27. Fontania

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EDOARDO

«Ma già andiamo via?» biascica Miriana, mentre mi tira per la manica della camicia.

«Tesoro, siamo qui da un'ora e mezza e sei riuscita ad ubriacarti con uno shot e due cocktail», ribatto, mentre la trascino fuori.

«Ma ho bevuto insieme a te!»

«Con la piccola differenza che io lo reggo l'alcol».

«Dove stiamo...?» trattiene un conato di vomito, e d'istinto le reggo la fronte, ma per fortuna sembra placarsi subito.

«C'è una piccola spiaggia non molto lontano da qui, Fontania, è circondata da una scogliera maestosa e da grotte antiche. Per raggiungerla però prendiamo la macchina perché è su una strada in salita, quindi marche!» cerco di spronarla, ma non si muove.

«No...mi gira, mi gira la testa», si lamenta.

Okay, non mi lascia altra scelta: la prendo di peso a mo' di principessa, che è proprio ciò che sembra con questo vestito, se solo non fosse ubriaca.

Parcheggio l'auto vicino uno di quei carretti che vendono i panini per strada, Miriana si deve riprendere, o il mio piano per la serata va a puttane.

Ordino due panini, i più sostanziosi che ci sono sul menù, e due acque frizzanti.

Torno in auto e la vedo accasciata alla portiera con gli occhi chiusi.

Ripenso a prima. Non le ho detto quelle parole in modo romantico, non penso che sembri dipinta da Van Gogh, ma sembrava un bel modo per farla rimanere stupita.

È bella, non lo nego, bella davvero; però ribadisco che quando dorme e non parla è ancora meglio.

Questa è la serata giusta per fare goal, ma non rientra nella mia etica sfruttarla da ubriaca, non potrei mai.

«Ehi», le sussurro accarezzandole il viso, mugugna versi incomprensibili, ma non apre gli occhi.

Decido di prendere il panino e agitarlo sotto il suo naso, e funziona.

«Cos'è...?» chiede frastornata.

«Mangia e bevi un po' d'acqua, ti sentirai meglio», la obbligo a prendere il panino, mentre io subito addento il mio come se non mangiassi da tre giorni.

La vedo che lo osserva per un po', con espressione schifata, poi lo apre.

«Ma ci sono i cetriolini», esordisce svegliandosi tutta d'un colpo.

«Sì, e allora?» non capisco.

«Non mi piacciono i cetriolini», dichiara come se avessi dovuto saperlo.

«Sono la parte migliore!» mi schiero.

«Non li voglio», insiste, come fanno i bambini.

«Non capisci niente, dà qua» sbuffo agguantando il suo panino, mangio tutti i cetriolini e glielo restituisco.

«Sei un animale», afferma in tono disgustato.

«Grazie, e tu una principessa», rispondo in tono ironico.

Alle mie parole chiude le gambe, si raddrizza sul sedile e, finalmente, inizia a mangiare in silenzio; io ormai ho finito il mio, così mi accendo una sigaretta.

«Bevi, ti devi idratare», le passo l'acqua.

Lei la prende senza fiatare e fa come le dico; ah se fosse sempre così con lei, ci metterei la firma.

Dopo un paio di soste per i suoi conati, finalmente raggiungiamo la spiaggia.

«Come ti senti?» le domando scendendo dall'auto.

«Molto meglio, ma non respiro più con questo vestito», ammette, seguendomi.

«Toglitelo», rispondo tranquillo, mentre inizio a spogliarmi.

«Ti piacerebbe...ma cosa fai? Oddio», si volta mentre sfilo i pantaloni.

«Guarda che ho le mutande», la informo.

«E dove pensi di andare in mutande?» domanda continuando a darmi le spalle.

Apro la portiera posteriore e raccolgo i vestiti di ricambio, lanciando dentro l'auto il vestito rosso e le scarpe eleganti.

«Ti ho detto di aver pensato a tutto, ricordi? Ho una bella felpa comoda di ricambio, visto che la sera fa fresco, e un paio di pantaloncini; ci sono anche per te se li vuoi, sul sedile dietro», le spiego.

«Sei vestito?»

«Sì!» esclamo esasperato.

«Cambiati, dai», la incalzo.

«Okay, ma girati», mi comanda.

Sbuffo e mi volto, appoggiandomi con la schiena all'auto.

Dopo poco sento lamenti e versi strani.

«Tutto bene?» le domando incerto.

«Non riesco a slacciare il corsetto, aiutami».

«Non me lo faccio ripetere due volte», la raggiungo.

«Coglione», m'insulta pure. Bah, le donne. Io le amo eh, le rispetto, ma con lei...

Mi avvicino alla sua schiena e inizio ad armeggiare coi fili.

«Fatto», sussurro piano, lasciando scivolare le mie dita sui suoi fianchi.

«Grazie, ora voltati», risponde fredda, ma con una punta di imbarazzo.

Non mi sembrava tanto in imbarazzo prima, mentre ballavamo attacci.

«Speravo in un ringraziamento più approfondito», alla mia battuta sento solo arrivare uno sbuffo.

Sì piccola, fai pure la dura con me, tanto lo so cosa volevi su quella pista, e me lo prenderò adesso, fosse l'ultima cosa che faccio.

Vorrei fare una battuta anche su questo, ma poi la vedo passarmi davanti con i miei vestiti indosso, dirigersi all'auto e lasciarci dentro il suo vestito pomposo.

«Scendiamo in spiaggia?» sorride, e per un attimo mi è sembrato di avere il battito accelerato, ma saranno le troppe sigarette e l'alcol, sicuro.

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