47. Due cose che mio padre mi ha insegnato

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MIRIANA

La testa, mi fa malissimo. Non ci vedo...no ora ci vedo. Metto a fuoco e mi rendo conto di avere una flebo nel braccio, una vestaglia invece dei miei vestiti e...

«Perché siamo in ospedale?» chiedo ad Atena, che mi guarda con occhi adoranti, tenendomi per mano.

«Mì, ci hai fatto prendere uno spavento, chiamo la dottoressa aspetta, non ti alzare», mi dà un bacio sulla mano, per poi lasciarmi sola.

Vedo appoggiati su un tavolo mazzi di fiori, palloncini, e biglietti d'auguri. Che ore sono?

L'orologio appeso alla parete segna le 21:21, cavolo, la cena di Natale!

«Eccola, si è svegliata poco fa», rientra la mia amica seguita da una donna in camicie bianco, forse poco più grande di noi.

«Ciao Miriana, io sono la dottoressa Giusi Cristiano, come ti senti?» si rivolge a me con una voce calda e pacata.

«La testa», mormoro, come se fossi una bambina che ancora non ha imparato a parlare bene.

«È normalissimo, ti ricordi cosa è successo?»

«Pioveva...» farfuglio, cercando di mettere insieme i tasselli.

«Hai avuto un attacco di panico, tua madre mi ha detto che in passato hai sofferto anche di periodi depressivi» esordisce la dottoressa.

«Sì...quando ho perso mio padre».

«Poi non si sono più presentati?»

«No», rispondo secca.

«Miriana, non devi vergognartene, io voglio solo aiutarti», ribatte lei.

«Non mi vergogno di niente, le sto dicendo la verità».

«Allora questo episodio che hai avuto mi confermi sia un caso isolato?» chiede mentre scrive qualcosa sulla mia cartella.

«Sì, ora se ha finito, è già tardi, noi dobbiamo andare alla cena di Natale. Atena, aiutami», porgo il braccio verso la mia amica, ma lei guarda confusa verso il medico.

La donna si avvicina al mio letto, puntandomi una torcia negli occhi, muovendola da destra a sinistra; io la seguo con lo sguardo, senza capire.

«Mi spiegate che succede? Non mi direte che sono stata in coma o cose così vero?» mi lascio scappare una risata isterica, che cessa nel momento in cui non viene ricambiata.

QUANTO HO DORMITO?!

«Ehi, respira», la mia amica si avvicina, prendendomi la mano e stringendola; non mi sono accorta di avere il fiato corto finché non me l'ha detto.

«Miriana, guardami, fai come me», interviene l'esperta di...

Bocca mia taci.

L'aria, voglio l'aria.

La dottoressa mi guarda fissa negli occhi, fa grandi respiri profondi, e io la seguo fino a prendere il suo ritmo.

«Ecco, va tutto bene, sei al sicuro», mi sorride.

«Ascoltami, non sono passati anni, ma ti sei fatta una bella dormita. Oggi è la sera di Capodanno», mi spiega scandendo bene ogni parola, lentamente.

«Del 2001, vero?» chiedo impaurita. Lei ridacchia, facendomi un cenno positivo col capo.

«La cena di Natale non l'abbiamo fatta senza di te, tranquilla», s'intromette Atena.

«Mia madre?» le domando.

«L'ho mandata a casa, doveva riposarsi, è sempre stata qui, come noi». Appena pronuncia quel noi, mi viene in mente Andrea, e subito dopo i flash della nostra lite scorrono nella mia testa come un treno in corsa.

«Andrea, dov'è?» domando mentre la dottoressa mi rimuove la flebo.

«Non c'è, era qui fino a poco fa, è stato con te notte e giorno, ma quando hai iniziato a muoverti è scoppiato in lacrime e se n'è andato», mi spiega pacata.

«Fallo tornare, ti prego».

«Mi aveva chiesto di non raccontartelo, ma come potrei, onestamente trovo che siate due teste di cazzo».

«Ti ha detto cosa è successo?»

«Sì, appunto per questo», conclude lei, con aria di rimprovero.

«Miriana ora deve riposarsi, stanotte può restare solo una persona visto che si è svegliata, d'accordo?» chiede in tono pacato alla mia migliore amica. Lei annuisce e la donna ci sorride, per poi lasciarci sole.

«È Capodanno, non ci credo che non hai impegni», inarco le sopracciglia.

«Olivia dava una festa, ma non potevo lasciarti sola, comunque mi ha chiesto di salutarti e ti augura una pronta guarigione, ti ha portato quei fiori», mi indica un mazzo di peonie.

«Ringraziala più tardi quando la vedi alla festa».

«Non ci vado».

«E invece sì. Atena, sto bene, grazie, ma vai», ribatto.

«Tua madre mi lincerebbe se sapesse...»

«Fammici parlare al telefono», la interrompo subito.

Dopo avermi aiutata a fare una doccia come si deve, e avermi fatto chiamare mia madre, finalmente Atena se ne va, più tranquilla. Rimango sola, e tutto sembra più reale.

Non avevo un attacco di panico dal giorno in cui papà se n'è andato.

Quella sensazione di soffocare, in cui il mondo ti sembra un posto orribile. Tutto trema, solo che non c'è nessun terremoto, è solo il tuo petto che diventa pesante e la testa che si isola dall'esterno.

E nessuno, mai, ti capisce. Ti guardano tutti come se fossi impazzita, e per un istante, lo pensi anche tu. Ed è in quel preciso momento che puoi reagire, riprendere il controllo.

Ci sono due cose che mio padre mi ha insegnato, una di queste è l'auto controllo, l'altra...

«Si può?» sento bussare, poi il cigolio della porta. Mi tiro a sedere sul letto.

«Sì». Entra la dottoressa.

«Miriana, allora rimane il tuo fidanzato stasera, io ho finito il turno, domani mattina ti visiterà un mio collega, stai tranquilla che è bravissimo. Buon anno nuovo», mi sorride e se ne va, parlando con qualcuno all'entrata. Sento un «Niente emozioni forti» e altri tipi di raccomandazioni. Avrà scambiato Andrea per il mio fidanzato?

«Ciao, Girasole».

Rimango immobilizzata, dalla gioia stavolta. È lui, è davvero lui.

«Edo», i miei occhi si appannano prima che possa pronunciare la E.

«No, no, no. Non piangere, la doc mi ha avvisato: niente emozioni forti!» corre nella mia direzione e si siede affianco a me, lasciando un mazzo di fiori per terra, per poi asciugarmi gli occhi con la manica della felpa. Gli getto le braccia al collo, sperando che non sia un sogno.

«Brutto pezzo di merda», gli sussurro senza allontanarmi dalla sua presa.

«Anche tu mi sei mancata», risponde soffocato nel mio abbraccio.

La seconda cosa che mi ha insegnato mio padre, è l'amore.

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