CAPITOLO 52

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UN SOGNO DI VENDETTA

A volte basta chiudere gli occhi per immaginare una vita diversa.
Aedus era cresciuto a Dorne ma spesso, chiudendo gli occhi, aveva sognato sé stesso in una vita differente, con un nome differente.
Aveva odiato e pianto per non poter avere ciò che in fondo era parte di lui.
Si era arreso al compromesso di poter avere sua madre vicina, anche se non sarebbe mai stato visto come suo erede, suo figlio, un drago.
Ma con la guerra che infuriava, dopo anni a Roccia del Drago, non era più un principe Martell prossimo a governare su Dorne.
Voleva essere di più, voleva essere un sognatore, voleva vendicarsi.
Gli avevano strappato Amarys, Aemma e ora Luke.
Dion era quasi morto per governare la sua flotta e lui cosa aveva fatto? Era rimasto a guardare, obbedendo, alzando la spada quando gli veniva detto.
Si era sentito imprigionato per anni, ripetendo di essere solo un bastardo, a cui nessuno doveva nulla. Ma quando salì sulla schiena nuda di Cannibal, priva di un seggio, finalmente capì cosa provasse sua madre.
Era una cavalcata pericolosa, ma si sentiva vivo. Si sentiva un drago, non un cavaliere.
La creatura lo aveva scelto, perché erano simili, perché non si adattavano alle convenzioni, alle idee. E da prede terrorizzate, pronte a nascondersi, ora erano predatori.
Aedus volava attraverso la notte, furioso, eppure non si era mai sentito meglio di così.
In lui scorreva sangue valyriano, lo stesso sangue dei Conquistatori di Westeros, del tiranno Maegon e tutti loro erano parte di lui.
Basta fingere, non gli importava più.
Avrebbe preso ciò che era suo, Amarys era sua. 

<<Lo senti?>>chiese in valyriano, al suo drago. <<Segui il sangue di drago, è ferito, è oro? È tutto tuo>>

Ecco come aveva capito di poter trovare la sorella.
Cannibal era un cacciatore e cacciava draghi. Sapeva che Sunfyre era il solo ad essere stato ferito gravemente e di certo era ben lontano dalla base dei Bianchi.
Lo stava portando in una zona più rocciosa, ad ovest, in cui non era mai stato.
Cannibal si fermò, librando a mezz'aria mentre guardava le nuvole nere, cariche di pioggia.
C'era qualcuno e quando apparve un tuono, Aedus vide qualcosa di molto più grande di loro.
C'erano solo due draghi così grandi: Albalux e Vhagar.
Ma Vhagar, secondo alcuni avvistamenti, era andato a contrattare con la Triarchia e sperava che fosse un'informazione sbagliata, dato che lì c'era anche Visenya. 
Quando la creatura scese in picchiata, il suo drago aprì le fauci e un fuoco verde iniziò a colorargli la gola.
Poi ci fu un ruggito. 
Esisteva solo un drago al mondo in grado di scatenarlo.

<<No, Cannibal!>>gridò con accento Valyriano. 

Lui chiuse i denti, con uno scatto fermo e contrariato.
Era Albalux.
La creatura era possente e molto più spaventosa dopo l'ultima battaglia, aveva delle cicatrici argentate sulle ali e sul muso.
La madre gli volava attorno e il drago bianco ringhiava in modo mostruoso, era un predatore molto più del suo nero.
Lo stava chiaramente minacciando e Cannibal rispondeva sfrontato.

<<Aedus?!>>esclamò la donna, nell'antica lingua.

<<Sono io, madre>>

Bellarys era senza fiato, fissava il drago pieno e scuro, teso e arrabbiato, pronto a combattere contro chiunque.
Sapeva chi era Cannabal, perché lo aveva indotto lei a Roccia del Drago ma mai aveva pensato che avrebbe reclamato il suo primogenito. 
Aveva pensato che Visenya, col suo carattere tagliente, sarebbe stata più adatta ma si sbagliava.

<<So dov'è Amarys>> urlò allora lui.

<<Anche noi>>

<<Noi?>> chiese, più a sé stesso.

Cannibal era agitato, ringhiava ma non solo verso Albalux, ma sotto di loro, sul mare.
Aedus vide un luccichio rosso, gli sfuggì un sospiro di sollievo, tre draghi potevano vincere.

𝐓𝐡𝐞 𝐖𝐡𝐢𝐭𝐞 𝐓𝐚𝐦𝐞𝐫 - 𝐇𝐎𝐓𝐃Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora