- Capitolo Trentanove -

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Devjm comparve, per la prima volta, al cospetto dei sovrani di Lanth, annunciandosi come ambasciatore, insieme a Kael

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Devjm comparve, per la prima volta, al cospetto dei sovrani di Lanth, annunciandosi come ambasciatore, insieme a Kael.

Essendo entrambi Ideev Prescelti, i due erano conosciuti al Re e alla Regina, e fu con non poca sorpresa che reagirono alle parole del Re.

«Tu sei così alto che puoi essere solo il Terzo Prescelto.» lo riconobbe immediatamente Divro, «Un abile oratore e conquistatore, si dice. Sinceramente, una volta dopo averti dato un'occhiata, mi sorprende che tu sia noto per le tue doti seduttive.» commentò, squadrandolo dalla testa ai piedi.

Kael si morse il labbro, ferito nell'orgoglio. Non gli importava che fosse il Re – non aveva il diritto di prendersi gioco di lui, soprattutto perché il suo aspetto era perfetto.

«E tu,» si rivolse a Devjm, «Sei il Primo Prescelto, sì, identico a come ci sei stato descritto, sia dalle nostre spie, sia da nostra figlia e il suo promesso sposo, Reyns.»

Kael non tentò e non riuscì a trattenere un'espressione inebetita. «La mano della principessa è promessa a Reyns? Quindi la principessa non è morta?»

Si voltò verso Devjm, che finse stupore, e scosse la testa, come se non ne sapesse nulla.

«Ecco perché sta lavorando per il Re...» borbottò, poi.

Ma non aveva importanza, ora – la priorità era convincere il Re a cedergli un antidoto.

«Vostra Maestà,» cominciò Kael, inginocchiandosi, come non avrebbe mai fatto, al cospetto di nessuno. Doveva accantonare l'orgoglio e abbassarsi a chiedere aiuto, ma era l'unico modo per tentare di ottenere ciò che voleva. Per Ceala, ne valeva la pena.

«Sono giunto qui dalle Isole di Neeq per chiedere il vostro aiuto. C'è una ragazza, che sta tanto male da non essere nemmeno riuscita a venire qui, che sta morendo a causa della Lefsan. Noi siamo partiti da Evol per chiedervi un antidoto, anche se è ancora in fase sperimentale, perché è la nostra ultima speranza. E non dico la sua, ma la nostra, perché se Ceala dovesse morire, allora io...» si bloccò, incapace di trattenere le lacrime, che sapeva lo avrebbero fatto apparire debole al cospetto del Re, impassibile e forte, «Io vivrei, se così si può definire il semplice continuare a respirare, ma il mio cuore morirebbe con lei.»

Alzò lo sguardo, gli occhi che brillavano dalle lacrime, e non le nascose. Sapeva che anche ammettere di non essere in grado di contenere i propri sentimenti e mostrare i segni del pianto denotava coraggio.

Kael aveva avuto il coraggio di reprimere la sua indole superba. Aveva avuto il coraggio di chiedere aiuto. Non il bisogno. Non la debolezza.

«Sai, Kael,» iniziò a dire il Re. Non sembrava colpito dalle sue parole, né dalle sue lacrime, «Non molto tempo fa, proprio Reyns giunse qui e iniziò a fare discorsi simili, sul fatto di amare nostra figlia ed essere disposto a qualunque cosa per lei. La tua situazione è molto affine alla sua, quindi ti tratterò nello stesso modo.»

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