EDOARDO
Prendo un respiro profondo, spengo la sigaretta magica nella sabbia e mi volto appoggiandomi su un fianco, per guardarla negli occhi; anche lei fa lo stesso, tenendo fermo il capo con il palmo della mano.
Per un attimo mi sembra di vedere la scena dall'esterno: lei ed io stesi così, sulla sabbia, in una notte d'estate senza luna, l'unica cosa che ci fa luce sono i lampioni lontani e il manto di stelle che ricopre il cielo blu.
«Il padre di mio padre non era in buone condizioni, quindi decidemmo di passare giugno a casa sua, prima di partire per uno dei nostri soliti viaggi. Pensa che era qui», inizio a spiegarle.
«Cosa era qui?»
«La casa di mio nonno, qui a Gaeta».
«E cosa è successo?» sollecita lei.
«Mia nonna, la sola e unica donna che lui abbia mai amato per cinquant'anni incondizionatamente, era passata a miglior vita, quindi lui ne risentiva e avevamo capito cosa stava per succedere. Io ero solo un ragazzino, volevo portare a casa con me qualcosa che mi ricordasse di loro. Così sono andato nel seminterrato per cercare...non lo so, una loro foto, una lettera, qualsiasi cosa; ma non trovai quelli».
Miriana mi osserva con uno sguardo confuso, allora cerco di riprendere fiato. Sento l'aria farsi pesante a ricordare quei giorni.
«Vidi tre scatole impilate insieme, tutte con un'etichetta: la prima aveva foto di famiglia, la seconda aveva il mio nome e la terza l'album del matrimonio dei miei nonni. Volevo prendere la terza e cercare, ma ovviamente ero troppo curioso di quella con su il mio nome. Così l'aprii».
«E cosa c'era dentro?» chiede sempre più impaziente.
«Per fartela breve, documenti di adozione. Chiesi spiegazioni e non mi furono date per giorni, mia madre era in lacrime e mio padre furioso».
«Sei stato adottato?» domanda lei con stupore.
«Già, e sempre per fartela breve, alla fine tornammo a casa a Napoli e mi raccontarono tutto. I miei veri genitori facevano parte di uno dei clan più forti e imponenti della città e quando il mio vero padre finì in prigione, mia madre partorì, così mi abbandonò nella culla d'ospedale. Un dottore mi trovò e diede l'allarme, e indovina chi era quel dottore?»
«Tuo papà adottivo?»
«No, ti ho detto che mio padre è un artista. Vedi, non stai attenta».
«Giusto, hai ragione» sorride e per un momento sento di nuovo l'aria nei polmoni.
Che mi sta succedendo?
«Allora? Chi era?» mi riporta alla realtà, per quanto questa serata possa definirsi reale.
«Il fratello di quello che poi divenne mio padre legalmente. Quindi mio zio».
«Wow».
«Già, provavano ad avere un figlio da anni e appena sentirono della situazione gli è sembrato un segno del destino e quando poterono mi adottarono, avevo solo un mese di vita quando ho preso il cognome Mariani ufficialmente».
«Era destino allora», afferma lei. Non può saperlo, ma è quello che dice sempre mia madre adottiva.
«Tu credi al destino?»
«Sì, perché tu no?»
«Credo solo che l'universo ci mette davanti delle scelte, ma poi sta a noi prendere quella giusta», specifico. Forse poco romantico, ma realistico a mio parere.
«E tu quale decisione hai preso?»
«Quella sbagliata di sicuro: andai a cercare i miei veri genitori», ammetto per la prima volta ora a distanza di anni.
«Cosa hai fatto?»
«Mi inserii nei gruppi di spaccio, poi dopo un anno riuscii a risalire a loro, e quando andai a trovarli, mi cacciarono. Mio padre biologico mi disse che non ero nessuno, che non facevo parte di quella vita, della loro vita».
«Ti hanno cacciato?» domanda con tono quasi incredulo. Invece è accaduto davvero, perché è tutta la vita che le persone mi cacciano, non vado mai bene per nessuno.
«Proprio così. Allora decisi di dimostrare loro che si sbagliavano, e fino ai diciotto anni ho fatto parte di quei giri. Finché i miei genitori adottivi non ne poterono più e chiesero al fratello di mia madre di prendermi a lavorare con lui, obbligandomi ad entrare nei Servizi Segreti. Così è cominciata la mia carriera precoce».
«Chi era tuo zio?»
«Era il capo, anche di tuo padre, prima di andare in pensione e lasciare il posto ad Elisabetta».
«Oddio, l'ho conosciuto, mio padre gli chiese di raccomandarmi per l'accademia!»
«Ed eccoci qui, destino?» accenno un sorriso e lei anche.
«Allora vedi, ho ragione io, esiste il destino».
«E perché tanta sicurezza?» la sfido.
«Perché dovevamo incontrarci, io e te, prima o poi», sussurra guardandomi negli occhi.
È il mio momento, questa storia l'avrà ammorbidita.
«Ed eccoci qui» ripeto con un filo di voce, mentre i miei occhi si perdono nei suoi.
Mi avvicino lentamente, e lei non si ritrae quando le nostre labbra si sfiorano.
La bacio.
Ricambia.
Sento mille sensazioni diverse accavallarsi dentro di me, la più strana nello stomaco, che diavolo è?
Ci stacchiamo ed entrambi siamo rimasti con il respiro affannato che va all'unisono.
Adesso è lei che prende il mio volto tra le sue mani, provocandomi un brivido in tutto il corpo.
Ci baciamo con ancora più foga e mi stacco solo per passare al suo collo.
Mi sembra l'inizio di qualcosa di pericoloso.
Ho già fatto l'amore con lei, sì eravamo giovani, ma non provai nulla, mi divertii e basta.
Perché stavolta mi sembra così diverso?
È solo una come le altre.
Mi accarezza da sotto la felpa, così salgo su di lei aprendo le gambe sul suo bacino e con un gesto sfilo la sua.
Mentre coi baci scendo dal collo al seno, sento il suo cuore battere all'impazzata, e mi rendo conto che è lo stesso per me, ma è l'adrenalina dell'erba, per forza. Edo fai quello che sai fare e portati il premio a casa.
Mi bacia e sorride teneramente, ricambio continuando ad accarezzare il suo corpo, mentre la sento tremare a ogni mio tocco.
I nostri corpi si incastrano perfettamente.
Bingo.
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Incastro Perfetto
Mystery / ThrillerEdoardo Mariani, ex agente dei Servizi Segreti Italiani e attuale latitante, dovrà rivedere i suoi piani per la vita dopo un fortuito incontro con una sua ex collega, ancora in carica, Miriana Mancini. Una discoteca esplosa in circostanze misteriose...