Capitolo 44

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Tornare a Londra dopo settimane a new york è una merda.
Mi piaceva essere isolato nella nostra bolla, mentre ignoravamo i problemi.
Mentre eravamo solo io e lei e il resto non ci interessava.
E ora mi rendo conto che forse era solo un illusione.
Che il procrastinare i problemi non serve a niente perché prima o poi arriverà il momento di affrontarli.

Me ne rendo conto solamente adesso sulla sedia dell'ospedale dove helen è ricoverata.
Non volevo nemmeno venire.
Mi passo una mano fra i capelli indeciso se entrare o starmene ancora su quella sedia del cazzo a fissare la porta della sua stanza.

"Dovresti andare" mi intima christopher appena mi vede.
Lo guardo male, non mi interessa quello che pensa.
"Non dovevi chiamare e non dovevi insistere sul farmi tornare"
"tua madre sta male non ti interessa?"
"a lei interessava di me?no" rispondo.
Ma sono già impegnato a scrivere a Micol.

Ho paura a lasciarla sola, l'avrei portata con me ma non le ho ancora detto nulla.
Non me la sentivo di rovinare il natale ancora più di quanto non avessi fatto.

'tutto ok ? Sei sola?'
'si,sono con maggie a fare shopping,hai mangiato qualcosa?'
'non allontanarti da lei ,se ci sono problemi scrivimi '
'non allontanarti da lei se ci sono problemi scrivimi'

"Mi stai ascoltando?" "no" "tua madre ha bisogno di te" "non me ne frega un cazzo se ha problemi mentali o è depressa ok? quando stavo messo così lei dov'era? a farsi con quel pezzo di merda che ha ucciso sua figlia" "ha bisogno che qualcuno la aiuti e non è la depressione il problema "
"eh e quale sarebbe sentiamo"
"il fegato sta cedendo ha bisogno di un trapianto" mi dice.

Non esprimo emozioni.
Era prevedibile che succedesse ma nella mia testa non penso a niente se non al fatto che morirà senza un fegato.
E che non potrei mantenere la promessa.
Ma non è colpa mia se la vita fa schifo.

"Lei non ha bisogno di me,non mi ha mai voluto" "ti abbiamo desiderato invece, ma non abbiamo saputo darti quello che meritavi" " già grazie per avermi messo al mondo" sbuffo ironicamente.
"Dovresti entrare, se non trova un fegato non gli rimane più di qualche mese" mi acciglio.
"Amanda lo sa? Astrid?" annuisce
"si, sono venute a trovarla tutti i giorni dal suo ricovero, l'unico a non averla ancora vista sei tu non hai voluto sentirmi mentre ti dicevo che era meglio se tornavi " "perché avevo meglio da fare non mi cambia nulla vederla delle settimane in meno " "sei arrabbiato ma è ora di mettere da parte la rabbia perché tua madre sta morendo " "ti dispiace?" lui fa un lungo respiro.
"Si è rovinata non era così una volta ed è colpa mia se è così adesso me ne attribuisco le colpe perché è partito tutto da me .
Non la amo più ma tempo fa' l'ho fatto,
ho fatto quattro figli con lei e nonostante tutto lei avrà sempre una parte di me.
Ne abbiamo passate tante"
"se non stesse morendo avrei paura che te la possa scopare cazzo " lui alza gli occhi al cielo per il mio cinismo e la mia mancanza di emozioni.

Scommetto che amanda e astrid piangevano a dirotto ,ma io non riesco a provare nulla.
È stato inutile venire qua.
Non la conoscevo e non la conosco la persona che è in quella stanza.
Dovrebbe essere mia madre ma è solo una persona che riconosco per avermi procurato troppo dolore.
Mentre io l'ho sempre e solo salvata.

"Ci pensava due volte prima di farsi dalla mattina alla sera " rispondo per poi alzarmi e camminare verso l'uscita.
"Andrew!" mi chiama,ma io non rispondo e non torno indietro.
Non lo ascolto nemmeno.
Tiro su il cappuccio della felpa e chiamo daniel mentre fumo.
Lui e micol sono gli unici di cui mi fido.
Mia sorella non mi ascolterebbe mi farebbe solo la morale.

"Andrew" "mi sento una merda" "dove sei?" "In ospedale" "torna in camera ti aspetto" riattacco.

Come sempre lui è l'unico che capisce i miei stati d'animo.

Le stelle nei suoi occhiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora