49. Tutto collegato

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NOTA AUTRICE: Questo è uno dei miei capitoli preferiti. Se vi piace leggere con la musica, questo lo dovete leggere assolutamente con "She knows" nelle cuffie. Buona lettura :)

EDOARDO

Rientro nella stanza d'ospedale, chiudo la porta, e trovo Miriana accomodata al piccolo tavolo.

«Presto», allunga le mani e le porgo i documenti.

Sistema tutto in perfetto ordine sul ripiano di legno, fa scattare la penna, e apre il suo blocchetto, ovviamente è azzurro.

«Cosa hai in mente?» domando appoggiandomi con una mano allo schienale della sedia e con l'altra al tavolo.

«È lui», mi mostra la foto segnaletica di un tizio inquietante, ma allo stesso tempo, è come se avesse qualcosa di familiare.

«Forse l'ho già visto, ma chi è?» chiedo incuriosito sempre di più.

«Il serial killer dei girasoli. Le sue vittime erano uomini che maltrattavano le donne, per un motivo o per un altro, lui li trovava sempre, e strappava loro il cuore, lasciandoli privi di vita con un girasole tra le mani. Era la sua firma», mi indica una foto di una vittima, legata alla sedia, con gli occhi rimasti aperti per il terrore. Stretto nella mano legata insieme al corpo, un girasole insanguinato. Questo è troppo anche per me.

«È fottutamente inquietante, come ti è venuto in mente?», ammetto sgranando gli occhi.

«Hai presente il famoso indovinello che Elisabetta recita il primo giorno di ogni nuova recluta?»

«Sì...»

«Mi ha confessato che è stato proprio lui a raccontarglielo, e lei non lo ha mai dimenticato; per tutti questi anni ha cercato una risposta», mi spiega parlando a tutta velocità.

«Allora avevo ragione: neanche lei conosce la risposta».

«No, infatti», conferma il mio sospetto di sempre.

«Biondina adoro quando sei concentrata, davvero, ma vuoi spiegarmi che c'entra questo con il caso del Club 44?», non me la sento di chiamarla girasole con quella foto davanti, quanto si può essere psicopatici?

«Guarda la data d'arresto e il nome dell'avvocato», mi indica un punto sul foglio del verbale d'arresto.

«Dicembre 1985, quindi quattro mesi dopo l'esplosione e...ma quello è lo stesso avvocato...»

«...del clan dei Caruso» conclude lei al posto mio.

«È una coincidenza?» le chiedo accigliato, mi sembra tutto troppo assurdo.

«Io non ci credo alle coincidenze», ribatte lei sicura di sé.

«Ma io non l'ho mai visto, possibile?» rifletto cercando di far comparire il volto di quell'uomo in qualche ricordo degli anni passati in cui lavoravo per Caruso, ma niente.

«Possibile eccome. E se fosse tutto collegato?»

«Tutto è collegato nell'Universo, amore, sii più specifica». Lei si volta di scatto, inondandomi di profumo alla vaniglia.

«Come mi hai chiamata?» rimane a fissarmi in un modo che, forse per la prima volta in vita mia, mi mette in soggezione.

«Te l'ho detto che sei sexy con la vestaglia d'ospedale?» le faccio l'occhiolino.

«Concentriamoci!»

«Sì, hai ragione. Concentrati» riporto lo sguardo sul tavolo.

«Se l'assassino è collegato al clan di Caruso, e i girasoli erano i suoi fiori preferiti, l'indovinello non può riguardare altro che quelli. E magari, la soluzione ci porterà da loro».

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