33. Menti criminali

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EDOARDO

Ventinove giorni, da quella notte.

Ventinove giorni, che non ci vediamo.

Ventinove giorni, e stasera mi chiede di incontrarla.

Alla fine, come previsto: è venuta lei da me. In fondo farsi desiderare non è stata una cattiva idea. Ci ha messo più di quel che credevo, ma in fondo chi lo tiene il conto.

Parcheggio l'auto davanti all'alimentari che si trova di fronte al suo palazzo, spengo il motore e mi accendo una sigaretta nell'attesa.

Ma quanto ci mette? Mentre espiro il fumo fuori dal finestrino, una ragazza mi passa davanti, a pochi centimetri dalla mia portiera, attirando la mia attenzione. Ci sorridiamo, ma niente di più, e lei prosegue entrando nel negozio.

Ah, le donne.

Non vedo l'ora che questa farsa finisca, non sono fatto per le relazioni, per la pensione, la moglie e i figli. Voglio vedere il mondo, anche se per ragioni poco legali, e godermi la vita.

Con lei, non potrei mai.

Ma perché ci sto pensando?

Però è brava, con quelle mani...

«Ciao», sento una voce, la sua voce.

«Le mani!» trasalisco, e la sigaretta mi cade fuori.

«Eh?»

«Eh?»

Cristo, datti un contegno.

«Le mani sulla...sulla cosa, la maniglia, fai piano, ho pulito la macchina oggi», l'ho pulita ieri, ma è uguale.

«E cosa c'entra...»

«Partiamo?» la stronco sul nascere, girando le chiavi nel quadro elettrico.

«Sì, anzi muoviti, prima che mi vedano con te».

«E chi ti dovrebbe vedere?»

«Atena e Andrea sono su da me, sospettano che io abbia una relazione segreta o qualcosa del genere».

«Perché sei in tuta?» la osservo meglio con la coda dell'occhio.

«Non posso indossare la tuta?»

«Sono sempre stato abituato a vederti...elegante». Sì, con quei cazzo di completi che ti fasciano quel sedere tondo e...

«Potrò mettere quello che voglio in casa mia», ribatte acida.

«Sì, ma datti una calmata, era solo un'osservazione, la mia».

«Perfetto, non ti rispondo neanche. Trova un parcheggio piuttosto».

«Un parcheggio?»

«Sì, così ti dico quello che ti devo dire e posso risalire a casa prima che quei due mi vengano a cercare, ho detto che scendevo a comprare i panini qui di fronte, quindi abbiamo poco tempo», mi spiega senza neanche prendere fiato.

«Te ne vai così presto?»

«Perché? Che credevi?»

«Nulla, per sapere». Perché l'ho chiesto?

«Tu che programmi hai con questa camicia nera?» cambia argomento.

Nessuno, a questo punto, me ne torno a casa a guardare il Napoli. Mai saltato una partita, ma stasera, non mi è importato.

«Niente, raggiungo degli amici per una birra», mento. Non sembrerò disperato ai suoi occhi, anche perché non lo sono.

«Ah, okay», si limita a rispondere.

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