EDOARDO
«Era l'agosto dell'85, come ben sai, quella sera la discoteca esplose, ed io ero presente; per fortuna ero fuori a fumare una sigaretta prima di entrare, e non sono rimasto sotto le macerie. All'epoca avevo già lasciato il vecchio giro ed avevo la mia carriera nei Servizi Segreti, un po' raccomandato da mio zio che ci ha lavorato prima di me, lo ammetto, altrimenti non sarei mai diventato vice ispettore così in fretta, ma difficilmente quelli dei clan ti lasciano andare senza conseguenze, quindi ogni tanto mi facevo vivo per non destare troppi sospetti», inizio a spiegare.
«Per chi lavoravi?» domanda lei con quel fare da investigatrice, e devo ammettere che sono sempre rimasto affascinato dalla sua mente, oltre che dal suo corpo.
«Per Il Rosso».
«Alessandro Caruso? Il proprietario del Club 44?»
«Sì, ma come saprai, ufficialmente il proprietario era Paolo Ferro, un tizio davvero egocentrico».
«Che rapporto avevano quei due?»
«Oh, si conoscevano molto bene, credimi, erano cugini».
«Davvero?»
«Sì, ma di qualche grado lontano, quindi non hanno mai trovato nulla che li collegasse».
«E tu sai dov'è ora?»
«Una cosa alla volta, Girasole», la guardo negli occhi mentre spengo la sigaretta nel posacenere, e noto il suo fastidio a quel soprannome.
«Allora, una volta che la polizia locale passa il caso a noi dei Servizi, ovviamente Caruso e Ferro lo scoprono, non potevo non occuparmene, così un giorno ho ricevuto una bella sorpresa direttamente a casa: i loro scagnozzi si fanno trovare nella mia cucina con un paio di pistole e distruggono il mio appartamento, lasciandomi un messaggio ben chiaro», prendo un respiro profondo.
«Dovevo fare in modo che non si risalisse mai a loro, Ferro se la sarebbe cavata con una multa da pagare per non aver fatto i controlli, un po' di libertà vigilata e l'obbiettivo unico era di farlo passare per un incidente».
«Quindi non è stato un incidente?»
«No, qualcuno ha piazzato delle taniche di vaselina e varie miscele di esplosivi, causa della morte dei due dipendenti che si trovavano troppo vicini al punto focale, ma all'epoca neanche Caruso sapeva chi fosse stato. Il mio compito era solo quello di insabbiare tutto, mentre loro, a quanto mi hanno fatto capire, si sarebbero occupati del vero colpevole».
«Quindi neanche tu sai chi è», esclama sconsolata.
«No, ma ti ricordi che poco dopo fu appiccato quell'incendio che distrusse anche le macerie ed eventuali prove?»
«Sì, ricordo».
«Sono stati loro, non so cosa avessero in mente, ma c'era qualcosa in quel locale che dovevano proteggere, molto più importante della droga».
«I soldi...»
«Sei sveglia, fiorellino», le faccio l'occhiolino, mentre accendo un'altra Winston.
È davvero sveglia, forse è l'unica che potrebbe davvero arrivare alla soluzione, potrebbe tornarmi utile.
«Ho cercato di accontentarli, ma la situazione era più grande di me. Quando il caso stava affondando nell'acqua, io sono andato giù con esso; Elisabetta ha scoperto tutto, ma ovviamente non sapeva che volevo incastrarli, stavo raccogliendo prove mentre fingevo di distruggerne altre».
«Perché non gliel'hai spiegato allora?»
«Pf, secondo te mi avrebbe creduto?»
«Be', che fine hanno fatto le prove che avevi recluso?»
«Le avevo nascoste in casa appositamente, ma quelli sono tornati e hanno preso tutto, me la sono cavata inventando che gliele stavo giusto per consegnare, e loro...»
«E loro le hanno fatte sparire definitivamente» mi precede.
«Già, i Servizi Segreti non mi avrebbero mai creduto, ho cercato di riparare al danno, ma era troppo tardi».
«Cosa hai fatto in questi cinque anni?» mi chiede dopo attimi di silenzio.
«Sono passato di città in città i primi due anni, poi a Napoli ho cercato protezione in un vecchio giro, quando avevo finito i risparmi; forse l'hai conosciuto: il signor Gianni», appena pronuncio quel nome lei scoppia a ridere, e inizia a raccontarmi ciò che è successo il giorno che ci siamo incrociati a Napoli; non posso fare a meno di ridere con lei.
«Una prostituta, davvero, come ti è venuto in mente?»
«Non lo so, ero nel panico» continuiamo a ridere come due idioti, senza renderci conto che è passato un pomeriggio intero, e sta facendo buio.
«Oddio, sono quasi le otto, devi andartene», esclama in preda al panico dopo aver controllato l'ora.
«Sì, me ne vado, ma ancora non mi hai detto che ci guadagno ad aiutarti» rispondo, incrociando le braccia.
«Be', ora che so com'è andata, potrei darti una mano a rifarti una reputazione, a vivere alla luce del sole», propone sicura di sé.
«E come pensi di fare?» mi avvicino.
«Sono vice ispettore, la mia parola vale molto di più ora, e se risolviamo il caso, potrai fare ammenda e spiegare a una giuria ciò che hai detto oggi a me, sarai un eroe incompreso, ci faranno solo una brutta figura col Governo a non riprenderti».
Miriana è sveglia, non c'è dubbio, e non ha tutti i torti, ma lo voglio davvero?
Ne vale la pena?
«A che punto siete arrivati? Priorità del caso?» domando per capire meglio la situazione.
«Queste sono informazioni private del Governo e dei Servizi».
«Se non siamo sinceri l'uno con l'altra come pensi di arrivare a una soluzione insieme?» non la vedo tanto convinta, ma sa che ho ragione.
«D'accordo. Allora, la priorità massima è la cattura del clan, e subito dopo scoprire dove sono i soldi del club».
I soldi?
«Scusa, ma i soldi sono spariti con loro».
«Negli ultimi anni abbiamo avuto pochi sviluppi, ma se c'è una cosa di cui siamo assolutamente certi, è che i soldi sono nascosti da qualche parte, fidati».
Ah, buono a sapersi, quindi i soldi sono ancora in circolazione, con tutte quelle lire potrei estinguere i miei debiti e andarmene da questo Paese...e Miriana è la chiave.
So che ha sempre avuto una cotta per me, potrei usarla a mio vantaggio.
«Quindi affare fatto?» chiede porgendomi la mano.
«Affare fatto», gliela stringo.
STAI LEGGENDO
Incastro Perfetto
Детектив / ТриллерEdoardo Mariani, ex agente dei Servizi Segreti Italiani e attuale latitante, dovrà rivedere i suoi piani per la vita dopo un fortuito incontro con una sua ex collega, ancora in carica, Miriana Mancini. Una discoteca esplosa in circostanze misteriose...