- Capitolo Quarantuno -

19 5 27
                                    

«Ti ho portato qualcosa di caldo,» annunciò Brenta, lasciando la tazza fumante sul comodino accanto al letto sul quale era distesa Ceala

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

«Ti ho portato qualcosa di caldo,» annunciò Brenta, lasciando la tazza fumante sul comodino accanto al letto sul quale era distesa Ceala.

Mentre Devjm e Kael si trovavano a Palazzo, era Brenta a badare a lei.

Si fermò per un attimo a osservarla mentre dormiva – sull'avambraccio destro era ben visibile l'arrossatura attorno alla puntura, in netto contrasto con la pelle candida di Ceala.

Era tanto bella... Forse non avrebbe dato qualsiasi cosa, ma Brenta sarebbe stata disposta a pagare una bella somma per essere come lei. Il viso era un'ovale perfetto, il naso piccolo e dalla punta all'insù, le ciglia lunghe e folte. Le forme del suo corpo erano perfettamente equilibrate, come se fossero state disegnate da un'artista.

Come potevano, gli Dei, voler distruggere tanta bellezza, dopo averla creata? Qual era il senso? C'era un senso?

Ceala aprì gli occhi, blu e profondi come il mare, e ricambiò lo sguardo di Brenta, amorevole. Prese un lungo respiro, e sbatté qualche volta le palpebre.

«Per quanto ho dormito?» domandò la ragazza, massaggiandosi la testa, che sentiva essere sul punto di scoppiare.

«È quasi il tramonto,» rispose Brenta, «Diciamo che hai passato sotto le coperte buona parte del pomeriggio.»

Ceala annuì appena. «Quando sarà di ritorno Kael?» chiese, poi.

«Non lo so,» ammise Brenta, scuotendo leggermente la testa, «È partito ieri con Devjm, e in non più di mezza giornata si riesce ad arrivare a Palazzo. Di certo staranno via questa notte, ma domani a quest'ora dovrebbero essere qui. Questo dipende dal Re.»

Non trattenne una nota di astio nei confronti del sovrano. Riteneva impossibile ricevere aiuto da Divro, ma era l'unico a cui potessero chiederlo, ed era bene che Ceala continuasse a sperare. Se proprio lei si fosse arresa, allora era certo che non ce l'avrebbe fatta.

«Credi che resisterò fino a domani?» domandò, però, preoccupata.

Brenta si perse, per un attimo, nei suoi occhi blu, gonfi di lacrime non ancora versate.

«Ma certo!» mentì, «Ne sono più che sicura. Sei una ragazza forte, e poi guarda che non dipende solo da dove ti ha punto la vespa, sai? Dipende anche dall'effetto e dalla quantità del veleno, da come tu reagisci alla tossina... Da un sacco di cose. Ce l'ha raccontato Reyns, quel ragazzo che lavora per il Re. Te ne avrà parlato, Kael, no?»

Ceala annuì, il viso leggermente più ravvivato dalla speranza.

«Anche se ti metti a contare le ore, i minuti e i secondi fino a zero, potresti non arrivarci mai o superarlo di un bel po'. Non dipende da te, e questo è sia un bene che un male. Devi fidarti di Kael e degli Dei, che non sono nemmeno troppo distanti tra loro, a quanto ho visto.» le sorrise, felice di averla strappata dal vortice nero in cui stava annegando. Anche se per metà erano bugie, delle parole di conforto l'avrebbero sicuramente aiutata.

Il Viaggio per la PaceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora