19. Sono imprevedibile

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MIRIANA

«Mi fai impazzire...»

«Sta zitto, non fermarti Edo».

«Sei bellissima».

«Dio».

«Non devi fidarti di me».

«Cosa?»

«Non sono ciò che credi».

«Perché dici così?».

«Non sei in ritardo?»

«Eh?»

«Sei in ritardo, Mirià».

«No, non fermarti».

«Miriana!».

«Ah!» mi alzo di scatto, mi guardo intorno, vedo la mia coinquilina in piedi davanti al mio letto.

Era un sogno...

«Mirià, ma non vai a lavoro oggi? La sveglia sta suonando da mezz'ora», mi chiede Atena infastidita.

Guardo l'ora e scatto in piedi.

«Cazzo, le 7:55», esclamo con la voce che rimbomba nella testa.

«Ti senti bene? Sei tutta sudata», domanda la mia amica in tono preoccupato.

«Sì, sì, sto bene, mi sono solo alzata troppo in fretta».

«Ma perché non chiami e ti prendi un giorno?»

«No ho troppo da fare, non preoccuparti, sto bene».

«Stavi sognando?»

Non le sfugge niente.

«Sì solo uno stupido incubo, mi faccio una doccia ora», le sorrido e chiudo la porta del bagno.

Mentre l'acqua calda scorre sul mio corpo cerco di lavare via anche le immagini di quel sogno assurdo, ma l'unica cosa che faccio è rivederle in loop.

"Non sono ciò che credi" ma che cosa diavolo significa?

Sicuramente non mi fido ciecamente di lui, ma...l'istinto mi dice che se voglio risolvere il caso e fare giustizia al mio papà devo lavorare con Edoardo.

È una settimana che non lo sento, aveva detto che si sarebbe fatto vivo lui appena avrebbe rimesso insieme le prove, spero non si sia già cacciato in qualche guaio.

Arrivo in ufficio e per fortuna non vedo Elisabetta in giro pronta a urlarmi contro, ma noto un dettaglio: il caffè sulla scrivania.

Mi avvicino per prenderlo, ma sento una voce alle mie spalle che mi blocca.

«Buongiorno», mi volto e vedo Andrea con un sorriso stampato in volto.

«Ciao!» esclamo con gioia, per poi abbracciarlo.

«Volevo chiamarti, venirti a trovare, ma non sapevo se le cose tra noi...» parlo senza prendere fiato, ma Andre mi appoggia dolcemente una mano sulla spalla.

«Tra noi è tutto come sempre Mì, tranquilla», sorride ancora e tiro un sospiro di sollievo; è una settimana che sentivo un macigno sul petto.

«Allora, ho appena saputo. Sparisco una settimana e diventi il mio capo».

«Già, mi sembra ancora assurdo, vuoi vedere come ho rimesso a nuovo il vecchio ufficio?»

«Quello di Geraneo?»

«No, l'altro».

Ci dirigiamo nella stanza ed entrando sento invadermi da una sensazione di soddisfazione indescrivibile.

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