7. Stupido indovinello

46 16 0
                                    

EDOARDO

Okay Universo, a che gioco vuoi giocare?

Che ci faceva Miriana con quel deficiente del suo cagnolino sotto al palazzo di Gianni?

Dio, è più bella adesso che quando è arrivata la prima volta in ufficio; ormai sono passati così tanti anni...

Mentre ci penso mi nascondo dietro un vicolo, apparentemente deserto, e il mio corpo si accascia automaticamente a terra, stremato, cercando di riprendere fiato.

Per fortuna mi sono solo fatto male al braccio cadendo, niente di grave.

Ora però la mia mente riesce a concentrarsi solo su quel giorno...il giorno in cui la vidi per la prima volta.

*3 settembre 1989*

«Edoà», alzo lo sguardo e vedo Luca Colombo, mio collega e amico, lasciarmi il caffè sulla scrivania.

«Grazie Lù, che ti serve?»

«Ma perché devi sempre pensare che io abbia un secondo fine?»

Alzo le sopracciglia e lo fisso in silenzio.

«Va bene, senti, per caso riusciresti a...»

«Lo sapevo!»

«Vedi come fai!»

«Luca, parla ora o taci per sempre».

«Allora, sta arrivando una nuova, la Bianchi ha chiesto a me di accoglierla, ma io avrei quell'appuntamento...ti ricordi te ne avevo parlato...»

«Con quella Valentina che hai conosciuto al parco?»

«Sì, proprio lei».

«No Lù, mi dispiace, non se ne parla, non spreco la giornata in ufficio per fare il baby sitter, siamo ancora bloccati sul caso del Club 44».

«Ti prego...magari è carina», farfuglia lui, cercando di convincermi.

Sbuffo.

«Mi devi un turno».

«Ti copro tutti i turni che vuoi, sei grande!» esclama entusiasta, per poi alzarsi e andar via di corsa.

Che palle.

Sento dei tacchi risuonare nel corridoio, tutti si voltano verso l'entrata.

Togliamoci di mezzo questa rottura di coglioni.

Mi alzo dalla scrivania e vedo Elisabetta arrivare spedita nella mia direzione.

«Dov'è Colombo?» mi chiede, indispettita.

«Lo sostituisco io».

«Non si prende mai una responsabilità».

«Capo non preoccuparti, ci penso io, andiamo», cerco di rassicurarla.

«Sarà meglio che tieni le mani a posto», mi mette in guardia, mentre ci incamminiamo verso la porta.

Non posso fare a meno di alzare gli occhi al cielo.

Appena Elisabetta apre la porta mi si presenta davanti una visione.

Una ragazza stupenda, con gli occhi dello stesso colore del cielo e i capelli come il sole, raccolti in uno chignon impeccabile, che tuttavia lascia fuoriuscire piccole ciocche più corte che ricadono sul viso, il viso innocente di un angelo.

È riccia, amo le ricce.

Quella giacca blu scuro abbottonata che le avvita il bacino, Dio, e quei pantaloni che le scendono perfettamente sulle gambe lunghe e snelle. Tacco con il quale mi supera di poco in altezza.

Vuole sembrare più donna la signorina, ma si vede che non arriva nemmeno ai 25 anni.

Quanto vorrei...

«Piacere, Mancini Miriana», mi porge la mano, ponendo fine ai miei pensieri impuri.

«Mariani Edoardo, vice ispettore», rispondo accennando un mezzo sorriso.

Ha una bella stretta di mano, devo ammetterlo.

«Elisabetta Bianchi, direttrice generale del dipartimento», si annuncia Elisabetta quando porge la mano verso di lei.

«Insomma il capo supremo», aggiungo io alla sua presentazione, beccandomi uno sguardo di rimprovero.

«Mancini, lieta di conoscervi finalmente di persona», continua la ragazza con fare adulatorio.

Aspetta, Mancini...dove l'ho sentito?

«Se sei almeno la metà di ciò che era tuo padre, non avrai nulla di cui preoccuparti. Flavio era uno dei migliori, una grande risorsa per il dipartimento», continua il mio capo.

«Tu sei la figlia di Flavio Mancini?» domando con un evidente tono di stupore.

«Sì...lo conoscevi?»

«Di vista ma...era una specie di leggenda qui».

Lei accenna un sorriso, ma negli occhi ha un velo di tristezza.

«Mi dispiace per tuo padre, lo ammiravo molto», aggiungo poi, ricordandomi del tragico incidente di Napoli.

«Grazie, mi fa piacere sentirlo».

«Bene, ora ti lascio con il vice ispettore Mariani, ti mostrerà la sede e ti spiegherà il da farsi, ma prima devo farti una domanda, o meglio, un indovinello», precisa Elisabetta.

Oddio, eccola che ricomincia.

Da quando è diventata Capo, ogni volta che arriva una persona nuova, deve fargli questo stupido indovinello, a cui nessuno ha mai saputo rispondere, me compreso.

«D'accordo...» risponde Miriana insicura.

«Se l'insieme vuoi trovare,

il sole devi guardare.

Lo schema è preciso;

dividi i due elementi, ma ti avviso,

non fermarti all'apparenza,

somma ciò che hai,

e la ricchezza troverai».

Che cavolata, non ha senso, e non mi ha mai detto perché lo fa, neanche quando sono diventato vice l'anno scorso.

«In questo momento non...» risponde la biondina dopo attimi di silenzio, ma Elisabetta non le lascia terminare la frase.

«Va bene così», la liquida, girando i tacchi.

«Allora, ti faccio vedere il posto, Miriana», annuncio, incamminandomi di fretta, con lei che cerca di stare al mio passo.
«Ho sbagliato qualcosa?» mi chiede agitata.

«Naah, lo fa con tutti, ma nessuno sa la risposta, neanche io. Sospetto che neanche lei stessa la conosca», scherzo per smorzare la sua ansia evidente.

Infatti, si lascia scappare un respiro di sollievo.

«E lei...da quanto tempo lavora qui, signore?»

Mmh, signore.

«Per quanto mi piaccia sentirmi chiamare così da te, ti prego, diamoci del tu, e puoi chiamarmi semplicemente Edoardo, siamo colleghi ora».

«D'accordo, Edoardo», arrossisce come una ragazzina.

Sentire il mio nome detto in questo modo, da una così, fa smuovere tutta la dopamina nel mio cervello.

Lei sarà la prossima.

Incastro PerfettoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora