31. La sera dell'esplosione

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MIRIANA

«Vuoi?» domanda Edoardo, porgendomi il pacchetto di Winston Blue.

Ne prendo una e l'accendo, così anche lui.

«Se mi fai tornare il vizio è la volta buona che ti sparo», lo minaccio scherzosamente.

«Non hai detto che fumavi solo quando eri nervosa?»

«Sì, infatti era così, prima di incontrarti».

«E prima fumavi?»

«Da ragazza, ho smesso quando mi hanno preso nei S.S.I.».

«Ah vedi, un'altra cosa che non sapevo di te».

«Tu pensi sempre di sapere tutto, e invece...»

«Invece cosa?»

«È bello anche quando le persone le conosci man mano, invece di supporre di sapere tutto e subito».

«In tal caso, mi dovrai far ricredere del mio ego smisurato», dice per poi allungarsi verso di me e baciarmi.

Siamo qui da circa un'ora, e non abbiamo fiatato; ancora stesi, mezzi nudi.

«Allora dimmi, cosa credi di sapere su di me, Teddy?» gli chiedo a bruciapelo.

«So che il tuo colore preferito è l'azzurro, Girasole», inizia.

«Non te l'ho mai detto» ribatto.

«Si vede», si limita per giustificare la sua risposta.

«Mh, e che altro?» lo punzecchio.

«Ti piacciono i gatti», afferma senza esitazione.

«Questa come la sai?» lo osservo interdetta.

«Ricordo che sulla tua scrivania in ufficio tenevi una foto di te da ragazzina con due gattini, uno arancione e uno...marrone, se la memoria non m'inganna».

«Come fai a ricordarti-»

«Sono molto attento ai dettagli, ho una memoria fotografica», mi fa l'occhiolino.

«Sì, beh, sono i miei gatti; ora vivono con mia madre, io lavoro troppo per tenerli. Li presi con me dalla strada quando avevo quindici anni, quella arancione è Birra, perché mi ricordava il colore della birra che vedevo bere sempre a mio padre, mentre quello marroncino è Leo», gli spiego orgogliosa, i miei gatti sono come figli.

«Che nomi stupidi», si azzarda a commentare.

«Avevo quindici anni! E poi no dai, sono adorabili, a mio parere», dico in tono offeso.

«Se lo dici tu», risponde, mentre ad entrambi sfugge una risata leggera.

«Facciamo un bagno? Ho la sabbia ovunque», esordisce lui d'un tratto, gettando via il mozzicone.

«Anche io ho la sabbia in posti dove non dovrebbe esserci, ma non ho il costume; o hai pensato anche a quello?» lo schernisco.

«No, ma...» si alza, si toglie il pantaloncino (l'unica cosa che lo copriva), lasciandomi spettatrice di uno spettacolo privato, a cui di certo non mi sottraggo.

«Non ci serve il costume ormai», continua la frase lasciata in sospeso, ma dalla mia bocca non emergono parole.

«Girasole, ti sei incantata?»

«Eh?» mi risveglio dal mio stato di trance.

«Dai, andiamo», mi allunga la mano.

L'afferro e mi tiro su anche io, e quando sono alla sua altezza, mi sfila la felpa.

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