Capitolo 40

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Faceva caldo.

No, non quel tipo di caldo. Non il tipo per cui doveva rimboccarsi le maniche per stare al fresco in un'estate soffocante. Non del tipo che le sue gambe si attaccavano sempre ai sedili in pelle. Non di quelli che sentiva il sapore del sale dalla fronte, o l'umidità dei suoi vestiti.

No.

Era un calore diverso.

Come quando al mattino sentiva il sole filtrare attraverso le persiane. Come quel primo sorso di tè spinto delicatamente da mani attente, il liquido che scivolava facilmente lungo la sua gola. Era una dolce ninna nanna russa, che teneva a bada i suoi incubi. Era un paio di mani confortanti sulle sue spalle; sussurri che raggiungevano le sue orecchie, una che offriva una guida, l'altra che faceva battute. Era una risata, così allegra e contagiosa, da far vergognare Babbo Natale. Era una presenza costante alla sua sinistra; una forza che lo sorreggeva ogni volta che aveva voglia di crollare. Era un sorriso dolce e occhi luminosi e arricciati, denti bianchi che brillavano luminosi contro il bagliore di un computer.

Forse era proprio questa la morte.

Era stato così freddo; era come se il ghiaccio fosse nelle sue vene. Lo avvolgeva completamente, come se fosse stata la mano di pietra della Morte a cogliere la sua caduta invece delle gelide acque. Non ricordava di aver urlato; lo shock era stato troppo forte, il suo tempo di reazione si era congelato come il resto delle sue estremità. Ma era stato tutt'altro che veloce. Il freddo era fuorviante; nient'altro che un ragno che lo intrappolava istantaneamente nella sua tela, solo per giocare con lui prima di finire il lavoro. Si insinuò dentro di lui; prima nella pelle, poi nelle ossa, infine nell'anima. Lo scherniva, ridendo mentre gli toglieva tutto quello che aveva, mentre lui giaceva paralizzato. Non c'era una luce bianca, non c'era la dissolvenza verso il nero. Nessuna vergine a portarlo via, nessun uomo che lo aspettasse ad un cancello perlaceo. C'era solo il freddo. Nient'altro che il freddo.

Ma adesso non c'era più, quasi come se non fosse mai stato lì. Ma sapeva che era ancora lì dentro. Da qualche parte, nascosto dietro l'attuale bagliore caldo. Il freddo lo aveva reclamato. Chissà quanto di sé aveva riavuto. Chissà quanto tempo sarebbe passato prima che il freddo tornasse a riprenderselo. Non poteva tornare indietro. Non poteva. Le profondità ghiacciate erano l'inferno che non sapeva esistesse; le acque calme e scure erano un abisso di disperazione senza fine, mentre il silenzio lo faceva impazzire. Sussultò, cercando di aggrapparsi al calore, al conforto, pregando, volendo, che non andasse via. Stava tornando per lui. Il freddo. Lo stava raggiungendo, la presa stretta intorno alla sua gola, e lui non poteva, non poteva, non poteva-

"Shhhh."

Si bloccò.

Il suono echeggiò di nuovo. Un piccolo sussurro di brezza.

"Va tutto bene," lo cullò. "Sei al sicuro, ora."

Si voltò, attirato come un gatto dal sole, allungandosi per avvicinarsi ai toni rilassanti. Una mano gli passò tra i capelli, le dita che gli percorrevano la testa con la stessa delicatezza con cui aveva fatto la voce. "Rilassati, Capitan Ghiacciolo." Un alito caldo gli soffiò sul collo. "Prendi un bel respiro; ci siamo noi. Ci sono io."

Sospirò, sentendo il suo corpo afflosciarsi. La tensione era svanita, il ghiaccio si stava ritirando dalle sue vene. Si lasciò andare alla deriva, finalmente galleggiando invece di affondare. Non aveva freddo.

Si sentiva caldo.





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Steve si svegliò al suono di un fruscio. Il suo corpo venne leggermente spinto da un lato all'altro mentre una mano gli avvolgeva una coperta stretta intorno al petto. Gemette; beh, almeno ci provò. Il rantolo che gli uscì dalla gola sembrava più un motore arrugginito di un'auto che cercava di avviarsi.

Go Ugly Early - Traduzione Italiana (Stony)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora