54. Hai firmato la tua condanna

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MIRIANA

Dopo esserci ripresi entrambi, freschi e riposati, la rabbia si è tramutata in passione. Così dopo aver testato i sedili posteriori della sua auto, Edo mi ha portata in giro, mostrandomi monumenti storici, visitando negozi tipici e a passeggio per le strade e i parchi.

Forse anche lui, come me, voleva rimandare un altro po' il momento in cui saremmo arrivati da Caruso. Perché quello sì che sarà la fine del nostro viaggio.

E se poi lo mandano comunque in prigione?

E se poi mi abbandona?

E se poi non vuole sapere più niente di me?

«Siamo arrivati», annuncia lui.

Parcheggia in un viale che precede una grande casa immersa nel verde, e più in là, scorgo un enorme campo di girasoli. La campagna è incorniciata dal tramonto aranciato e, per un istante, mi dimentico perché siamo qui.

«Come hai fatto a trovarlo?» gli chiedo sbalordita.

«Con il metodo più vecchio del mondo: passaparola. Un mio amico mi doveva un favore, e indovina suo cugino chi è? Uno dei trafficanti di Caruso. Altro che Filosa e i suoi indovinelli del cazzo», mi spiega orgoglioso.

«Certo che te le scegli proprio bene le amicizie».

«Modestamente. Comunque, loro nascondono la droga in mezzo al campo di girasoli, e hanno mascherato lo spaccio con l'esportazione di prodotti agricoli acquistando sotto banco un'attività già avviata, senza cambiare il nome originale, per questo non li hanno mai rintracciati».

«Per una cosa così stupida...» rimugino io ad alta voce, incredula.

«I soldi dovrebbero essere nella banca più vicina a partire da questo punto, come ci ha detto Aurelio, ma ovviamente non potevo chiederlo al cugino del mio amico. Quindi ora catturiamo prima Il Rosso e poi avremo un mandato ufficiale per sequestrare il denaro».

«E da quando rispetti le procedure tu?»

«Da oggi. Senti ora io entro, parlo con un paio di persone e mi organizzo come si deve. Tu mi aspetti qui, d'accordo?»

«Ma...» prima che possa replicare, mi zittisce con un bacio.

È strano.

Mi ricorda il bacio che mi ha dato prima di partire.

Ha le mani sudate.

Sono più di venti minuti che Edo è lì dentro, mi ha detto di aspettarlo è vero, ma l'ansia mi sta mangiando viva. Se l'avessero ammazzato?

Devo entrare.

Mi assicuro che la pistola sia carica, scendo dall'auto e mi avvicino alla casa con passo felpato.

Controllo il perimetro: libero.

Mi apposto sul retro, dove trovo una semplice zanzariera, dalla quale riesco a vedere e sentire tutto.

«No uagliù, è mezz'ora che vi ripeto la stessa cosa!» sento chiaramente la voce di Edoardo.

«Non mi fido!» grida uno degli uomini.

Sono in due, a parlare con lui. Sono tutti e tre in piedi, ma non vedo bene le loro facce.

Mi volto di scatto, alle mie spalle, un rumore come di un ramo che si spezza.

Cos'è stato? Non vedo nulla, il sole è ormai calato all'orizzonte e siamo in penombra.

«Ma la ragazza deve venire con noi, possiamo fidarci di lei!» sento di nuovo la sua voce, a cui rivolgo nuovamente la mia attenzione.

«E perché mai?» gli domanda l'altro.

«Semplice, perché non l'ho convinta e basta, ma l'ho fatta innamorare», ride.

CHE COSA?!

«Fidatevi, me la sono lavorata per mesi!» aggiunge.

Lavorata per mesi...?

«Un manipolatore di alto livello», commenta uno dei due tizi, facendo scoppiare a ridere tutte e tre.

Un nodo mi stringe la gola, mi pizzica il naso, sento le lacrime che vogliono uscire, ma non ora.

Non stavolta.

Lo sapevo, avevo ragione a credere che fosse tutto troppo assurdo. Ho fatto l'errore madornale di mettere a tacere il mio istinto.

«Il nostro accordo è sempre valido?» chiede lui, avvicinandosi di più a loro.

«Okay, ma vogliamo il cinquanta per cento», decreta uno.

«Cinquanta per cento?! No, i patti non erano questi», replica Edo in tono arrabbiato. «Quei soldi mi servono. Se non fosse stato per quella ragazza, ora non sarei qui. Abbiamo un patto d'onore, signori miei. E vorrei rammentarvi che conosco solo io il codice di sicurezza della banca», continua lui, difendendosi, ma ormai non lo ascolto più.

Mi ha usata per i soldi.

Vaffanculo, Edoardo Mariani. Hai firmato la tua condanna.

Posiziono la pistola, tiro un calcio alla porta che cade a terra ed entro. La caduta produce un tonfo che fa scattare tutti e tre per lo spavento, ma io tengo il mirino solo su uno.

«Chi sei?» i due uomini putano a loro volta le loro pistole contro di me, ma non riesco a rivolgerli la minima importanza, vedo solo lui.

«Oh! Tutti calmi, giù le pistole, lei è la ragazza di cui vi parlavo», Edoardo cerca di calmarli, e loro, appena capiscono, mettono giù le armi, ma io no.

«Che ci fai qui? Ti avevo detto di aspettare in macchina» con me tiene un tono pacato, ma non glielo permetto.

«Menomale che non l'ho fatto», alzo in aria la pistola, sparo al soffitto, e la ripunto subito contro di lui.

«Che ti prende?!» fa pure il finto tonto.

«I soldi? È questo che volevi, eh?» alla mia domanda, il suo volto si sbianca tutto d'un colpo.

«Hai sentito...?» mormora senza sostenere il mio contatto visivo.

«Tutto, purtroppo per te, Mariani».

«Ascolta, parliamone fuori», cerca di sviare al mio mirino, camminando lentamente e con le mani bene in vista, ma non glielo permetto. «Miriana, per favore», stringe i denti.

«Edoardo», rispondo tagliente, per fargli capire che non lo ascolto più.

«Eh, Sale e Olio, jamm uagliù, che dobbiamo fà?!» interviene uno dei due uomini, rimasti in disparte.

«Sta zitto!» faccio partire un altro colpo, prendendo la mira a un centimetro dal piede dell'uomo che si crede tanto simpatico.

«Miriana!» una voce alle mie spalle mi costringe a voltarmi.

«Che diamine ci fai tu qui?!» sbotto, incredula.





N: di chi si tratta secondo voi? :)

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