privato di ogni scelta, e mi hai costretto a salvarti. Hai eliminato ogni minima traccia di dubbio rimasta nella mia mente, mostrandomi l'unica strada che potrei mai percorrere.»

Ho ucciso tre uomini, pensò Aera.

Ma non aveva senso farglielo notare. Reyns avrebbe negato. Reyns avrebbe reso anche quel peccato perdonabile, perché lo aveva commesso lei.

E non era giusto. Ma non le importava più.

«E pensi che questa sia la strada giusta?» chiese lei, allora.

Reyns sorrise. Si avvicinò a lei di un altro passo, e prese le sue mani.

Lei abbassò lo sguardo, anziché alzarlo. Sapeva che avrebbe trovato gli occhi di lui, che non le avrebbero dato scampo, che l'avrebbero convinta di qualsiasi bugia.

Quelle mani erano più sincere, invece. Perché sulle loro mani si trovavano quelle cicatrici identiche, che li marchiavano come assassini.

Quella era la verità. E Aera aveva bisogno di guardarla, accettarla, e amarsi comunque, e amarlo comunque. Ma non doveva perdonare se stessa. Non poteva.

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