Capitolo 45

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Tre anni prima.

"Drew! Aiutami!"
I suoi singhiozzi strazianti mi arrivano ovattati.

Le mie orecchie fischiano come se volessero isolarsi da questo caos che mi fa male alla testa.

La mia schiena livida e tesa è ancora contro il pavimento, sudicio e freddo della mia casa.
Mi mordo il labbro cercando di trasferire il dolore in qualcos'altro perché la schiena mi fa male, chiudo le mani in due pugni stretti mentre sento, ancora, la sua voce del cazzo.
Stridula e angosciata, sull'orlo di un pianto isterico.

La mia vista appannata dal dolore e dalla rabbia mi rende difficile comprendere pienamente cosa sta succedendo intorno a me.
Forse sono solo confuso,non è nulla di nuovo, ma la testa mi fa più male del solito e l'aria mi manca talmente tanto da bramare ossigeno come fosse finito.
Come se fossi nel fondo dell'oceano e si fossero scaricate le bombole nel bel mezzo di un escursione.
Sento tutto, ma non veramente.
Guardo mia madre che piange con un ago nel braccio e mi illudo sia solamente la trama di un film.

Non lo è.
È la mia vita.

E quella sdraiata mentre si ignetta chissà quale sostanza nel braccio è mia madre.
Non una donna qualunque.
Anche se da qua a qualche anno fatico a riconoscerla.
Sembra un demone che si è impossessato di lei, e porta il nome dell'uomo che le siede accanto.
Mentre sono sdraiato con la schiena contro il muro come fossi un fantasma del mio corpo appena morto riesco a vedere le uniche cose che finora mi hanno circondato da qualche anno.
Le immagini di siringhe usate sul pavimento e di bottiglie rotte sparse ovunque mi ricordano che non c'è nessuna speranza.

Che sono solo.
Che nessuno ci aiuterà.
Non per me,per nessuno.

L'odore del sangue arriva acre alle mie narici ricordandomi che ho il naso che sanguina.
La mia rabbia la sentono tutti,fino ad impregnare le mura di questa casa di merda, mischiandosi all'odore chimico di quella che era marijuana.
Ogni oggetto in questa casa porta il peso di qualche schifoso ricordo fino a farmi venire il voltastomaco.

Ci sono nato qua in mezzo,dovrei essermici abituato.
Ma come ci si abitua alla continua violenza?dovrei saperlo fare.
Dovrei saper difendermi da quel mostro che fa parte della mia vita e che ogni giorno si insinua nella mia testa fino a distruggere ogni lume di ragione rimasto.

Ma non so farlo.
Sono debole e inerme.
Mal nutrito e senza scopo.

Se non la speranza di andarmene via un giorno.
Uomini del genere non dovrebbero esistere.
Nemmeno per la persona che più si odia al mondo bisognerebbe desiderare un mostro tale come patrigno.
Perché ti distrugge giorno per giorno fino a disintegrare quel che poco resta di te.
Lasciando un'anima vuota e assente, incapace di vivere.
Mi ha ucciso lentamente.

Mi alzo lentamente e provo a andarmene nell'altra stanza.
Ma non scappo da lì abbastanza in fretta,no.

"Dove scappi? Non si scappa mai nella vita"
Mi accorgo troppo tardi del pugno che sta per arrivarmi.
La sua mano dura e rude entra in collisione con la mia guancia già viola e già macchiata dalla sua presenza.

Non merito nulla di tutto questo eppure mi capita.
Il mondo fa schifo e dio non esiste.
Perché se esistesse davvero sarebbe un vero bastardo per farmi subire questo schifo ogni giorno.

Mi accascio nuovamente per terra disorientato e confuso.
Strizzo gli occhi in un gesto abituale cercando di mettere a fuoco le immagini intorno a me che al momento arrivano sfocate.
Cercando di rialzarmi.
Sputo un grumo di sangue e saliva tossendo l'attimo dopo,creando una chiazza sul pavimento di legno rovinato dagli anni.
Questa casa fa schifo.

Le stelle nei suoi occhiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora